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1. IL FONDAMENTO DELLA PUNIBILITA DEL TENTATIVO
Il testo analizza il concetto di tentativo di reato definito dall’articolo 56 del
codice penale italiano, che punisce chi compie atti idonei e diretti a
commettere un delitto senza che quest’ultimo si consumi.
La trattazione mette le fasi della realizzazione di un reato doloso, evidenziando
l’importanza di valutare il disvalore soggettivo e oggettivo delle condotte.
La commissione di un reato doloroso richiede una serie di preparativi come la
pianificazione, la raccolta di strumenti e la scelta del momento opportuno.
Prima dell’azione concreta, si trova l’ideazione che non è punibile.
Successivamente, prima della consumazione si colloca il delitto tentato .
La punibilità del tentativo non è automatica e dipende dall’approccio
interpretativo adottato.
Due principali orientamenti teorici influenzano questa valutazione: le teorie
oggettive e quelle soggettive:
TEORIE OGGETTIVE : queste teorie fondano l’incriminazione del tentativo
sul pericolo per il bene giuridico.
In questo contesto si richiede una maggiore condotta di offensiva, escludendo
la punibilità del tentativo inidoneo e prevedendo un trattamento sanzionatorio
più favorevole rispetto al reato consumato.
TEORIE SOGGETTIVE = le teorie soggettive focalizzano sulla volontà
colpevole dell’agente .
Qui la punibilità si estende a tutte le forme compreso quello irreale o
superstizioso.
Si sostiene che la volontà criminosa non varia in base al grado di realizzazione
del reato.
Le teorie atletiche cercano un equilibrio tra elementi soggettivi e oggettivi.
La punibilità del tentativo inidoneo e quindi prevista, ma non per quello
irreale.
Inoltre, la pena per il tentativo può essere ridotta, ma non necessariamente.
Il legislatore con gli articoli 56 e 49 si allinea con le teorie oggettive.
L’articolo 56 si applica esclusivamente ai diritti escludendo le contravvenzioni
e richiede atti che siano idonei e inequivocabili.
Inoltre, l’articolo 49 preclude la punibilità per tentativi inidonei, ma consente
misure di sicurezza per autori pericolosi.
La complessità della punibilità del tentativo di reato richiede una riflessione
approfondita sui criteri di imputazione sulla valutazione del disvalore delle
condotte.
La scelta tra teorie oggettive soggettive de eclettiche ha un impatto
significativo sull’interpretazione sull’applicazione delle norme penali. Pagina 4
2. INDIVIDUAZIONE DELL’INIZIO DELL’ATTIVITÀ PUNIBILE
Il problema centrale nella legislazione riguardante il tentativo di reato e la
delimitazione degli atti punibili, particolarmente la distinzione tra atti
preparatori e atti esecutivi.
Dopo lo stadio dell’ideazione ci sono molteplici fasi in cui i propositi criminosi
possono manifestarsi attraverso atti esterni, come la raccolta di informazioni o
la preparazione degli strumenti.
Tuttavia, questi atti non sono punibili in base ai principi di materialità e
offensiviTà , il che può portare a limitazioni indebite della libertà individuale
se si anticipa eccessivamente la soglia dell’attività punibile.
Il codice Zanardelli nel 1989 tentava di fare una distinzione tra atti
preparatori, non punibili e atti esecutivi punibili.
Tuttavia, questa delimitazione necessitava di criteri più chiari:
1. Criterio della univocità= attributo a Carrara e poi integrato nel
codice Rocco stabilisce che gli atti preparatori sono quelli con significato
equivoco, mentre gli atti esecutivi sono diretti in modo inequivocabile a
commettere un delitto.
2. Teoria formale, oggettiva= identifica gli atti esecutivi come quelli
che iniziano l’azione descritta dalla norma incriminatrice.
Il nostro attuale codice penale ha abbandonato l’approccio basato sull’inizio
dell’esecuzione, stabilendo che la soglia dell’attività punibile si colloca nel
compimento di atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere un
reato.
Questo cambiamento introduce due requisiti fondamentali:
1. Idoneità degli atti= solo atti con attitudine offensiva possono essere
considerati punibili
2. Direzione non equivoca= gli atti devono essere chiaramente orientati
verso la commissione del reato.
Le motivazioni alla base di questa modifica legislativa si possono comprendere
nei lavori preparatori in cui si riconoscono le incertezze legate alla distinzione
tra atti preparatori e atti esecutivi.
Sebbene si mantenga un principio oggettivo che enfatizza l’insufficienza della
sola intenzione soggettiva, il legislatore cerca di anticipare la rilevanza degli
atti punibili a un momento antecedente all’esecuzione.
L’idoneità è la direzione non equivoca degli atti rappresentano una scelta
legislativa chiara per non limitare la punibilità solo a comportamenti
parzialmente tipici.
Secondo i compilatori atti diretti in modo non equivoco possono anche essere
quelli non completamente conformi alla descrizione normativa del reato, ma
già con un potenziale offensivo.
Questa impostazione mira a garantire una più adeguata protezione della
società senza sacrificare libertà individuali. Pagina 5
3. I REQUISITI STRUTTURALI DELL’ARTICOLO 56 DEL CODICE
PENALE
L’idoneità degli atti nel contesto del tentativo di reato è un concetto cruciale
che qualifica il tentativo come pericolosità oggettiva, evidenziando l’attitudine
offensiva nei confronti del bene giuridico protetto .
Questa nozione è al centro delle teorie oggettive sulla punibilità del tentativo
che escludono comportamenti privi di significativa potenzialità di danno.
A differenza del codice Zanardelli che si riferiva ai mezzi utilizzati, l’articolo 56
del codice penale si concentra sugli atti intendendo questi come insieme degli
azioni svolte dall’agente .
Mentre un mezzo è lo strumento utilizzato per commettere un delitto, l’atto
l’impiego di tale mezzo.
Di conseguenza, un mezzo in teoria inidoneo potrebbe rivelarsi idoneo in
contesti specifici.
Tradizionalmente la giurisprudenza ha definito l’idoneità in termini di
efficacia casuale, identificando come idonea la condotta capace di causare
l’evento lesivo.
Tuttavia, questa impostazione presenta una fallacia logica, poiché nel tentativo
per definizione l’azione non si compie e l’evento non si verifica.
Questo approccio presuppone la presenza di un evento naturalistico in tutte le
fattispecie delittuose, richiedendo un accertamento ex post dell’idoneità, i
possibili appunto per la mancanza dell’evento.
Per evitare queste problematiche, il giudizio di idoneità deve basarsi su una
valutazione prognostica ex ante, che considera concretamente le circostanze al
momento della commissione dell’atto.
Questo giudizio noto come prognosi postuma valuta se l’azione fosse idonea a
cagionare l’evento in base alle informazioni conosciute da un osservatore
ragionevole e da ciò che realmente conosceva ‘agente .
Ad esempio, se Tizio spara Caio ignaro del giubbotto antiproiettile indossato
da quest’ultimo, l’azione appare idonea ex ante.
Tuttavia, Tizio è a conoscenza della condizione diabetica di Caio e somministra
un bicchiere d’acqua zuccherata, l’atto potrebbe essere considerato idoneo a
causare un evento delittuoso.
Le opinioni divergono anche riguardo al grado di idoneità necessario per
configurare un tentativo punibile.
Alcuni orientamenti considerano sufficiente che gli atti compiuti rendano
possibile il verificarsi dell’evento, mentre altri richiedono una ragionevole
possibilità che l’azione si concluda con la consumazione.
Alcuni orientamenti più restrittivi esigono che l’azione sia chiaramente
adeguata a produrre l’evento, o che la condotta appaia verosimilmente lesiva.
La variabilità del concetto di idoneità sia lessicale che concettuale rende
difficile definire una linea guida Chiara.
Tuttavia, rifacendosi alle teorie oggettive che hanno influenzato l’articolo 56
del codice penale, è opportuno considerare idonei solo quegli atti che Pagina 6
possiedono una probabile attitudine offensiva nei confronti del bene giuridico
messo in pericolo.
In questo senso, anche gli atti parzialmente tipici possono essere considerati
idonei, purché dimostrino un significativo potenziale di danno.
4. LA DIREZIONE NON UNIVOCA
Il requisito di idoneità degli atti, pur essendo fondamentale nel contesto della
punibilità del tentativo non coincide necessariamente con la tipicità della
condotta.
Ciò implica che atti che possono essere considerati idonei non sempre rivelano
una pericolosità chiara e specifica.
Infatti, una cessa azione come l’introdursi in un’abitazione può avere scopi
diversi: dall’intervento per un’emergenza a intenti delittuosi come furto o
omicidio.
Pertanto, l’articolo 56 del codice penale richiede un ulteriore Criterio : li
l’univocità degli atti che seleziona gli atti idonei in funzione del loro obiettivo
delittuoso.
Due principali interpretazioni della univocità possono essere distinte :
1. TEORIA SOGGETTIVA : qui l’univocità è vista come criterio probatorio
che indica la necessità di dimostrare l’intenzione criminosa dell’agente .
n questa visione si potrebbe dedurre l’intenzione dall’insieme degli
elementi di fatto.
Tuttavia questa interpretazione è stata criticata poiché riduce l’univocità
a una mera questione processuale contravvenendo alla natura intrinseca
della norma.
2. TEORA OGGETTIVA : questa impostazione considera l’univocità come
un requisito strutturale fondamentale per la punibilità.
Non basta dimostrare il dolo, ma è necessario che gli atti compiuti rivelino la
volontà criminosa dell’agente .
La dottrina prevalente sostiene che non è sufficiente che gli atti siano univoci
in astratto, ma devono mostrare chiaramente l’intenzione del soggetto in
relazione al contesto.
Le critiche della teoria soggettiva si fondano su motivazioni storiche e
sistematiche.
I compilatori del codice del 1930, intendevano superare la distinzione tra atti
preparatori ed esecutivi per ribadire l’importanza degli atti delle loro
caratteristiche oggettive.
Accettare una visione soggettiva significherebbe legittimare interpretazioni che
svuoterebbero il concetto di univocità nella sua sostanza giuridica.
La teoria oggettiva invece richiede che gli atti siano valutati non solo per
l’intenzione, ma anche per le loro connotazioni