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Luca Leone
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abrogare quelle già esistenti, non avendo la sentenza, a differenza di quanto avviene nei paesi di
common law, alcun effetto vincolante sulle decisioni future dello stesso o di altri giudici: non può
infatti avere efficacia generale e astratta una decisione adottata da un organo che non esprime la
sovranità popolare. Va infatti tenuto presente che i giudici in Italia, a differenza che nei paesi di
common law, non sono eletti dai cittadini, ma nominati in seguito a pubblico concorso (art. 106
c. 1 Cost.).
Sul piano sostanziale, tuttavia, è innegabile che anche in Italia, come negli altri paesi di civil law,
la giurisprudenza, specie quella delle magistrature superiori (la Corte di Cassazione, il Consiglio
di Stato, la Corte Costituzionale), concorre alla formazione dell’ordinamento giuridico, come è
testimoniato dall’importanza crescente delle raccolte giurisprudenziali; né potrebbe essere
diversamente, numerose essendo infatti le lacune dell’ordinamento, sia perché non è possibile
per il legislatore prefigurare tutti i possibili casi della vita consociata che richiedano una disciplina
normativa, sia perché la lettera della legge si presta a varie interpretazioni. Va inoltre osservato
che i giudici inferiori normalmente sono indotti a seguire le decisioni della Corte di Cassazione o
del Consiglio di Stato, poiché le loro sentenze, se impugnate, possono poi essere riformate da
questi giudici superiori.
Norma giuridica ossia dalla previsione, per il caso della sua
È una regola di condotta caratterizzata da coercitività,
violazione, di una sanzione predeterminata della legge e assistita dall’apparato statale. Esiste,
infatti, un ambito di rapporti che coinvolgono interessi considerati degni di una particolare tutela;
tali interessi vengono allora “pubblicizzati”, nel senso che è predisposto un sistema di norme la
cui osservanza è garantita da un apparato (lo Stato) il quale, in via esclusiva, può anche fare uso
della forza per imporne il rispetto.
Dalle norme giuridiche vanno tenute distinte le cosiddette “norme sociali” che, sebbene siano
spesso spontaneamente osservate, non hanno carattere giuridico in quanto non sono assistite da
un meccanismo sanzionatorio predisposto dall’apparato statale e, anzi, sono tollerate solo in
quanto non confliggano con l’ordinamento giuridico dello Stato. Contravvenire alla regola di
rispondere al saluto, ad esempio, ha una riprovazione soltanto sul piano morale.
La giuridicità della norma, peraltro, non si esaurisce nel carattere della coercitività, che
caratterizza altri provvedimenti statali oltre quelli normativi, come le sentenze dei giudici ed i
provvedimenti della Pubblica Amministrazione. Da questi ultimi la norma si distingue, perché
essendo rivolta a tutti i consociati o, più esattamente, a tutti
essa è dotata anche di generalità,
coloro che si trovano in una determinata situazione (ad esempio, la disciplina data dalla legge in
materia di lavoro agricolo può non interessare affatto chi svolge un’altra attività, ma è
in quanto le norme giuridiche
potenzialmente applicabile a tutti i cittadini), nonché di astrattezza,
sono destinate a disciplinare situazioni indefinitamente ripetibili nel tempo, configurando la
propria applicazione nelle ipotesi previste dalla fattispecie astratta. Diversamente dalla norma, la
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sentenza e il provvedimento amministrativo decidono invece sull’assetto di una situazione
concreta e riguardano soggetti determinati.
Fattispecie
Dal latino facti species (“immagine del fatto”), rappresenta un accadimento, al verificarsi del
quale la norma prevede una determinata conseguenza giuridica.
Questa ipotesi, tratteggiata attraverso le parole della disposizione, viene anche definita
fattispecie “astratta” (ad esempio quella descritta dall’art. 2047 c.c.: “in caso di danno cagionato
da persona incapace di intendere e di volere…”), contrapposta alla fattispecie “concreta”,
ovverosia il fatto materiale (rientrante nella più generale categoria dei fatti giuridici) che
realmente si è verificato (ad esempio il danno X che Tizio, persona incapace di intendere e di
volere, ha cagionato a Caio). La corrispondenza tra l’accadimento reale e quello previsto dalla
norma, cioè tra la fattispecie concreta e quella astratta, costituisce il presupposto necessario per
l’applicazione della norma nel caso specifico e si verifica grazie all’interpretazione del testo
legislativo.
Interpretazione
Generalmente, la norma giuridica che disciplina un determinato evento giuridicamente rilevante
presenta una pluralità di possibili significati, così che di fronte ad un caso concreto si rende
necessario stabilire quale, fra di essi, debba prevalere, ai fini dell’applicazione della norma.
L’interpretazione è quindi la verifica del significato della norma in relazione alla fattispecie
concreta, che assume un’importanza particolare quando viene svolta in astratto dalla dottrina e,
ancor più, quando, nell’ipotesi di una controversia, fonda la decisione del giudice.
Del problema si occupa l’art. 12 prel., il quale dispone in primo luogo che la legge, qualora sia in
grado di disciplinare compiutamente il caso concreto, vada interpretata alla lettera, in modo però
che ne risulti un significato logico, tenendo conto della connessione di tutte le parole utilizzate nel
testo; se nonostante ciò il significato rimane invece oscuro, l’interprete deve fare allora
riferimento all’intenzione del legislatore, cioè alla sua volontà, intesa non tanto in senso storico,
bensì come scopo attuale (ratio legis) prefisso dalla norma (cosiddetta interpretazione
“teleologica”). A tal proposito, l’interprete deve fare anche riferimento ad eventuali altre norme
emanate sul medesimo argomento, sia precedenti che successive a quella da applicare, così da
comprendere bene il contesto complessivo e procedere quindi ad un’interpretazione sistematica
della norma specifica, collegata al significato delle altre norme.
L’interpretazione viene detta “estensiva” quando, al termine di queste operazioni intellettuali, si
arriva a dare alla norma un significato più ampio di quello letterale (ad esempio, si può ritenere
che un divieto di circolazione espresso dalla norma usando il termine “autoveicoli” possa valere
anche per i motocicli); quando, invece, ad essa si dà un significato più ristretto, rendendolo più
confacente alla presunta volontà del legislatore, si parla di interpretazione “restrittiva” (ad
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esempio, interpretando un divieto di circolazione in un parco riferito genericamente ai “veicoli” in
modo tale da escludere i tricicli per bambini).
Talvolta accade, data l’inevitabile incompletezza dell’ordinamento giuridico, che l’interpretazione
non sia sufficiente a risolvere il caso concreto, in quanto non vi sia una norma espressa che lo
regoli. Risulterà perciò necessario applicare un’altra disposizione, che disciplina casi simili o
materie analoghe, secondo il metodo appunto dell’analogia, da non confondersi con
l’interpretazione estensiva.
Si parla infine di interpretazione “autentica” quando essa proviene dalla stessa autorità che ha
emanato la norma, cioè dal legislatore, che chiarisce (retroattivamente) il senso delle parole
usate in precedenza.
Analogia
L’ordinamento giuridico è necessariamente incompleto, posto che non è possibile, per il
legislatore, prefigurare tutti i possibili aspetti della vita sociale ed economica che richiedono una
regolamentazione. Può dunque accadere che il giudice sia chiamato a risolvere una controversia
senza potersi avvalere di una norma espressa, che disciplini quel determinato caso, non
individuabile attraverso i consueti metodi di interpretazione. La legge (art. 12 c. 2 prel.) dispone
che in tali ipotesi si applichi allora la norma o le norme che regolano casi simili o materie
o, in mancanza, che si faccia riferimento ai principi generali
analoghe (c.d. analogia legis)
dell’ordinamento (c.d. analogia iuris).
Nel diritto internazionale, un esempio classico di applicazione analogica è costituito dall’utilizzo
per il trasporto aereo delle norme in materia di navigazione marittima.
L’obbligo per il giudice di fare ricorso in ogni caso a norme giuridiche (e non, per esempio, a
principi di equità) costituisce negli ordinamenti europei continentali (regimi giuridici di civil law,
diversi da quelli di tradizione anglosassone, detti di common law) un’eredità della Rivoluzione
francese e si spiega con la volontà di riservare al Parlamento ogni attività normativa,
escludendosi in tal modo che il giudice possa “creare” diritto.
L’applicazione analogica di norme non può operare nell’ambito del diritto penale, se non in favore
(favor rei) dell’imputato (art. 14 prel.), in quanto in un ordinamento democratico, fondato sui
principi di libertà e di responsabilità, un comportamento può essere punito solo se
espressamente vietato da una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto (art. 25
c. 2 Cost.; art. 1 c.p.). Per le stesse ragioni, l’interpretazione analogica è esclusa nell’ambito dei
provvedimenti provvisoriamente limitativi della libertà personale, come l’arresto e il fermo (art.
13 Cost.).
Il ricorso all’analogia è altresì escluso quando si tratta di utilizzare norme che fanno eccezione a
regole generali (legge eccezionale): se per casi simili tale eccezione non è stata normativamente
prevista deve applicarsi la regola generale. Luca Leone
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Abrogazione
È l’effetto caducante prodotto su una norma da parte di un’altra norma, successiva alla prima,
che disciplina la stessa materia.
Comporta quindi il venir meno della norma precedente e viene detta abrogazione “espressa”
quando si produce per
quando è dichiarata esplicitamente dalla nuova norma, “tacita”
incompatibilità tra le vecchie e le nuove disposizioni (art. 15 prel.). In mancanza di abrogazione
espressa, peraltro, sorgono spesso problemi di interpretazione, in quanto il criterio che fa
riferimento all’incompatibilità fra normative diverse è piuttosto incerto. Ciononostante, in Italia si
ricorre di rado all’abrogazione espressa (che impone al legislatore una notevole mole di lavoro),
con il risultato che molte materie (specie in ambito amministrativo) sono disciplinate da una
pletora di norme, spesso di difficile coordinamento.
Si ha abrogazione (espress