Fonti primarie
Insieme di atti fonte che si collocano nello scalino più basso alla Costituzione e superiore alle fonti secondarie. Atti fonte che vengono inseriti nelle fonti primarie:
- Legge formale ordinaria — > espressione del volere normativo del Parlamento
- Atti con forza di legge:
- Decreto legislativo delegato (art. 76 Cost)
- Decreto legge (art. 77 Cost)
- Referendum abrogativo, inteso come atto fonte (art. 75 Cost)
- Decreti che lo stato può adottare nel momento di dichiarazione dello stato di guerra (art. 78 Cost)
Legge formale ordinaria e atti con forza di legge
La legge formale è un atto normativo prodotto dalla deliberazione delle camere e promulgato dal presidente della Repubblica. In passato è stata la fonte di diritto per eccellenza, sino a diventare sinonimo di diritto. La forma della legge è data dal particolare procedimento prescritto dalla Costituzione per la sua formazione.
Attraverso questo procedimento sono formate sia le leggi ordinarie che le leggi costituzionali (infatti, il procedimento di formazione delle leggi costituzionali non è che una variante aggravata del procedimento legislativo ordinario). Dunque, con l’espressione di legge formale si indicano:
- Le leggi costituzionali
- Le leggi ordinarie
Le leggi ordinarie sono gli atti deliberati dal parlamento secondo il procedimento disciplinato dall’articolo e dai regolamenti parlamentari. Fasi:
- Iniziativa legislativa (atto iniziale per avviare il procedimento volto all'approvazione di una legge)
- Approvazione — > approvata da entrambe le Camere a maggioranza semplice
- Promulgazione: esercizio tipico del presidente della Repubblica. Verifica che i due testi approvati dalle Camere siano identici e svolge anche un controllo di costituzionalità
- Pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (entrata in vigore della legge)
Atti con forza di legge → sono atti normativi che non hanno la “forma” della legge (cioè non sono prodotti dalla deliberazione delle camere e promulgati dal presidente della Repubblica), ma occupano la stessa posizione nella scala gerarchica delle leggi formali (perché il Parlamento partecipa alla loro formazione).
Occupano la stessa posizione nella scala gerarchica, e perciò possono validamente abrogarla (hanno la stessa forza attiva della legge ordinaria), ed essere da essa, e solo da essa, abrogati (hanno la stessa forza passiva).
Approfondimento riserve di legge
Quando ci si trova di fronte a una riserva di legge formale, si comprende che la Costituzione vuole un intervento di una legge primaria, ma vuole solo l’intervento della legge formale ordinaria, con esclusione di tutti gli atti con forza di legge. Quando ci si trova di fronte a una riserva di legge comune (semplice), quella materia potrà essere trattata sia dalla legge che dagli atti con forza di legge.
Leggi rinforzate e fonti atipiche
Le leggi ordinarie non sono tutte uguali tra di loro in quanto esistono leggi rinforzate e leggi atipiche.
- Leggi rinforzate → prevedono che la disciplina di una determinata materia debba seguire un procedimento aggravato rispetto al normale procedimento legislativo. Le leggi rinforzate sono tali o perché è rinforzato il procedimento parlamentare (es. l’art. 81.6 prevede che la legge per la disciplina del bilancio sia approvata a maggioranza assoluta), o perché è reso più complesso il procedimento di formazione del progetto di legge (es.: l’art. 7 prevede che i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica, già regolati dal Concordato, possano essere modificati solo previo accordo tra le due parti). Anche per la loro posizione nel sistema delle fonti, esse presentano un aspetto molto particolare, perché si distinguono dalle leggi comuni sia per forza attiva (possono abrogare solo le leggi che hanno quello specifico contenuto), che per forza passiva (possono essere abrogate solo dalle leggi formate con quello specifico provvedimento).
- Fonti atipiche → si differenziano da tutte le altre leggi, non per la forma, non per il procedimento, bensì per la forza di legge. Quindi avranno una forza di legge attiva o passiva diversa dalle altre leggi. Hanno una posizione particolare nel sistema delle fonti, perché:
- Dotate di una forza passiva potenziata: non sono abrogabili dal referendum (es. tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto)
- Leggi meramente formali: cioè non introducono norme capaci di produrre effetti giuridici nell’ordinamento (leggi di approvazione di bilancio e legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali)
Legge di delega e decreto legislativo delegato
Legge di delega → è la legge con cui le camere possono attribuire al governo l’esercizio del proprio potere legislativo. Viene utilizzata soprattutto per affrontare argomenti molto complessi (es. i quattro codici).
Decreto legislativo → (chiamato anche “decreto delegato”) è il conseguente atto con forza di legge emanato dal governo in esercizio della delega conferitagli dalla legge.
Legge di delega
L’articolo 76 Cost. delimita il potere di delega, fissando alcuni vincoli il cui mancato rispetto costituisce un vizio di illegittimità costituzionale. Innanzitutto, la delega può essere conferita esclusivamente con legge formale (è infatti il Parlamento che delega l’esercizio del suo potere legislativo) e può essere conferita soltanto al governo inteso nella sua collegialità e non ai singoli organi che lo compongono. L’articolo 76 prescrive inoltre che la legge di delega contenga delle indicazioni minime (contenuti necessari):
- Oggetto definito, in quanto la delega non può essere generale, ma deve essere circoscritta a singoli argomenti.
- Tempo limitato entro il quale il decreto deve essere emanato. La delega quindi non può essere permanente ma solo a termine.
- Principi e criteri direttivi, in quanto la determinazione degli interessi da soddisfare e gli scopi da perseguire restano una competenza riservata al Parlamento. La corte costituzionale ha stabilito che la legge di delega che non contiene i principi e i criteri direttivi è illegittima, ma lascia al Parlamento la scelta del grado di precisione di queste indicazioni. Più quindi questi principi e criteri fissati dalla legge di delega sono carenti, più limitato è il potere normativo conferito al governo.
Spesso la carenza nella legge di delega di norme sostanziali che valgono come principi e criteri direttivi viene equilibrata dall’introduzione di norme procedurali: al governo viene prescritto di sottoporre il decreto delegato al parere di determinati organi (organi parlamentari, cioè commissioni permanenti competenti per materia oppure soggetti esterni al Parlamento, come le regioni). Il decreto delegato prodotto in violazione di questi limiti ulteriori (ulteriori a quelli previsti dall’art. 76 della Cost.) è considerato illegittimo per eccesso di delega e viene annullato dalla corte costituzionale.
Decreto legislativo delegato
È disciplinato dall’art. 76 Cost. Il Parlamento, se dovesse approvare da solo una legge che chiede competenze settoriali, farebbe molta fatica. Minore fatica fa il governo a ricorrere ai Ministeri specializzati. La formazione dei decreti legislativi delegati segue questo procedimento:
- Proposta del ministro (o dei ministri) competente
- Delibera del Consiglio dei Ministri
- Emanazione da parte del presidente della Repubblica
L’art. 14 della legge 400/1988 introduce una novità in quanto al “nomen juris” dei decreti delegati: essi vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale con la denominazione di “decreto legislativo” (comunemente abbreviato in d.lgs.).
Si afferma spesso che l’esercizio della delega sia caratterizzato dalla obbligatorietà e dalla istantaneità. Quanto alla prima, non si può parlare di un obbligo giuridico di esercitare la delega, in quanto non esistono strumenti giuridici con cui sanzionare l’eventuale inerzia del governo. Diversa è la questione della istantaneità. Il problema è se il potere delegato al governo si estingue con l’emanazione del decreto delegato o se il governo, fino alla scadenza fissata dalla legge di delega, possa emanare ulteriori decreti che integrino o modifichino quello già emanato. Si è ormai diffusa la prassi legislativa, soprattutto per le materie più complesse, di prevedere esplicitamente nella stessa legge una doppia delega, con scadenze differenziate, così da consentire al governo di far seguire al decreto emanato in un primo tempo, altri decreti “correttivi” ed anche integrativi.
Decreto-legge e legge di conversione
Decreto-legge (art. 77) è un atto con forza di legge che il governo può adottare in casi straordinari di necessità e urgenza: entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma gli effetti prodotti sono provvisori, perché i decreti legge perdono efficacia sin dall’inizio se il Parlamento non li converte in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione. (Casi emblematici di massiccio ricorso a decreti-legge sono stati eventi naturali catastrofici come i terremoti e la pandemia da COVID-19).
Il potere di adottare decreti legge può essere esercitato solo quando ricorrano tre presupposti (fissati dall’articolo 77 Cost.):
- Casi straordinari, quindi legati a circostanze eccezionali e imprevedibili
- Di necessità, per cui non è possibile provvedere con strumenti legislativi “ordinari”
- Ed urgenza, che rende indispensabile produrre immediatamente quegli effetti
Ma chi giudica se in concreto sussistono questi presupposti? Sia il presidente della Repubblica in via preventiva (cioè nell’emanazione del decreto-legge), che la corte costituzionale in via successiva (nell’eventuale giudizio di legittimità).
Procedimento
Il decreto-legge deve essere deliberato dal consiglio dei ministri, emanato dal presidente della Repubblica e immediatamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il giorno stesso della pubblicazione, il decreto-legge deve essere presentato alle camere, che anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. Presentando il decreto-legge, il governo chiede al Parlamento di produrre la legge di conversione, e si dà avvio ad un procedimento legislativo che si deve concludere entro il termine tassativo di 60 giorni.
Decadenza del decreto non convertito
I decreti legge, se non convertiti in legge entro 60 giorni, perdono efficacia sin dall’inizio (non esiste un obbligo giuridico di conversione). Della mancata conversione per decorrenza del termine o del rifiuto di conversione da parte del Parlamento, il decreto legge decade.
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