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5: FUNZIONI AMMINISTRATIVE, RISORSE E ASSETTO DEI POTERI TERRITORIALI

Le funzioni amministrative degli enti territoriali

1. Per le Regioni, si è chiarito che si è sviluppato un modello ispirato al parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative, nonché al principio di normale esercizio delle funzioni amministrative tramite delega agli enti locali: un impianto che riflette il concetto di Regione leggera, perché concentrata su funzioni di programmazione, mentre le attività di tipo prettamente burocratico gestionale e di servizio sono rimesse a Comuni e Provincie.

Per le autonomie locali minori, l'assetto storico delle funzioni discende anzitutto dal Tuel.

1.1. Le funzioni amministrative nel nuovo Titolo V

Il legislatore della riforma costituzionale si fa portatore dell'esigenza di fissare nella Costituzione una serie di principi chiamati ad operare pro futuro, quali criteri-guida per il decentramento di funzioni agli enti territoriali.

Per quanto sulla riforma si sia concentrata molta attenzione sul riparto delle funzioni legislative, la questione amministrativa è tutt'altro che secondaria: è questa che consente il godimento dei diritti. Il compito di regolare l'assetto delle funzioni amministrative è demandato al nuovo art. 118, che prevede criteri di riparto delle funzioni amministrative slegati da quelli che guidano la ripartizione delle funzioni legislative. Ne deriva un quadro composito nel quale spetta alla legge distribuire le funzioni amministrative. In questo senso, se non c'è più parallelismo tra competenze legislative e amministrative, c'è di norma un parallelismo tra competenze legislative e sul riparto delle funzioni amministrative. Ciò fa sì che il sistema amministrativo regionale finirà col non discostarsi troppo dal disegno di riparto delle funzioni legislative. Un problema specifico è legato al fatto che l'art.

118 non esclude che una certa funzione, possa richiedere un esercizio unitario di alcune funzioni.

L'art. 118 ed i principi per il riparto delle funzioni amministrative

1.2. Il Comune, è l'ente residualmente di norma titolare della generalità delle funzioni amministrative. L'attribuzione, sempre per legge, di funzioni amministrative agli altri livelli di governo opera quindi come eccezione a questa regola, per assicurare l'esercizio unitario, conferendole a Provincie, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Questi principi operano quindi nella direzione dell'accentramento.

La l. 131/2003 La Loggia, di attuazione del Titolo V, all'art. 7 indica che lo Stato e le Regioni provvedono ad attribuire a Provincie, Città metropolitane, Regioni e Stato soltanto quelle funzioni di cui occorra assicurare l'unitarietà nell'esercizio.

per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell'azione. Da questa formulazione si ricava conferma sul carattere ordinario dei Comuni. La sussidiarietà di cui parla l'art. 118 è, quindi, la sussidiarietà verticale. La differenziazione prevista dall'art. 118 costituisce una novità in un sistema amministrativo improntato ad un modello di poteri territoriali uniformi. L'applicazione del criterio di differenziazione comporta due conseguenze: - la possibilità di non conferire a tutti gli enti dello stesso tipo le medesime funzioni; - la possibilità di definire dei sottocriteri cui condizionare il conferimento delle funzioni. Un'ulteriore innovazione riguarda la possibilità che le funzioni comunali vengano svolte in forma associata, introdotta sempre dalla l. 131/2003 La Loggia. Le funzioni fondamentali degli enti locali 1.3. Questo impianto generale deve fare i conti anche con una specifica competenza legislativa che lariforma ha attribuito allo Stato, quella relativa a tre sub-materie relative all'ordinamento locale: spetta dunque allo Stato definire, in deroga all'ordinario impianto fissato dall'art. 118, un set di competenze proprie degli enti locali. La l. 131/2003 disciplina questa competenza, per cui in definitiva, le funzioni fondamentali sono da un lato, le funzioni essenziali e imprescindibili, mentre dall'altro quelle storicamente proprie. Sempre la stessa legge prevedeva una delega legislativa per la c.d. Carta delle autonomie territoriali, che avrebbe dovuto far chiarezza in materia, ma che non ha mai visto una vera concretizzazione. Il problema delle funzioni proprie 1.4. Il discorso in ordine alla titolarità locale delle funzioni è oggetto di confusione nel testo costituzionale, il quale parla ora di funzioni attribuite (117.8), ora di funzioni proprie o conferite (118.2) ora di funzioni fondamentali (117.2). Le funzioni dell'ente sono in primo luogo.

Quelle attribuite alla legge (statale o regionale), l'ente può però anche ricevere funzioni a titolo di delega. Dunque, quando si parla di funzioni conferite, ci si riferisce tanto alle funzioni attribuite dalla legge (che sono la norma) che a quelle delegate.

Le funzioni proprie sono invece le funzioni che l'ente decide di esercitare in autonomia, assumendo funzioni e servizi non già esercitati da altri enti.

Il richiamo alle funzioni proprie o conferite contenuto nell'art. 118 si comprende meglio alla luce dell'art. 3 Tuel, il quale afferma che i Comuni e le Provincie sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato o della Regione.

L'autonomia in ordine alle funzioni: autonomia normativa e riduzione dei controlli

L'art. 117 c. 8 C. dispone che i Comuni, le Provincie e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina

Dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. L'autonomia territoriale si estende quindi su tutte le funzioni attribuite, un'autonomia anzitutto normativa che si sostanzia in una generale potestà regolamentare per disciplinare l'esercizio delle funzioni e gli aspetti di tipo organizzativo.

La scelta costituzionale del riconoscimento di un'autonomia effettiva si coglie anche in termini di riduzione dei controlli che tradizionalmente erano stati il contraltare dell'autonomia apparentemente sancita dalla legge.

Prima della riforma del 2001, il testo costituzionale codificava le dinamiche di controllo del centro sulla periferia, attraverso articoli diversi (artt. 124, 125, 130 C.). Questo pacchetto di articoli contribuiva in modo non secondario a definire un impianto tutorio e gerarchico, ma ordinario e generalizzato.

La l.c. 3/2001 ha abrogato i tre articoli in questione.

L'attuazione legislativa del disegno costituzionale1.6.

delle regioni e delle province autonome, nonché sulle funzioni fondamentali dei comuni; dall'altro lato, lo Stato ha competenza sulle materie di legislazione concorrente, tra cui rientrano anche le autonomie locali. Tuttavia, nonostante queste competenze legislative statali, l'attuazione della riforma del 2001 è ancora largamente inattuata. La mancata attuazione si è verificata principalmente a causa dell'arenarsi della cosiddetta Carta delle autonomie locali, che avrebbe dovuto definire il riparto delle funzioni amministrative tra gli enti locali. Senza un adeguato riparto delle funzioni e senza una differenziazione nell'allocazione delle funzioni fondamentali, non è possibile garantire un'esercizio ottimale da parte degli enti locali. Di conseguenza, si è continuato ad applicare la legislazione preesistente alla riforma. Questo problema è strettamente legato all'estensione della potestà legislativa dello Stato in materia di organizzazioni autonome. Infatti, l'articolo 117 comma 2 della Costituzione stabilisce che lo Stato ha competenza sull'ordinamento e l'organizzazione delle regioni e delle province autonome, nonché sulle funzioni fondamentali dei comuni. Inoltre, lo Stato ha competenza sulle materie di legislazione concorrente, che comprendono anche le autonomie locali. In conclusione, a 20 anni dall'approvazione della riforma del 2001, è evidente che vi è ancora molto da fare per garantire un'effettiva attuazione delle autonomie locali. È necessario definire un adeguato riparto delle funzioni amministrative e promuovere una differenziazione nell'allocazione delle funzioni fondamentali, in modo da assicurare un'esercizio ottimale da parte degli enti locali.

amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (quindi sull'organizzazione propria, non su quella degli altri enti territoriali), dall'altro, con riferimento alle autonomie minori, la competenza statale è relativa solo a tre sub-materie: legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali degli enti territoriali.

Questa problematica può essere inquadrata nel Tuel: è utile riflettere in termini generali sul destino del Tuel per comprendere la resilienza del vecchio impianto rispetto al nuovo autonomismo.

Per comprendere la persistenza di una competenza statale sull'ordinamento locale, ben più ampia di quella desumibile a prima lettura dal testo costituzionale.

Decaduta la delega per la Carta delle autonomie, il sistema italiano si è caratterizzato per un'inconcludente oscillazione, tra tentativi di rilancio dell'adeguamento legislativo al nuovo Titolo V e la conservazione inerziale del Tuel.

Pur sempre considerato da superare. Superata una prima fase nella quale l'ordinamento sembrava orientarsi verso uno smantellamento del Tuel (da trasformare in Carta delle autonomie), il sistema si è orientato verso un'interpretazione conservatrice, che ha sostanzialmente stabilizzato il Tuel anche nel nuovo scenario. L'azione della Corte costituzionale ha puntellato il Tuel da invasioni di campo regionali, attraverso una serie di sentenze che hanno ridotto lo spazio di manovra regionale sull'ordinamento locale. Dall'altra parte, pure in presenza di aperture della giurisprudenza e della legislazione, si è assistito all'azione del giudice amministrativo, nel ridimensionamento degli spazi che astrattamente potevano essere riconosciuti alle fonti di autonomia locale. Questa apertura che vedeva numerose disposizioni del Tuel derogabili da parte degli enti locali mediante una diversa disciplina statutari, è stata largamente superata dagli

Interventi del giudice amministrativo, tesi a negare alla fonte statuto un rilievo quale fonte para-primaria, con competenza riservata su quegli aspetti di organizzazione generale interna dell'ente non affidati alla competenza dello Stato. Una lettura tradizionale, ordinata e gerarchica, del sistema delle fonti, ha portato il giudice amministrativo a ritenere la fonte statutaria (di tipo secondario, regolamentare) come tale mai in grado di sostituire o diversamente disciplinare aspetti regolati dalla legge. Successivamente sarà nella fase della crisi economica 2011-2014 a tornare in auge il tema del superamento del Tuel, con la legge Delrio e il d.d.l. Renzi-Boschi che intervengono sulle Provincie. Il superamento del Tuel avviene dunque, non attraverso una legge organica, ma attraverso una riforma dichiaratamente provvisoria e, soprattutto, centrata su esigenze di razionalizzazione e non di promozione delle autonomie territoriali. L'individuazione delle funzioni fondamentali

degli enti locali1.7. In attesa della riforma che dovrebbe portare alla luce la c.d. carta delle autonomie locali,si è provvisto pe

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SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ElenaTrento di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Pubblico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Cortese Fulvio.