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EFFETTIVITÀ DELLA NORMA NELLO SPAZIO
Il tema implica 3 ordini di problemi:
1. Determinazione dello spazio nel quale la legge esplica in generale la
propria efficacia;
2. Territorialità in senso formale;
3. Territorialità in senso materiale.
1.Determinazione dello spazio nel quale la legge esplica in generale la
propria efficacia: la legge tributaria esplica la propria efficacia in tutto
il territorio (inteso in senso politico) dello Stato. Può accadere che certe
parti del territorio siano escluse dalla nozione di territorio doganale o di
territorio ai fini dell’IVA, oppure può accadere che l’ambito di applicazione di
alcune norme sia limitato a porzioni di territorio (come avviene per i tributi
locali).
2.Terriotorialità in senso formale: si fa riferimento all’esigenza che l’attività
amministrativa di attuazione del tributo si confronti con i limiti del diritto
internazionale, che presiedono all’esercizio di poteri pubblici. L’attuazione di un
tributo può comportare attività di tipo istruttorio (accesso, verifica e ispezione)
nel territorio di un altro Stato, ma esiste un principio di NON COLLABORAZIONE
tra Stati, nel senso che altri Stati potrebbero legittimamente sottrarsi alla
realizzazione sul proprio territorio dei crediti tributari di Stati esteri. il tema
ha avuto un impulso con l’emanazione nel 1998 dell’OCSE (Organizzazione per
la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) del cosiddetto Codice di condotta
in esito al lavoro sulla lotta ai paradisi fiscali e ai regimi fiscali preferenziali
dannosi.
Nel 2001 fu introdotta una nuova concezione basata sul grado di cooperazione
dello Stato nei confronti delle Amministrazioni degli altri Stati e sul grado di
trasparenza dei regimi fiscali, al fine di ottenere l’impegno ad assicurare la
massima trasparenza e un effettivo scambio di informazioni.
Per l’OCSE lo scambio può considerarsi effettivo se si verificano 3 circostanze:
Disponibilità dell’informazione: ossia quando è possibile identificare i
proprietari di società o comunque i soggetti coinvolti in altri enti;
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Appropriato accesso all’informazione: si ha quando le autorità fiscali dello
Stato richiesto dispongono di mezzi adeguati per reperirle e fornirle allo
stato richiedente;
Esistenza di un meccanismo di scambio di informazioni: si verifica
quando lo scambio è effettuato su richiesta, laddove le informazioni siano
ragionevolmente rilevanti per lo Stato.
Ad oggi pare ormai impossibile affermare l’esistenza di un principio di non
collaborazione tra Stati ai fini dell’accertamento in quanto si è compreso che
l’elusione e l’evasione riducono il gettito degli Stati, ledendo le politiche di
crescita e di tutela dei diritti sociali.
Sul fronte internazionale esistono strumenti convenzionali per la risoluzione
delle problematiche relative all’accertamento ed attuazione del tributo:
Convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa ai fini
fiscali;
Verifiche simultanee;
Assistenza alla riscossione, che prevede che gli Stati contraenti possano
prestarsi reciproca assistenza nella riscossione di crediti tributari.
3.Territorialità in senso materiale: ci si riferisce alla determinazione
dell’ambito spaziale del presupposto di imposta in sede di creazione della
norma impositiva.
Trattandosi del principio di capacità contributiva, si è visto che con riferimento
al nostro ordinamento, il fondamento del principio di territorialità debba
rinvenirsi nell’uso del pronome “tutti” di cui all’art.53 Cost., e nel collegamento
con l’art.2 Cost., nel senso che sono tenuti a concorrere alla spesa pubblica
TUTTI e solo coloro in capo ai quali è rinvenibile un solidaristico per essere in
qualche modo parte della collettività chiamata a contribuire. Ne deriva che un
tributo che dovesse assumere a presupposto un fatto che sia privo di qualsiasi
collegamento con il nostro territorio risulterebbe, prima ancora che in
violazione del diritto internazionale, in violazione dell’art.53 Cost.
Criteri di collegamento personali e reali. Premesso che l’imposizione di un
determinato fatto economico si fondi su di un ragionevole criterio di
collegamento, bisogna comprendere in cosa consiste tale criterio. Ci sono due
tipologie di criteri di collegamento:
Collegamento di natura personale: residenti, avere la cittadinanza nel
territorio dello Stato;
collegamento di natura reale: vivere in un altro Stato, quindi non in Italia,
ma avere un’attività economica nel nostro Paese.
Imposte sui redditi: da un lato vi è il criterio di natura personale della residenza
fiscale, in cui la localizzazione del presupposto di imposta avviene guardando
alla collocazione riferita o al rapporto del soggetto con l’ordinamento (es.
cittadinanza) oppure a quello con il territorio dello Stato. Dall’altro lato vi è
quello di natura reale del luogo di produzione del reddito, in cui tale
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localizzazione avviene guardando il territorio in cui il legislatore assume essersi
verificato il presupposto d’imposta.
Sotto il profilo internazionale i criteri sono:
Principio del reddito mondiale
Principio della fonte.
La doppia imposizione internazionale. La diversità tra i concetti di
residenza o i criteri di collegamento reali utilizzati possono determinare
fenomeni di doppia imposizione internazionale la doppia imposizione
internazionale può infatti derivare da 3 tipologie di conflitto:
Conflitto residenza-fonte: quando una situazione di fatto sia assunta
quale presupposto dei tributi in uno Stato sulla base di un criterio
soggettivo e nell’altro Stato sulla base di un criterio oggettivo.
Conflitto residenza-residenza: se il soggetto è considerato residente in
più Stati.
Conflitto fonte-fonte: quando una medesima fonte di reddito viene
localizzata in più Stati.
Eliminazione della doppia imposizione. Esistono meccanismi per la relativa
eliminazione, che possono essere:
Unilaterali: si applicano ai conflitti residenza-fonte e possono essere di 2
tipi: esclusione (o esenzione) dall’imponibile interno dei fatti
extraterritoriali tassati all’estero; o il credito di imposta per le imposte
pagate all’estero.
Bilaterali o multilaterali: (se previsti da convenzioni) credito per le
imposte pagate all’estero.
Il nostro ordinamento utilizza quale sistema unilaterale contro la doppia
imposizione giuridica internazionale il cd. Credito di imposta per le imposte
pagate all’estero in quanto conforme ad un sistema che si propone di realizzare
la personalità e la progressività dell’imposizione sui redditi; è indifferente la
circostanza che il reddito sia stato prodotto in Italia o anche all’estero.
Gli ordinamenti interni non possono invece risolvere il conflitto residenza-
residenza perché se due Stati considerano allo stesso tempo un soggetto
fiscalmente residente nei rispettivi territori, nessuno dei due ha l’obbligo di
rinunciare in via unilaterale alla propria residenza fiscale. Gli strumenti utilizzati
per la risoluzione di queste problematiche di doppia imposizione sono le
convenzioni internazionali in materia di imposte sul reddito o sul patrimonio.
Tali Trattati hanno le seguenti norme:
- Articoli che definiscono l’ambito di applicazione soggettivo, oggettivo o
territoriale
- Norme di definizione
- Norme che ripartiscono il potere impositivo tra gli Stati
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Le Convenzioni possono alternativamente assegnare:
a) Assegnare il diritto di imposizione al solo Stato di residenza
b) Assegnare il diritto di imposizione al solo Stato della fonte
c) Prevedere un diritto di tassazione concorrente tra lo Stato della fonte e lo
Stato della residenza
d) Avere ad oggetto norme bilaterali contro la doppia imposizione
e) Norme sulla procedura amichevole, strumento di carattere internazionale
finalizzato a risolvere i conflitti che derivano dall’interpretazione o
dall’applicazione della convenzione; principio di non discriminazione;
norme volte ad attuare il principio alla potestà amministrativa
d’imposizione.
5.ABUSO ED ELUSIONE FISCALE
Il legislatore è intervenuto con una norma specifica al giorno d’oggi che
prevede le fattispecie dell’abuso del diritto anche in materia fiscale. Non ci
sono delle regole particolari ma si prendono sempre in considerazione quelle
che sono le regole tipiche del diritto comune, quindi si parte sempre
dall’articolo 12 delle preleggi. Quando non vi è nessuna norma che
disciplina un istituto della fattispecie allora si utilizzano i principi generali,
quindi le disposizioni preliminari del Codice Civile e si seguono le indicazioni
che danno queste disposizioni.
“Nell’applicare la legge non si può attribuire altro
L’articolo 12 stabilisce che:
senso che quello fatto palese del significato proprio delle parole secondo la
connessione di esse e secondo quella che è l’intenzione del legislatore” . Da
questo comma derivano le più tradizionali forme di interpretazione che vigono
per tutte le materie del diritto: quella letterale e grammaticale. Nel momento in
cui si deve interpretare una norma, anche fiscale, occorre interpretarla
attribuendo quello che è il significato letterale degli enunciati nel tempo e nel
luogo in cui il legislatore li ha adottati. Quindi si parte dall’articolo 12
prendendo l’interpretazione letterale.
Il secondo criterio è il criterio logico, il quale deve tener conto di quella che è
l’intenzione del legislatore e quindi dovrà tener conto di quello che è lo scopo
che il legislatore vuole perseguire introducendo quella determinata norma
fiscale. Abbiamo quindi un primo criterio letterale e grammaticale, il secondo
invece è logico-sistematico che tiene conto quindi di quella che è la ratio legis,
cioè l’intenzione del legislatore.
L’ultima ipotesi è quella adeguatrice nel senso che molto spesso l’interprete
cerca di offrire alla norma fiscale, di cui non è chiaro il significato, una lettura
che sia il più conforme possibile alle norme costituzionali, quindi questo fuga ad
ogni dubbio di una corretta interpretazione della norma. Anche la
giurisprudenza nell’interpretare una norma fiscale ha un ruolo fondamentale.
Un profilo dell’interpretazione si ha anche all’interno dello Statuto dei diritti del
contribuente, quando vi è un dubbio sulla norma, sulla forza della norma e su
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come deve essere applicata è evidente che si deve cercare di offrire
un’applicazione che s