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MODI DI DIFESA DEL POSSESSO
Conosciamo tre categorie di interdetti possessori: per l'acquisto del
possesso, per la manutenzione del possesso e per il recupero del
possesso.
Gli interdetti della prima categoria non si applicavano alla difesa del possesso,
ma servivano per ottenerlo.
Interdicta proibitori Nella seconda categoria rientravano gli interdetti con
i quali il possessore si opponeva a chi avesse creato molestie e turbative
nell'esercizio del possesso, anche se si fosse trattato del proprietario della cosa
posseduta. La ratio era mantenere la pace sociale, evitando che ognuno si
facesse giustizia da sé.
Interdicta adipiscendae possessionis servivano per ottenere il
possesso;
Interdicta retinendae possessionis interdictum uti possidetis e
inderdictum utrubi;
Interdicta recuperandae possessionis valevoli solo per i beni immobili.
Con gli interdetti, il possessore si opponeva a chi gli avesse creato
molestie o turbative nell’esercizio del possesso, anche se si fosse
trattato del proprietario della cosa posseduta.
Questi interdetti erano proibitori, in quanto vietavano una condotta, ed
avevano un nome ed una formula diversa, a seconda che il possesso avesse
avuto ad oggetto cose immobili o mobili.
Nel primo caso, si parlava di interdictum uti possidetis, diretto a difendere la
situazione dell'attuale possessore, il cui possesso non risultasse illegittimo; per
le cose mobili si prevedeva l'interdetto chiamato interdictum utrubi, le cui
finalità erano di dare tutela che avesse posseduto la cosa, nei confronti della
controparte, per più tempo durante l'ultimo anno.
Se però la sua situazione possessoria fosse stata illegittima, in quanto viziata
perché ottenuta con violenza o clandestinamente o a titolo precario, la
protezione sarebbe venuta meno.
Infine, la terza categoria racchiude gli interdetti finalizzati esclusivamente a far
recuperare il possesso sottratto da altri. Valevano solo per gli immobili ed
avevano carattere restitutorio perché volti a ripristinare la situazione di
possesso.
Erano anch'essi due e la loro differenza si incentrava sul fatto che la sua
sottrazione fosse avvenuta con violenza o con la forza delle armi.
Se l'attuale possessore ne era stato spogliato in modo violento, ma senza armi,
lo poteva recuperare contro chi gliel’aveva tolto mediante l'intento interdictum
unde vi, da richiedere entro un anno dallo spoglio subito.
Il possessore, anche se avesse ottenuto il possesso con utilizzo della forza e
con metodi illegali, non poteva essere privato di tale possesso: il proprietario
avrebbe potuto procedere unicamente con l’azione di spoglio.
Anche nella formula di questo interdetto era inserita la clausola con l'eccezione
di possesso viziato, con conseguente possibilità di richiederlo solo da parte del
possessore non legittimato.
Qualora la privazione del possesso fosse stata effettuata mediante l'intervento
di uomini armati, era contemplato l’interdictum de vi armata, con cui il
possessore otteneva sempre di recuperarlo, anche quando il suo acquisto fosse
stato violento, occulto o a titolo di precario.
Nel diritto giustinianeo anche questi due interdetti sono fusi e dal possessore,
che fosse stato spogliato del possesso in modo violento occulto, era sempre
concessa la reintegra. LE OBBLIGAZIONI
L’obbligazione è una relazione biunivoca tra due parti (debitore e
creditore). Può essere semplice (tra due soggetti) o complessa
(plurisoggettiva) Dà origine a un rapporto relativo.
Il rapporto obbligatorio implica effetti vincolanti per il debitore di dare, fare o
garantire qualcosa.
Questi effetti sono garantiti dall’ordinamento, che tutela il diritto di credito del
creditore, ma anche l’aspettativa del debitore a liberarsi eseguendo la
prestazione dovuta.
Le prestazioni del rapporto obbligatorio possono essere un fare, un dare o un
praestare e le caratteristiche della prestazione sono: possibilità, liceità,
determinatezza o determinabilità, valutazione economica. L’obbligazione si
estingue con l’adempimento di quanto dovuto.
Gaio identifica nelle fonti dell’obbligazione il contractum (atto lecito) e il
delictum (atto illecito).
Successivamente si aggiungono “altre fonti di obbligazioni”.
Giustiniano divide le fonti delle obbligazioni tra contratto, quasi contratto,
delitto e quasi delitto.
Il contratto, inteso come incontro della volontà delle parti, può essere: reale
(perfezionato con la consegna della cosa), verbale (obbligazione contratta con
l’utilizzo di parole solenni), letterale (obbligazione nata per mezzo di scritture)
o consensuale (obbligazioni contratte con il mero consenso).
Il sistema contrattuale romano è caratterizzato dal principio della
tipicità contrattuale, per lo più formale e non sempre causale.
La nozione di contratto romana si limita ai soli atti bilaterali o plurilaterali con
effetti obbligatori, dai quali nascevano solo rapporti obbligatori (di debito –
credito).
Non era contratto l’atto che produceva effetti reali come la mancipatio
o l’in iure cessio.
Gli elementi essenziali del contratto erano la forma, la causa, le parti e il loro
incontro di volontà.
Dal contratto, nel diritto romano, nascevano solo effetti obbligatori e
mai reali.
Le obligationes non contractae sono quelle che non rientravano negli schemi
tipici delle obbligazioni da contratto del ius civile. Esse nascono comunque da
atto lecito.
Obligationes ex pacto obbligazioni da patto
Obligationes ex conventione sine nomine obbligazioni
derivanti da convenzioni, negozi giuridici bilaterali privi di una
denominazione tipica e a forma libera.
Pactum deriva dall’antico verbo pacere, che significa accordarsi e
indicava una convenzione intervenuta tra due o più soggetti, portatori
di interessi divergenti, allo scopo di chiudere pacificamente il
disaccordo tra loro e regolare la materia contesa in modo
soddisfacente per entrambi. I romani parlavano di pactum per designare
ogni specie di accordo fra le parti, sia in ordine a rapporti giuridici relativi, che
in ordine a rapporti giuridici assoluti.
Efficacia del pactum secondo il ius civile, il pactum puro e semplice non
creava rapporti giuridici e non generava obbligazioni. Con lo ius honorarium
alcune leges apportano estese deroghe a questo principio del ius civile,
riconoscendo in date circostanze l’efficacia vincolante del pactum. Si parla
quindi di pactum praetorium (patto dei pretori).
Edictum de pactis con questo editto il pretore proclamava pacta conventa
servabo, ossia “rispetterò i patti concordati”. Il pretore, perciò, dava tutela ai
pacta, nudi accordi fra le parti.
La tutela pretoria dei pacta veniva meno se il patto era contrario alle regole di
correttezza e in frode alle leges publicae e agli altri provvedimenti di governo. I
mezzi processuali adottati dal pretore per tutelare i pacta erano:
Ecceptio pacti conventi, ossia eccezione di intervenuto patto, con
cui si realizzava una pretesa della controparte. Si trattava di
un’eccezione, ossia una circostanza che la parte condotta in giudizio
da un’altra poteva opporgli per realizzare una sua pretesa.
L’eccezione era concessa, appunto, contro chi promuovesse un’azione
processuale avanzando una pretesa senza rispettare il patto.
L’esempio tipico era il pactum de non petendo, con cui un soggetto si
impegnava a non avanzare una richiesta nei confronti di un’altra.
Solo nelle obbligazioni tutelate da azioni di buona fede (iudicia bonae
fidei), nell’obbligo posto a carico del giudicante di tenere conto di tutti
i patti accessori intercorsi tra le parti.
Per talune ipotesi, specifiche azioni concesse alla parte che
lamentasse l’inadempimento di un’obbligazione derivante da patto
(obligatio ex pacto).
Pacta praetoria:
Pactum iurisiurandi, giuramento libero o extragiudiziale: era il patto
tra due parti in lite di porre fine alla stessa e di evitare di trascinarla in
giudizio. Con esso, le parti rimettevano la decisione della lite ad un
giuramento prestato da una delle due parti. Le modalità del
giuramento e la determinazione delle potenze divine coinvolte nello
stesso, che era sacro, erano rimesse alle costumanze sociali.
Constitutum debiti, regolamento di debito era il patto con cui
due o più parti regolavano le modalità di adempimento di
un'obbligazione di denaro o di altra cosa fungibile, che già
intercorreva tra loro, o tra loro e un terzo. Constitutum debiti proprii,
con cui si dava una dilazione di pagamento alla parte che fosse già
debitore nel rapporto obbligatorio; constitutum debiti alieni, con
funzione di garanzia del credito, era inteso a creare un eventuale
sostituto del terzo, che fosse debitore di una delle parti del
constitutum e potesse risultare inadempiente.
Receptum argentarii, assunzione bancaria di debito: era il patto con
cui un banchiere assumeva a proprio esclusivo carico il debito di
denaro che un suo cliente avesse verso un terzo. Si effettuava
mediante un accordo a tre (banchiere, cliente e un terzo creditore),
oppure mediante un accordo tra banchiere e cliente, comunicato poi
ad un terzo. Ebbe piena diffusione in età classica, mentre con
Giustiniano scomparve.
Receptum nautae vel cauponis stabularii, assunzione di
responsabilità da parte del comandante di nave, dell’albergatore o
dello stalliere: era il patto con cui il comandante di una nave, un
albergatore o uno stalliere assumeva a proprio carico l’obbligo che
rimanesse intatto e indenne tutto ciò che il cliente avesse portato con
sé nel suo locale.
Receptum arbitrii, assunzione dell’arbitrato: era il patto con cui
un soggetto designato da due litiganti come arbiter ex compromisso
assumeva a proprio carico la funzione di decidere come arbitro una
lite insorta tra i due litiganti comportava una risoluzione
stragiudiziale della lite. Ebbe molta diffusione, perché consentiva ai
privati di evitare le lungaggini e la pubblicità dei processi
giurisdizionali.
Compromissum, compromesso: era un accordo tra le parti in lite di
rimettere ad un arbitro la decisione della controversia.
Pactum donationis, patto di donazione, con cui le parti realizzavano
la funzione tipica della donazione.
Obligationes ex conventione sine nomine erano obbligazioni che
non rientravano negli schemi tipici del ius civile (diritto proprio dei
romani e creato da date fonti normative). Si trattava di obbligazioni che
derivavano da certi negozi giuridici bilaterali, ai quali non fu concesso il regime