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PROFILO STRUTTURALE
Dal profilo strutturale, con riguardo al riconoscimento della personalità giuridica (il prof ci tiene
perché ad un certo punto si chiede se hanno personalità giuridica o no), è possibile distinguere:
a) quelle autorità indipendenti che sono senza alcun dubbio persone giuridiche, perché
espressamente qualificate tali dalla legge (la Banca d’Italia);
b) quelle autorità indipendenti la cui personalità giuridica sembrerebbe implicitamente desumibile
dall’ordinamento, ad esempio, quelle che godono di autonomia patrimoniale perfetta ossia la
separazione tra patrimonio di una persona giuridica e quella dei soci, come (l’Antitrust);
Se c’è, effettivamente è difficile negare che queste figure siano persone giuridiche. Si potrebbe
obiettare dicendo che l’autonomia patrimoniale viene attribuita alle autorità da regolamenti che
emanano essi stessi, però la legge queste AAI li chiama organi e quindi si potrebbe pensare che
questi regolamenti siano illegittimi, perché l’organo è privo di personalità giuridica. Però secondo il
professore non bisogna interpretare le norme in maniera estremamente letterale perché le autorità
indipendenti rappresentano un fenomeno nuovo per il nostro ordinamento, di derivazione
anglosassone, è quindi chiaro che il lessico normativo non sia del tutto appropriato rispetto al
fenomeno.
c) quelle che sono prive di personalità giuridica (la Commissione per l’accesso ai documenti
amministrativi).
Sul piano morfologico, tutte queste figure hanno in comune il fatto che l’esercizio delle funzioni
loro attribuite è di competenza di un organo collegiale, pur esistendo organi monocratici di vertice
cui è demandato l’esercizio di dette funzioni in via d’urgenza.
PROFILO FUNZIONALE
In astratto svolgono funzioni regolative, giustiziali o amministrative, ma non tutte le svolgono
tutte.
1. Funzione regolativa
Qualche volta le AAI possono porre delle regole tramite atti fonte, o mediante: un vero e proprio
regolamento che quindi sono atti formalmente normativi, o con la possibilità di emanare atti fonte
sostanzialmente normativi. Tale funzione pone dei problemi sotto il profilo del principio di legalità
perché esso assolve a due valenze: una garantistica ed una democratica. Per quanto concerne
quest’ultima, le regole devono esser fatte attraverso poteri rappresentativi, quindi
democraticamente elettivi... ciò nel caso delle AAI è impossibile perché esse sono indipendenti
rispetto al potere politico. Tuttavia si è superato questo problema mediante la legalità
procedimentale per cui le AAI prima di emanare atti di regolazioni procedono con le consultazioni,
quindi attraverso la partecipazione dei soggetti pubblici e privati che operano in quel particolare
settore, alla promozione delle regole.
2. La funzione provvedimentale o amministrativa in senso stretto:
Essendo queste autorità come le altre P.A. dotate di autarchia (capacità di alcuni enti di
amministrarsi da sé), hanno anche la conseguente capacità di adottare provvedimenti che incidono
nel caso concreto nella disciplina loro assegnata.
3. La funzione giustiziale o f amm a carattere giustiziale
(Il professor Clemente preferisce chiamare la funzione giustiziale in modo diverso dal solito, ovvero
funzione amministrativa a carattere giustiziale, questo perché decisione e provvedimento sono entrambi
impugnabili.)
Permette loro, laddove nascano delle controversie in settori da loro regolati, possano risolverle da
sé mediante i ricorsi evitando così che il tutto dilaghi nell’ordinamento.
Primo parallelo: Possiamo fare diverse analogie, ad es questa funzione è diversa da quella
amministrativa in senso proprio.
Anzitutto le distingue il peculiare fine della funzione giustiziale, che è quello di risolvere una
controversia. Estraneo alla funzione amministrativa in senso proprio in quanto persegue l’IP, quindi
è centrale l’IP (interesse pubblico), mentre gli interessi privati sono secondari.
Secondo parallelo: chiaramente la funzione giustiziale è diversa dalla funzione giurisdizionale. C’è
una grossa analogia, perché entrambe le funzioni sono finalizzate a risolvere una controversia.
Si distinguono per il tipo di soggetto che risolve la controversia, nella f giurisdizionale è un’autorità
giurisdizionale quindi un giudice; mentre nel caso della funzione amministrativa giustiziale è
un’autorità amministrativa. Questo comporta che l’atto con cui si decide la controversia è diverso.
Nel caso di una funzione giurisdizionale è una pronuncia giurisdizionale (come la sentenza,
l'ordinanza e il decreto) che può essere modificata o revocata solo attraverso un’altra pronuncia
giurisdizionale. Nella funzione amministrativa giustiziale della AAi, l’atto è un atto amministrativo,
per il quale valgono le regole di impugnazione previste per gli atti amministrativi in generale.
Altra distinzione sta nella neutralità. Perché mentre la prima è esercitata da un giudice neutrale, in
cui viene in rilievo l’interesse delle parti, nel caso delle autorità indipendenti non c'è una vera e
propria imparzialità, in quanto esse stesse sono portatrici di un interesse pubblico relativo al settore
da loro regolato. Si collocano in una posizione di neutralità impropria.
Indipendenza
L’indipendenza, è quella peculiarità che permette di distinguerle (anche se vi sono dei casi di A.A.I.
in cui eccezionalmente si difetta da tale elemento, si parla infatti di A.A.I. che presentano
‘imperfezioni’)
Questa indipendenza è organizzativa e funzionale che consiste nel fatto che esse possono
organizzarsi autonomamente, senza tener conto del Governo e dei ministri, sono infatti indipendenti
dal potere politico, anche se spesso le nomine di alcune AAi provengono da organi politici.
Vi sono infatti non pochi problemi di costituzionalità, poiché queste difettano della democraticità,
non essendo elette dal popolo. Questo problema di legittimazione democratica è compensata dalla
legalità procedurale, che consiste in una serie di regole che riguardano la procedure decisionali che
consiste in una serie di regole che riguardano le procedure decisionali delle autorità: ad es la
partecipazione dei cittadini ai processi decisionali delle autorità; l’obbligo di motivazione dei
provvedimenti. SENT 500/99: risarcibilità dell’interesse legittimo pretensivo
Bisogna distinguere tre momenti: il momento antecedente la sent del 99 delle SSUU della
Cassazione, la sent 500/99, e il post sent.
Prima della sent, parte significativa della dottrina e della giurisprudenza, escludevano la risarcibilità
dai danni dell’interesse legittimo pretensivo. Questo perché a fatica si imponeva come una
situazione giuridica soggettiva sostanziale, anche perché si tendeva a dare più importanza al potere
conferito dall’ordinamento all’amm, e quindi se c’è discrezionalità non può stabilire se il bene della
vita spettasse o meno al privato.
La Cassazione con la 500/99 sfonda il muro dell’irrisarcibilità e afferma esplicitamente che non è
vero che l’interesse legittimo pretensivo è sempre irrisarcibile. Innanzitutto dice che il danno
ingiusto, è un danno che in ogni caso l’ordinamento non tollera resti a carico della vittima, e il fatto
che determina questo danno è da considerarsi illecito se lede un interesse giuridicamente rilevante.
Quindi attraverso una lettura dell’art 2043 “ogni fatto doloso o colposo che cagiona un danno
ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” si fa riferimento anche agli
interessi legittimi pretensivi.
Il punto è che quando noi parliamo di interesse legittimo pretensivo, parliamo di fattispecie in cui il
bene non è attribuito al soggetto direttamente dalla norma, ma l’ingresso del bene nella sfera del
soggetto, dipende dalla valutazione della PA. Ciò rende complessa la risarcibilità del danno da
interesse legittimo pretensivo, perché io non posso sapere con certezza se il bene sarebbe rientrato
o no nella sfera del soggetto. La Cassazione dice che il giudice deve realizzare il cd giudizio
prognostico, ex post cioè quando il danno è già prodotto, cioè per capire se il danno sia risarcibile
oppure no, deve andare a verificare se il bene era destinato a rientrare nella sfera del soggetto se
non ci fossero stati i vizi di legittimità dell’atto, sulla base di un criterio di normalità, anche se la
Cassazione non qualifica giuridicamente e da qui sono state mosse molte critiche dalla dottrina a
questa sent.
In particolare, secondo il prof questo discorso del giudizio prognostico solleva qualche problema,
perché quando l’amm dispone di discrezionalità amm, è chiamata a scegliere fra varie soluzioni di
composizioni degli interessi, e quando il giudice annulla il provvedimento ritenendo che sia
illegittimo, non sta facendo altro che colpire una delle soluzioni possibili a disposizione dell’amm, ha
comunque a disposizione altre soluzioni di composizione degli interessi che potrebbero essere
pregiudizievoli per il privato ma legittime. Quindi il giudice dovrebbe ipoteticamente mettersi nei
panni dell’amm, e scegliere lui fra le varie soluzioni di composizione degli interessi, quella che gli
sembra migliore. Ma questa cosa il giudice non può farla, perché compete all’ amm stante il principio
di separazione dei poteri. Quindi il danno relativo al mancato conseguimento del bene della vita è
ontologicamente irrisarcibile. Ciò che è risarcibile è il danno arrecato all’integrità patrimoniale del
soggetto, quindi il tempo perso, le spese sostenute. La perdita di chances.
Post sent
Il prof fa anche un’indagine sulla giurisprudenza successiva ad es i giudici quando si tratta di
effettuare il contemperamento degli interessi si astengono sempre. In particolare si afferma che
attiene alla funzione amm e non a quella giurisdizionale.
Quando effettuano questo giudizio prognostico in un’attività discrezionale, generalmente
pervengono ad un esito negativo. Mentre lo accordano quando l’attività è vincolata, ma quando è
vincolata vi è un diritto soggettivo e non un interesse legittimo. Altra difficoltà è legata al criterio di
normalità, quando la Cassazione affida al giudice questo giudizio prognostico, gli dà come criterio
orientativo il criterio di normalità, che però è un criterio indefinito, non stabi