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Requisiti per il voto

1. L'appello si fa per chiamata nominale

2. Il voto è palese perché il cittadino ha il diritto di conoscere la coerenza elettorale del parlamentare che ha votato, in base alla campagna elettorale che aveva fatto 20

3. Si/no/astensione: basta la maggioranza relativa (per cui tolti gli astenuti, basta che il sì abbia un voto in più del no, o viceversa)

4. Quorum strutturale: devono essere fisicamente presenti il 50%+1 dei deputati e dei senatori (serve la fiducia di entrambe le camere)

A questo punto il Governo entra nel normale esercizio delle sue funzioni, nel caso in cui la fiducia non venga ottenuta anche in una sola delle Camere, il Presidente del Consiglio è giuridicamente obbligato a dimettersi (avvenuto solo quattro volte). Non è vero che il governo, ottenuta la fiducia, ottiene "pieni poteri" (l'hanno fatto Hitler e Mussolini, ma oggi esistono limiti al governo), entra semplicemente in

carica anche oltre l'ordinaria amministrazione. Crisi di governo Inizia con le dimissioni del presidente del consiglio, che coincidono con la cessazione complessiva di tutto il governo. Le crisi di governo possono essere parlamentari quando: 1. Il governo non ottiene la fiducia di inizio mandato 2. Il Parlamento approva una mozione di sfiducia, indipendentemente dal momento della legislatura in cui si è (procedimento identico alla mozione di fiducia: appello nominale, voto palese, maggioranza relativa) 3. Il governo pone la questione di fiducia: se la perde, è obbligato giuridicamente a dimettersi In questa situazione, per motivi vari (una legge, una mozione, una dichiarazione da parte del Governo), il Consiglio dei ministri può porre la questione di fiducia (medesime dinamiche della mozione di fiducia), facendo votare in merito in Parlamento. La questione di fiducia viene posta quando l'approvazione di una legge o provvedimento viene considerata imprescindibile da

Un governo e se la votazione parlamentare si conclude con esito negativo, il Governo è giuridicamente costretto a dimettersi. Solitamente, la questione di fiducia è utilizzata per "ricompattare" una maggioranza frammentata e per accelerare l'approvazione di una legge (metodo spesso abusato), in quanto proprio la questione di fiducia comporta una immediata calendarizzazione della stessa e l'interruzione di tutti gli altri lavori parlamentari. Solo due volte nella storia italiana un Governo è caduto per aver perso la questione di fiducia, entrambe le volte con i governi di Prodi.

Le crisi di governo parlamentari invece accadono:

  1. Il governo si dimette senza che vi siano obblighi giuridici (è una scelta politica) ed avviene quando un partito si ritira dalla maggioranza

In 68 governi sono avvenute 4 crisi parlamentari, tutte le altre erano extraparlamentari, ovvero il Parlamento non ha quasi mai tolto la fiducia anche se inusuale in una forma

Il governo parlamentare. La questione della fiducia non è contenuta nella costituzione, perché i costituenti prevedevano che il mirino fosse sul Parlamento e non sul governo, per cui si configura come un ricatto nei confronti del Parlamento. La questione di fiducia impedisce il confronto, alla base del sistema parlamentare pieno di menti contrastanti (anche all'interno della maggioranza) così quando arriva in Parlamento la questione di fiducia si blocca tutto per risolverla e l'opposizione non si può esprimere su modifiche. Si è tentato di ovviare a questo problema negli ultimi 20 anni per cui se oggi arriva in Parlamento un emendamento che divide la maggioranza, prima si riunisce e crea un emendamento che mette tutti d'accordo (ogni partito di maggioranza mette il comma che gli pare, esistono leggi con 1 art. e 400 commi) e poi passa in Parlamento senza possibilità di modifica. 21 Decreto-legge: il governo cerca di farsi

protagonista con questi mezzi, ma se in 60 giorni il decreto non viene convertito in legge, con la possibilità di modifica, visto che c'è poco tempo, passa prima delle altre leggi. Il governo però sullo scadere dei 60 giorni pone la questione di fiducia sulla legge di conversione, che spesso è modificata e il governo, in questo modo, bypassa totalmente il Parlamento, ricattandolo su ogni legge senza fargliela modificare. In una democrazia sostanziale, non esiste la questione di fiducia, ma la Corte costituzionale rimane prudente a esprimersi perché non ha niente di evidentemente incostituzionale.

22 Regioni, province e comuni

Gli anni di accentramento

Da un punto di vista storico prima dell'approvazione dell'attuale Costituzione, lo Stato italiano ha avuto una lunga tradizione di unitarietà, infatti il decentramento è stato introdotto dall'Assemblea costituente. Nel periodo liberale lo Statuto Albertino prevedeva solo i comuni.

subordinati al potere centralizzato del governo. Questo modello di Stato unitario e accentrato era di derivazione francese. In particolare, durante il regime fascista tutto ciò che era evidenza di pluralismo venne abolito: tutto ciò che non è lo Stato, non è ammesso. Il fascismo cancellò, per primo nella storia, alcuni comuni (contraddizione con la pretesa di mostrare fede alla storia italiana) e al posto dei sindaci vennero inseriti i podestà di nomina governativa. La Resistenza partigiana, nascendo su basi locali, rinsaldò l'idea di una piccola autonomia. Inoltre, la presenza di due grandi isole come la Sicilia (cultura fortemente federale ereditata dagli Stati Uniti con lo sbarco e dai rapporti di potere mafia-territorio) e la Sardegna (lingua totalmente diversa) comportava ulteriori esigenze specifiche (in aggiunta a tradizioni rinsaldate dall'insularità).

L'avvento del regionalismo

L'Assemblea costituente era

costretta a dare autonomia a tali realtà, mentre la DC era favorevole all'introduzione di regioni come enti autonomi, le forze di sinistra erano inizialmente contrarie. Infine, però nasce uno Stato regionale come primo motivo perché uno Stato unitario non avrebbe rispettato il pluralismo e uno Stato federale diventava troppo rischioso per la tenuta dell'unità. Da subito si comprese come alcune aree, più di altre, necessitassero di ancor più autonomia rispetto alle altre: sin dalla sua nascita, lo Stato regionale italiano è dunque composto da 15 regioni a statuto ordinario e 5 regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia). In particolare lo Stato eccezionale della Sicilia e della Sardegna è dovuto prettamente alla loro insularità, mentre per le altre regioni si distinguono per le forti differenze culturali e linguistiche (francese, tedesco..). Assieme

All'istituzione delle Regioni ordinarie e speciali, la Costituzione del 1948 rivitalizzava anche i Comuni, le cui funzioni tutt'oggi sono, a differenza delle Regioni (che svolgono effettivamente un ruolo legislativo), esclusivamente amministrative. Dopo la vittoria della Democrazia cristiana nelle elezioni e l'entrata dell'Italia nel piano Marshall e, dunque, l'entrata al blocco occidentale, il partito comunista capì che non avrebbe mai potuto vincere le elezioni. Per questo motivo decise di affermare il proprio potere in quelle regioni in cui aveva il consenso assicurato, improvvisamente il partito diventò un grande sostenitore del regionalismo. L'idea delle regioni però rimase sulla carta fino al 1971 perché la Democrazia cristiana temporeggiava, consapevole del potere che avrebbe dato all'avversario.

Gli articoli della costituzione

I Costituenti videro bene di limitare con cautela il campo di azione delle regioni con due articoli.

L'articolo 117 della carta costituzionale stabiliva infatti un elenco di materie specifiche (circa 15) su cui le entità regionali potevano legiferare, indicando inoltre l'obbligo per le stesse di agire nei confini dei principi legislativi statali. Le funzioni amministrative dei Comuni rientrano nei ranghi dello stesso elenco che riguarda le possibilità legislative delle Regioni. L'articolo 116, invece, regola le competenze per le regioni a statuto speciale. Agli 23 articoli si affiancano anche le leggi costituzionali per poter soddisfare tutte le esigenze territoriali.

Le riforme politiche

Gli anni settanta furono un periodo di cambiamento soprattutto grazie a Moro che, con il concetto del compromesso storico, apre la maggioranza al partito comunista. La svolta definitiva avvenne negli anni '90, con l'esplosione dello scandalo Tangentopoli, che coinvolse innanzitutto proprio Regioni e Comuni: si aprirà dunque in tali ambiti una stagione

Di importanti riforme con:

  • Possibilità di approvare i propri statuti
  • Elezione diretta dei vertici dell'esecutivo per regioni e comuni
  • Riforme Bassanini: trasferimento di funzioni amministrative dal centro alla periferia (agli enti locali spettano le funzioni amministrative non espressamente attribuite dalla legge allo Stato)
  • "Simul stabunt, simul cadent": la sfiducia dell'esecutivo comporta automaticamente lo scioglimento del Consiglio stesso e l'indizione di elezioni suppletive, sia per il Consiglio comunale/regionale che per il Sindaco/Presidente

Va detto che il governo regionale aveva una vita media di otto mesi, ancora inferiore a quella del governo nazionale, e il pseudopresidenzialismo portò a una maggiore efficienza. Inoltre, viene dunque da chiedersi se il "potere" di sfiduciare il vertice dell'esecutivo sia reale poiché effettivamente dal 1993 si sono verificate al massimo una decina di sfiducie, in quanto

Si tratta di una sorta di “potere kamikaze”, inserito scopo di mettere un freno al continuo cambio di Sindaci e Presidenti di Giunta che precedentemente si verificava.

La forma del governo regionale:

  • Consiglio regionale: eletto direttamente a suffragio universale a livello regionale, ha potere legislativo (può fare proposte di legge pure alle Camere)
  • Giunta regionale: organo esecutivo della regione, diretto politicamente dal Presidente
  • Presidente della giunta: rappresenta la regione, dirige la politica della Giunta, promulga le leggi regionali ed emana i regolamenti regionali, dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, nomina e revoca i membri della Giunta, può essere sfiduciato dalla Giunta

Riforma costituzionale del 2001

Si passa dalla tassatività alla residualità per cui le regioni passano dall’avere come competenze solo quelle esplicitamente sancite dalla Costituzione (lasciando allo Stato tutte le altre), ad avere

materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato, materie in cui lo Stato detta i principi

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
47 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aliceserra04 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto pubblico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Galliani Davide.