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5. GUILLAUME BUDÈ (BUDEO): LA RADICALE CRITICA ALLA TRADIZIONE
Una posizione differente rispetto ad Alciato e Zasio è quella di Guillaume Budé (Budeo)
(1468-1540), un umanista la cui professione di giurista è stata messa in discussione da molti
storici. Budé scriveva in greco e fu autore di un’opera sulle monete, il “De asse”. Claude
Chansonnet, detto anche Cantiuncula, riassunse l’atto formativo dell’umanesimo giuridico
parlando di un "triumvirato constituendae rei pandectarum", cioè di un triumvirato di
giuristi (Alciato, Budeo e Zasio) che avevano costituito, o meglio ricostruito, la scienza
giuridica su nuove basi umanistiche.
5.1. La critica di Budeo alla tradizione: le critiche ad Accursio
Budeo, diversamente da Alciato e Zasio, che avevano un atteggiamento critico ma moderato
verso la tradizione giuridica, adottò una posizione nettamente critica. In diverse occasioni,
insultò Accursio, definendolo ignorante, analfabeta e l'emblema degli errori dei giuristi
medievali. Budeo criticò anche la convinzione di Accursio secondo cui, già all’epoca delle XII
Tavole (V sec. a.C.), si conoscesse il dogma della Trinità. Guido Grandi, matematico
cremonese che si dilettava anche di studi giuridici, difese Accursio, sostenendo che l'idea
della Trinità fosse conosciuta già prima di lui, seppur non nell'epoca romana, poiché vi
sarebbero dei riferimenti alla stessa nel De Caelo di Aristotele.
5.2. Il consenso del popolo e del re
Un aspetto significativo della riflessione di Budeo riguarda il consensus gentium. Budeo
non lo limitava al consenso del popolo, ma lo estendeva anche al consenso del re. Sebbene
il re rappresentasse la totalità del popolo, non è la stessa cosa, perché parlare solo di
popolo era congeniale alla mentalità giuridica, in quanto i giuristi si autorappresentavano
come espressione della coscienza giuridica popolare. Tuttavia, includere anche il re nel
consenso rendeva il diritto più concreto, collegandolo alla realtà istituzionale, anziché al
popolo "astratto" che il giurista pensava di poter interpretare.
5.3. La proposta di codificazione
Il punto culminante dell'elaborazione giuridica di Budeo è la proposta di codificazione,
ovvero l’introduzione di un diritto legislativo. Sebbene i codici siano creati dai giuristi,
servono anche a limitare le interpretazioni giuridiche, che rischiano di divenire troppo
arbitrarie. La sua proposta di codificazione rappresenta una certa coerenza con la sua critica
aspra della tradizione giuridica, la valorizzazione del consenso istituzionale del vertice
politico e la proposta di un sistema giuridico codificato, tutto ciò lo pone al di fuori della
tradizione giuridica medievale.
6. FRANCOIS CONNAN
Un altro giurista interessante fu Francois Connan (1508-1551), che, come Budeo, non
veniva considerato un vero e proprio giurista, ma piuttosto un filosofo o letterato.
6.1. Il riordinamento del diritto sullo schema giustinianeo
Una delle opere più importanti di Connan è il “Commentaris iuris civilis”, in cui cercava di
riordinare il diritto utilizzando lo schema di Gaio e Giustiniano: personae, res, actiones.
Questo schema è presente nelle Institutiones di Gaio e Giustiniano, ed è molto apprezzato
da giuristi come Cujas, ma disprezzato da altri umanisti. Riccardo Orestano cercò di capire
perché molti umanisti preferissero questo schema, suggerendo che volessero affrancarsi
dagli schemi della compilazione giustinianea, ma non in maniera radicale, poiché risultava
comodo per l’esposizione e l’insegnamento. Inoltre, è possibile che questo schema, che
pone al centro la persona, volesse ribadire l'importanza del soggetto di diritto.
6.2. Natura e opinio: la doppia visione di Connan
Connan si interrogava sul fatto se il diritto fosse natura (inteso come "oggettivo") o opinio,
e giunse alla conclusione che il diritto fosse essenzialmente natura. La sua posizione si
distaccava dal relativismo, poiché non negava l’esistenza di verità assolute. La riflessione di
Connan può essere interpretata come una fusione di due visioni: quella aristotelica, che
vede l'ordine politico come naturale, e quella hobbesiana, che lo concepisce come
artificiale. Norberto Bobbio distingue tra i due modelli di filosofia politica:
● Modello aristotelico: Fondato sul carattere naturale dell'ordine politico, in cui l’uomo
è uno zoon politikon, e la società è considerata un processo plurimo e aperto.
● Modello hobbesiano: Fondato sul carattere convenzionale e artificiale dell’ordine
politico, dove l'organizzazione politica nasce da un contratto tra individui.
La visione di Connan appare ibrida: sebbene riconosca il carattere naturale dell’ordine
politico, apre anche alla possibilità che l'ordine politico possa essere frutto di un calcolo
umano, come sostenuto da Samuel von Pufendorf. Pufendorf teorizzava che le società
politiche siano nate dalla consapevolezza dell’uomo di poter sopperire ai propri limiti unendo
le forze per superare le proprie difficoltà. Questo approccio implica che la socievolezza non
sia un dato naturale, ma una risposta a necessità pratiche, confermando una visione
convenzionale della formazione della società.
La riflessione di Connan, quindi, non si limita a un semplice riconoscimento del diritto come
naturale, ma include anche una dimensione convenzionale, sottolineando la complessità e
la dinamicità del pensiero giuridico del Rinascimento.
6.3. L'opinione sulla consuetudine e sul diritto consuetudinario francese
Una delle riflessioni più significative di Connan riguarda la forza e la pervasività dei
dispositivi consuetudinari, ossia i costumi e le abitudini. Connan porta un esempio per
illustrare come i pregiudizi e le consuetudini possano diventare fatti concreti: si è
erroneamente convinti che la mano destra sia più forte della sinistra, ma proprio questa
convinzione porta a utilizzarla più frequentemente, rafforzandola effettivamente. Questo
esempio dimostra come le consuetudini, pur nascendo da credenze infondate, possano
influenzare e determinare la realtà. Montaigne parlerà, a tal proposito, del "volto furioso della
consuetudine".
Sul piano giuridico, Connan apprezza in particolare le peculiarità del diritto
consuetudinario francese. A partire da un'ordonnance (atto legislativo) del 1454 emanata
da Carlo VII, che prevedeva la redazione scritta del diritto consuetudinario (un processo
lento e complesso, come evidenziato da Doumoulin), Connan afferma che solo quando le
consuetudini venivano redatte e omologate per iscritto esse acquisivano una vera e propria
valenza giuridica. In altre parole, il diritto consuetudinario francese veniva elevato al livello
della legge scritta, diventando parte integrante dell'ordinamento giuridico.
La posizione sul diritto consuetudinario francese di Doumoulin
Charles Doumoulin (1500-1566) si interessa della consuetudine di Parigi ed è un
esponente della letteratura gallicana francese, che si opponeva al papato e alla Chiesa
romana. Nel 1539, scrisse un'opera intitolata "Orazione circa l'unità e la concordanza
delle consuetudini francesi", in cui si interrogava provocatoriamente sul motivo per cui,
dopo aver redatto le consuetudini, non fosse stato scritto un documento che contenesse i
principi generali e unificanti di tutto il diritto consuetudinario francese. L'idea di
Doumoulin era che esistessero principi comuni sopra le singole consuetudini, un concetto
che porta alla nascita di una sorta di diritto comune consuetudinario francese.
Anche se Doumoulin esalta il diritto consuetudinario francese, egli non disprezzava
affatto il diritto romano, che considerava utile in qualità di supplemento al diritto
consuetudinario francese. Questo evidenzia come, nonostante il suo apprezzamento per la
consuetudine, Doumoulin riconoscesse la necessità di un intervento del diritto romano per
colmare le lacune delle consuetudini. Il diritto romano, basato sul consensus gentium,
continuava a essere considerato un riferimento indispensabile.
7. FRANÇOIS HOTMAN: L’ANTITRIBONIANISMO RADICALE
Un altro autore che si distingue per la sua critica alla compilazione giustinianea e alla
tradizione giuridica medievale è François Hotman (1524-1590). L'antitribonianismo è un
concetto che si collega principalmente ai pensieri di Valla e Hotman. Sebbene questo
pensiero antitriboniano rimanga presente anche nella letteratura giuridica tedesca del ‘600 e
ritorni nel pensiero illuministico, i principali lavori di Hotman sono:
● "Antitribonianus" (1577), che critica la compilazione giustinianea;
● "Francogallia" (1573), che esplora tematiche di rilevanza costituzionale.
7.1. L'Antitribonianus
La critica di Hotman alla compilazione giustinianea è estremamente incisiva. Non solo
attacca il corpus iuris civilis per la sua incoerenza, ma solleva anche il problema delle
interpolazioni e delle antinomie presenti nel testo. Contrariamente ad altri giuristi come
Zasio, che ritenevano il corpus coerente, Hotman, sulla scia di Valla, sostiene che il testo sia
pieno di contraddizioni interne e, pertanto, inadeguato.
Un altro punto centrale della critica riguarda l'inadeguatezza del corpus giustinianeo alle
esigenze del tempo. Il corpus risale a mille anni prima e include frammenti di testi anche
molto più antichi (ad esempio, il Digesto contiene testi risalenti al II secolo). Di
conseguenza, Hotman riteneva che il diritto romano, compreso nel corpus, fosse ormai
obsoleto per rispondere alle esigenze giuridiche contemporanee.
7.1.1. Critica alla compilazione giustinianea: antinomie, interpolazioni ed
inadeguatezza
Hotman non esita a mettere in discussione la validità del diritto giustinianeo, sostenendo che
gran parte di esso non fosse più applicabile. La sua interrogazione sulla relevanza
contemporanea del corpus è provocatoria: "Quanto del corpus giustinianeo è ancora
applicabile? 1/5? 1/10?".
Nel contesto del diritto pubblico, questa critica è abbastanza ovvia, dato che molte delle
discipline incluse nel corpus giustinianeo non erano più rilevanti. Tuttavia, Hotman non esita
a criticare anche il diritto privato di Giustiniano, sostenendo che le norme giuridiche di
quell'epoca non fossero più adattabili ai tempi moderni.
Jean Domat (1625-1696), un altro giurista francese, ha una visione simile, ma più
moderata. Nel suo lavoro "Loix civiles" (1697), egli fa una distinzione tra leggi immutabili
(riferite al diritto privato, che si fonda su principi naturali e il diritto romano) e leggi arbitrarie
(che dipendono dal