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● LEGIS ACTIO SACRAMENTI IN PERSONAM
con quest’azione si agiva per la tutela di posizioni giuridiche soggettive
relative, cioè si perseguono i crediti.
Con quest’azione il creditore insoddisfatto agiva contro il debitore affermando in iure
che egli era tenuto a pagare una certa somma, e gli chiedeva di ammettere o negare.
Se il debitore ammette, si aveva la confessio in iure ed il rito veniva interrotto;
se negava, il rito proseguiva e le parti si sfidavano reciprocamente al sacramentum, e
l’atto procedeva come nella legis actio sacramenti in rem.
Se quindi il soccombente veniva riconosciuto debitore di una somma di denaro, il
creditore poteva esercitare la legis actio per manus iniectionem.
A differenza del caso precedente dunque non ci si può riappropriarsi dell’oggetto
causa della controversia in quanto questo non è più un bene materiale ma è un
comportamento.
Il problema si poneva nel caso in cui la sentenza accertava la legittimità
dell'affermazione attorea in base al comportamento che il debitore avrebbe dovuto
tenere nei confronti del creditore.
Bisognava tenere però in considerazione le ragioni che stavano al di sotto del
comportamento es non posso ridarti la somma di denaro perché non sono in grado di
restituirla, non ce l'ha a disposizione.
In questo tipo di processo sono state escogitate una serie di attività per soddisfare
materialmente la mancanza di quel comportamento restitutorio del debitore al
creditore.
L'attività intesa ad assicurare all'attore il legittimo soddisfacimento del suo interesse
era la legis actio per manus iniectionem.
La legis actio per manus iniectionem aveva carattere esecutivo, e si dice potesse
essere usata per realizzare posizioni giuridiche soggettive per le quali una legge vi
avesse fatto rinvio.
Francesca Massa
Poteva innanzitutto essere usata, secondo le XII Tavole, per l’esecuzione di un
giudicato. Si parla infatti di manus iniectio iudicati, aperta al creditore in favore del
quale fosse stata emessa una sentenza per cui l’avversario fosse stato riconosciuto
debitore di una somma di denaro.
Si procedeva con quest’azione se il debitore, dopo 30 giorni dalla sentenza, non
avesse ancora pagato.
Al iudicatus era parificato il confessus, cioè il convenuto chi avesse ammesso il
proprio debito in iure.
Con quest’azione si procedeva anche in difetto di iudicatum in situazioni
riconosciute
Il procedimento si svolgeva davanti al magistrato assieme a creditore e debitore.
Il creditore si rivolgeva all'avversario con certa verba, enunciando la causa del
credito che pretendeva spettargli, indicando l’importo ed afferrando il debitore.
Quest’ultimo poteva indicare un vindex che, se fosse intervenuto, avrebbe potuto
sottrarlo alla manus.
Il vindex poteva negare il debito e contestare il diritto all’attore di procedere alla
manus. Si istituiva quindi un’altra legis actio dichiarativa.
Se non si fosse presentato alcun vindex, il pretore pronunciava l’addictio del debitore
in favore dell’altra parte, che avrebbe potuto quindi trascinare l’addictus con sé e
tenerlo per 60 giorni. In questi giorni avrebbe dovuto condurre il debitore in 3 mercati
consecutivi e proclamare l’importo del debito perché qualcuno potesse riscattare il
debitore. Se non avveniva, il debitore poteva essere venduto come schiavo fuori Roma
o ucciso.
*N.B.
Procedura= coglie il divenire procedurale, ossia il susseguirsi degli atti processuali, descrive
l'attività processuale.
Solo qui è possibile capire il vero significato della parola sacramentos.
La procedura si instaura tra due soggetti, uno che mette in discussione, chi chiama in giudizio
(attore, colui che si avvale di uno strumento processuale con il quale può invocare un’azione
per difendere il proprio interesse giudiziario) e l'altro che viene messo in discussione (il
convenuto, chi viene messo in giudizio).
La chiamata in giudizio è il momento in cui attore e convenuto entrano in contatto.
È un pre actio perché si chiama in giudizio, il giudizio non è ancora in iniziato.
È un atto che precede l'instaurazione del processo. Il processo inizia nel momento in cui sono
presenti 3 persone: attore, convenuto e il magistrato.
Questo implica che non conosceva la contumacia, ossia la possibilità che una delle parti non
fosse presente durante il processo, di conseguenza non poteva prendere avvio senza uno
degli attori.
La chiamata in giudizio avviene con l'attore che si reca dal convenuto per comunicare quando
recarsi in tribunale per il processo. Processo prende avvio IN IURE quindi quando entra il
magistrato, attore e convenuto prendono dichiarazioni con l'oralità .
Francesca Massa
Gli strumenti processuali sono tipici, ossia che corrisponde ad un modello prestabilito,
strumenti processuali per una gamma di interessi per un certo ordinamento come ad esempio
nella dicotomia.
Vi sono cinque legis actiones della fase primordiale (367 a.C) riconducibili a due procedure,
fondamentali per comprendere i capisaldi del diritto privato che a partire da quel momento è
giunto sino a noi:
- “legis actio sacramentis in rem”: rappresentano i diritti reali, diritti soggettivi dell'uomo
sulle cose → es: diritti di proprietà, infatti la “legis actio sacramenris in rem” è stata la
prima forma di tutela giudiziaria del diritto della proprietà
- “legis actio sacramentis in personam”: affiancata a quella in rem, che si occupa della
tutela giudiziaria tra rapporti giuridici tra uomini → obbligazioni, rapporti tra creditore
e debitore
1) processo formulare (dette “formulares”= per forma): sistema processuale in grado
di offrire tutela giudiziaria agli stranieri, entra in vigore a partire dal 242 a.C → infatti
in quel periodo Roma inizia a commerciare con il mondo e diviene potenza mondiale
(conosce ed entra a contatto con gli “stranieri”, per questo motivo il sistema
processuale cambia).
2) “processo cognitio extra ordinem”: risale ad Augusto, si trattava di processi che
avevano il compito di sistemare le controversie per mano dei consoli
nel 700 vi è più il processo formulare ma vige il processo cognitio extra ordinem
3) “processo giustinianeo o post-classico”: inventato Costanzo e Costante agli inizi
dell’età postclassica (periodo in cui il processo si unifica).
Il legislatore non lascia spazio all’esercizio dei giudici e si prescrivono forme scritte
La caratteristica era la pratica di “bonorum distractio”, ossia la vendita dei beni del
debitore per risarcire il danno al creditore e l'imperatore decideva in ultima istanza.
Il processo per legis actiones ha subito uno sviluppo:
Certi interessi erano protetti da legis actiones diversi da quello in rem (rimasta inalterata da
fondazione Roma a 18 secolo ac) e in personam (sviluppo solo per questo, laicizzazione del
diritto. Alcune delle pretese, a partire dal 4 secolo aC, potevano essere fatte valere anche
senza sacramentum):
- Legis actio per condictionem era un’azione dichiarativa, introdotta da una legge
Silia del III secolo a.C. (lex publica) per crediti con oggetto una somma determinata
di denaro (certa pecunia); fu poi estesa ai crediti aventi ad oggetto cose determinate
(certa res). Per quanto riguarda il procedimento, si sa che l’attore, di fronte al pretore,
utilizzando certa verba affermava il proprio credito; la necessità di adempiere da parte
del presunto debitore era affermata dall’attore in termini di oportere. Se il convenuto
negava, l’attore lo invitava a ripresentarsi davanti al pretore dopo 30 giorni per la
nomina del giudice che si sarebbe poi pronunziato sulla lite.
È quindi una forma di tutela nei confronti dei crediti derivanti dai prestiti.
Francesca Massa
- Legis actio per iudicis arbitrive postulationem: azione dichiarativa, esperibile per
crediti nascenti da stipulatio e per dividere l’eredità; grazie alla lex Licinnia si poteva
usare anche per dividere beni comuni.
Quando si agiva per crediti da stipulatio il rito nella prima parte era simile a quello
della legis actio sacramenti in personam. Un’altra caratteristica è data dal fatto che le
parti dovevano far riferimento alla fonte dei diritti vantati e chiedere al pretore la
nomina di un giudice o di un arbitro, che si sarebbe pronunziato sulle ragioni fatte
valere.
9. IL PROCESSO FORMULARE
Dato che il processo per legis actiones era solo per i romani e per le situazioni riconosciute
dall’antico ius civile, nel III secolo a.C., grazie all’intensificarsi delle relazioni tra Romani e
stranieri, venne creato il processo formulare, per mano del pretore urbano.
Dinanzi a questo pretore si potè litigare quindi in entrambi i modi, sia per legis actiones che
per formulas. Ma presto venne istituito nel 242aC un altro pretore, il praetor peregrinus,
che aveva il compito di dicere ius tra cittadini e stranieri, o tra stranieri.
Intanto le legis actiones si stavano rilevando sempre più inadeguate rispetto alla nuova realtà
ed al nuovo contesto culturale, poiché eccessivamente formali, tanto che, intorno al 130 a.C. ,
una lex Aebutia abolì la legis actio per condictionem; più tardi una lex Iulia iudiciaria
(fata approvare da Augusto nel 17 aC) abolì le altre.
Quindi il processo formulare andò sostituendo le legis actiones, e gli furono attribuiti
effetti anche per il ius civile.
Con la Lex Iulia iudiciaria esso divenne il processo privato ordinario, e fu applicato anche
nel resto del territorio italico e in buona parte delle province.
Al pretore era riconosciuta la possibilità di emanare un nuovo diritto attraverso un
provvedimento, un editto*
*che significa pubblicazione, edicere, dichiarare pubblicamente al di fuori, è un
provvedimento che può essere conosciuto da parte di tutti perché viene pubblicato, è
immediatamente conoscibile da chiunque sia interessato ad ottenere quella protezione
giudiziaria presente nell'editto.
Il processo formulare aveva carattere unitario, cioè un solo procedimento che si poteva
impiegare per l’esercizio delle varie azioni.
Per ciascuna era prevista una diversa formula nell’editto: le azioni erano quindi tipiche, ma in
numero molto alto.
Il procedimento era comunque diviso sempre in 2 fasi:
- in iure , dinanzi al magistrato
- apud iudicem,
Francesca Massa
Ognuna delle fasi aveva funzioni analoghe a quelle dei rispettivi stadi del processo per legis
actiones; l’unica differenza è che anche nella fase in iure le parti potevano esprimere le loro
ragioni, non c’era quindi il formalismo che c’era prima. Inoltre, le formule erano q