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REATO CIRCOSTANZIATO
1. Definizione di circostanze di reato
Le circostanze del reato sono elementi che si aggiungono a un reato già completo
nella sua struttura, senza alterarne la configurazione essenziale. Esse incidono
esclusivamente sulla pena, modificandola in modo quantitativo (aumentandola o
diminuendola) o qualitativo (ad esempio, sostituendo una pena con una di diversa
specie).
Caratteristiche generali delle circostanze
• Sono chiamate anche accidentalia delicti, per sottolineare che non sono
indispensabili alla configurazione del reato: il reato sussiste anche in loro assenza.
• Se presenti nel caso concreto, diventano elementi del fatto di reato e
partecipano alla sua definizione per la determinazione della pena.
Funzione e ratio legislativa
Il codice Rocco ha attribuito grande importanza alle circostanze per perseguire due
obiettivi fondamentali:
1. Adeguare la pena al caso concreto: Le circostanze consentono di modulare la
gravità della sanzione tenendo conto di elementi particolari che incidono sulla gravità
del reato commesso.
2. Limitare la discrezionalità giudiziale: Prevedendo un sistema legislativo
dettagliato, il codice mirava a circoscrivere il potere discrezionale del giudice
nell’applicazione della pena, garantendo una maggiore uniformità e prevedibilità.
In origine, il regime delle circostanze era particolarmente rigoroso, grazie al
meccanismo della loro efficacia ultraedittale, che consentiva di applicare pene oltre i
limiti previsti per il reato base. Tale sistema si applicava sia per aggravare che per
diminuire la pena, con una imputazione oggettiva delle circostanze sia a favore che a
carico del reo. Questo approccio è stato modificato con interventi successivi,
soprattutto nel 1990, che hanno attenuato l’automatismo della responsabilità.
Circostanze ed elementi costitutivi
Un dibattito importante riguarda la distinzione tra circostanze ed elementi
costitutivi del reato:
• Gli elementi costitutivi sono essenziali per l’esistenza del reato; senza di essi, la
fattispecie criminosa non sussiste.
• Le circostanze, invece, sono accessorie e non incidono sulla struttura del reato.
Tuttavia, nel caso concreto, possono diventare rilevanti come parte integrante del fatto
di reato.
Relatività della distinzione
In dottrina, si discute se le circostanze integrino una fattispecie autonoma o diano
vita a una nuova fattispecie complessa combinandosi con gli elementi costitutivi. Una
posizione consolidata ritiene che questa distinzione sia teorica e non abbia un impatto
decisivo nella pratica, perché rispetto a una fattispecie circostanzi
2 . Criteri di identificazione delle circostanze. - Nella maggior parte dei casi, la natura
circostanziale degli elementi di fattispecie risulta in maniera univoca dalla stessa
formulazione legislativa.
Per risolvere i casi dubbi non si può prescindere dalla specifica funzione che le
circostanze stesse assolvono.
In assenza di indici sicuri forniti dallo stesso legislatore, la dottrina si è sforzata di
elaborare diversi criteri di differenziazione di natura ora sostanziale, ora formale. Oggi
tende a prevalere un criterio discretivo che fa leva sull'esistenza di un rapporto di
specialità tra la fattispecie circostanziata e quella semplice. Emblematico, in tal senso,
è il problema della natura giuridica delle lesioni gravi e gravissime di cui all'art. 583
c.p., che non si pongono tutte in rapporto di specie a genere rispetto all'evento-base
"malattia" di cui all'art. 582 c.p. e ingenerano, pertanto, in qualche Autore la
convinzione che si tratti di una costellazione di fattispecie autonome.
Ove la specialità non risulti decisiva, soccorrono gli indici tradizionalmente costituiti
dal nomen iuris, dai precedenti storici, dalla rubrica legislativa, etc.
1. Classificazione
Le circostanze del reato si suddividono in diverse categorie, sulla base di criteri
funzionali e strutturali. Di seguito una sintesi delle principali classificazioni:
1. Aggravanti e attenuanti • Aggravanti: Aumentano la pena prevista per il reato
base, in termini quantitativi (es. aumento del quantum della pena) o qualitativi (es.
passaggio da multa a reclusione).
• Attenuanti: Diminuiscono la pena prevista, sempre in termini quantitativi o
qualitativi.
2. Comuni e speciali
• Comuni: Previste nella parte generale del codice (artt. 61 e 62 c.p.), sono
applicabili a tutti i reati.
Esempio: Aver agito per motivi abbietti o futili (art. 61 c.p.).
• Speciali: Previste solo per specifiche fattispecie di reato.
Esempio: La premeditazione è circostanza aggravante solo dell’omicidio doloso (art.
575 c.p.).
3. Ad efficacia comune o speciale
• Ad efficacia comune: Comportano una variazione della pena non superiore a
un terzo.
Esempio: Circostanze comuni ex art. 61 c.p.
• Ad efficacia speciale: Determinano una variazione della pena superiore a un
terzo, o l’applicazione di una pena di specie diversa.
• Variazione frazionaria fissa: Un aumento/diminuzione proporzionale (es.
aumento di metà della pena).
• Circostanze autonome: Implicano una pena di specie diversa (es. reclusione
all’ergastolo).
• Circostanze indipendenti: Prevista una pena autonoma, non derivante dal
reato base (es. aggravanti del furto ex art. 625 c.p.).
4. Oggettive e soggettive
Definite dall’art. 70 c.p.:
• Oggettive: Riguardano elementi esterni al soggetto, legati all’azione o al
contesto del reato, come:
• Natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo dell’azione.
• Gravità del danno o pericolo.
• Qualità personali dell’offeso.
Esempio: Avere agito con violenza sulle cose (art. 625 c.p.)
• Soggettive: Riguardano il soggetto agente, come:
• Intensità del dolo o grado della colpa.
• Qualità personali del colpevole (es. imputabilità, recidiva).
• Rapporti tra colpevole e offeso.
Esempio: L’attenuante della provocazione (art. 62 n. 2 c.p.).
Rilevanza pratica delle oggettive e soggettive
Questa distinzione è cruciale nel concorso di persone nel reato, poiché influisce sulla
comunicabilità delle circostanze ai concorrenti.
5. Tipiche e generiche
• Tipiche: Caratterizzate da una descrizione puntuale e tassativa del legislatore.
Esempio: L’uso di sostanze venefiche come aggravante dell’omicidio (art. 577 c.p.).
• Generiche: Lasciate all’interpretazione del giudice, basate su elementi meno
definiti.
• Aggravanti indefinite: Ritenute in contrasto con il principio di determinatezza
della legge penale (ex art. 25, Cost.).
Esempio: Gravità del danno patrimoniale (rilevante gravità).
• Attenuanti generiche: Compatibili con la Costituzione, producono effetti
favorevoli al reo.
Esempio: Le attenuanti ex art. 62-bis c.p. (meriti particolari o condotta positiva
successiva al reato).
1. Criteri di imputazione
Il criterio di imputazione delle circostanze ha subito una profonda modifica
normativa con la legge 7 febbraio 1990, n. 19, che ha superato l’impostazione
originaria del codice Rocco. Di seguito, una sintesi dei principali aspetti:
1. Regime originario del codice Rocco
• Imputazione oggettiva: Le circostanze aggravanti o attenuanti venivano
imputate al reo in base alla loro effettiva esistenza, indipendentemente dalla sua
conoscenza o ignoranza.
• Esempio: Una circostanza aggravante si applicava anche se il reo ignorava la sua
esistenza o era in errore.
• Questo sistema si configurava come una forma di versari in re illicita, ossia una
responsabilità oggettiva per la semplice realizzazione del reato in presenza delle
circostanze.
2. La riforma del 1990
La riforma ha introdotto un nuovo criterio per l’imputazione delle circostanze
aggravanti:
• Secondo comma dell’art. 59 c.p.:
• Le circostanze aggravanti sono imputate al reo solo se da lui conosciute, o se
ignorate per colpa, oppure ritenute inesistenti per errore colposo.
• Si richiede quindi un coefficiente soggettivo minimo, basato sulla
colpevolezza del soggetto, superando il criterio dell’imputazione oggettiva.
• Circostanze attenuanti: Rimane invariata la regola dell’imputazione oggettiva,
ispirata al principio del favor rei.
3. Questioni interpretative
La riforma ha sollevato alcune problematiche di interpretazione:
• Differenza tra reati dolosi e colposi:
• Una parte della dottrina proponeva un criterio differenziato:
• Per reati dolosi, era necessaria la conoscenza effettiva dell’aggravante.
• Per reati colposi, bastava la conoscibilità dell’aggravante.
• Tuttavia, la giurisprudenza prevalente ritiene che il criterio sia uniforme: la
mera conoscibilità è sufficiente per l’imputazione dell’aggravante, sia nei reati dolosi
che in quelli colposi.
• Coerenza con il principio di colpevolezza:
• La riforma è coerente con l’art. 27, comma 3, Cost., poiché vincola l’imputazione
delle aggravanti al principio di colpevolezza.
• Riduce il rischio di attribuire responsabilità sproporzionate rispetto alla
consapevolezza del soggetto.
4. L’art. 60 c.p.: errore sulla persona dell’offeso
Un’eccezione al principio generale è rappresentata dall’art. 60 c.p., che regola l’errore
sull’identità della persona offesa:
• Se l’agente sbaglia nell’identificare la vittima, le circostanze aggravanti legate
alle condizioni o qualità della persona offesa (o ai rapporti con il colpevole) non
si applicano.
• Esempio: Se Tizio, credendo di uccidere uno sconosciuto, uccide per errore suo
padre, non risponderà di parricidio (art. 577, n. 1 c.p.), ma di omicidio comune (art.
575 c.p.).
• Tuttavia, le circostanze attenuanti sono sempre valutate a favore del reo.
• Ultimo comma dell’art. 60 c.p.: Reintroduce i criteri generali di imputazione
delle circostanze aggravanti quando queste riguardano condizioni come l’età o altre
qualità fisiche o psichiche della vittima.
1. Applicazione delle circostanze e criteri di commisurazione della pena
. Per le circostanze ad efficacia comune, sorge il rischio che elementi di
identico contenuto siano oggetto di duplice valutazione in sede di applicazione
della singola circostanza e degli elementi di commisurazione della pena ex art.
133 c.p. (es.: rapporto tra art. 61, n. 8, c.p. e valutazione della condotta
susseguente al reato di cui all'art. 133 c.p.). Sennonché, la "doppia valutazione"
di elementi identici o analoghi, una volta ex art. 133 e una seconda volta a titolo
di circostanza in senso tecnico, cozza col principio de