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Atti illeciti e responsabilità civile

Capitolo XIII - Gli atti illeciti

Non ogni atto dannoso è vietato. Nella vita associata accade assai spesso di recare danno ad altri lecitamente. Altre volte, invece, l'atto dannoso è vietato (atto illecito): esso può venire preventivamente impedito, se possibile; una volta commesso, dà luogo a responsabilità per i danni. Questa ha la funzione, da una parte, di risarcire il danneggiato; al tempo stesso costituisce una sanzione che colpisce chi si è comportato in modo vietato e la cui minaccia dovrebbe contribuire preventivamente a scoraggiare il compimento di atti illeciti.

In Italia si è formulato un principio assai generale, quello dell'art. 2043 c.c., il quale definisce l'atto illecito come qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto. Si è accolto un principio di atipicità degli atti illeciti. Spetta all'interprete il compito di

specificare il concetto di ingiustizia del danno, in modo da determinare le figure concrete degli atti illeciti. La soluzione di questo problema dipende dalla valutazione comparativa di due interessi contrapposti: l'interesse minacciato da un certo tipo di condotta e l'interesse che l'agente con quella condotta realizza o tende a realizzare.

Capitolo XIV - La responsabilità oggettiva

Vi sono atti dannosi che sono leciti e non sono fonte di responsabilità e vi sono atti dannosi vietati, che possono venire impediti preventivamente, se possibile, e danno luogo a responsabilità per danni. Vi è una terza categoria di attività dannose, intermedia tra queste due: attività che sono consentite, ma obbligano al risarcimento dei danni che ne derivano. Si tratta di attività dannose o rischiose consentite, e che sono tuttavia fonte di responsabilità (responsabilità oggettiva o responsabilità senza colpa).

La legge prevede

In una serie di ipotesi si configura una responsabilità senza colpa. L'art. 2049 c.c. dispone che i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti. La legge non ammette che il datore di lavoro si possa liberare provando di essere esente da colpa, avendo usato la dovuta diligenza nella scelta e nella sorveglianza del dipendente. La responsabilità del datore di lavoro è, dunque, una responsabilità indipendente dalla colpa. Analogo fondamento oggettivo ha la responsabilità del proprietario di un veicolo per i danni cagionati dal conducente (art. 2054 c.c.). Vi è poi una serie di norme che dispongono una responsabilità oggettiva per i danni cagionati da cose. Sia nel caso della rovina di un edificio come nel caso di danno da circolazione di veicoli, è stabilito che il proprietario, o altri soggetti indicati dalla legge, sono

responsabili se l'incidente è dovuto a vizio di costruzione o a difetto di manutenzione (artt. 2053, 2054 c.c.). L'esercente risponde di qualsiasi danno che l'aeromobile abbia cagionato a persone ed a beni sulla superficie, anche per causa di forza maggiore, con la sola esclusione dei danni dovuti al fatto doloso di un terzo, compiuto senza connessione con l'esercizio dell'aeromobile, e dei danni dovuti esclusivamente a colpa del danneggiato (art. 965 c. nav.). L'esercente di un impianto nucleare è responsabile di ogni danno alle persone o alle cose, quando sia provato che il danno è causato da un incidente nucleare avvenuto nell'impianto nucleare o connesso con questo. Il codice civile contiene, inoltre, due norme che dispongono la responsabilità per il danno causato da cose o animali, salva la prova del caso fortuito (artt. 2051, 2052 c.c.). La dimostrazione di aver adottato tutte le misure idonee ad impedire il fatto

dannoso non è sufficiente per escludere la responsabilità. Dimostrare la mancanza di colpa non equivale ancora alla prova del caso fortuito.

Capitolo XV - Danno, causalità, rimedi

Il danno patrimoniale può consistere nella perdita, nella distruzione o nel danneggiamento di un bene patrimoniale, nella perdita di un guadagno o nella sopravvenuta necessità di compiere determinate spese. Nell'ambito del danno patrimoniale si distingue tra danno emergente e lucro cessante. Il primo consiste in una diminuzione del patrimonio; il secondo consiste nell'esclusione di un incremento patrimoniale che si sarebbe verificato in mancanza del fatto dannoso. Il danno non patrimoniale consiste nella perdita o lesione di un bene personale, che non possa essere oggetto di scambio e di valutazione economica. In ogni caso il danno è risarcibile solo se deriva dalla lesione di un interesse lecito e degno di tutela giuridica; per questo motivo il guadagno derivante da

un’attività illecita non è risarcibile a titolo di lucro cessante. Il danno è risarcibile solo se è conseguenza dell’atto illecito. L’atto illecito deve essere condizione necessaria dell’evento dannoso. Il risarcimento del danno è escluso quando questo, anche in mancanza dell’atto illecito si sarebbe verificato ugualmente e nello stesso momento, e sarebbe rimasto definitivamente a carico del danneggiato. Solo quando è presente il rapporto di causalità di fatto e di condizione necessaria si può parlare di conseguenza dannosa.

Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate al risarcimento del danno. La loro responsabilità è solidale: ciò significa che il danneggiato può pretendere anche l’intero risarcimento da uno solo dei danneggianti; colui che ha risarcito il danno potrà poi rivalersi nei confronti dei corresponsabili, nella misura

La responsabilità civile è determinata dalla gravità della colpa di ciascuno e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate (art. 2055 c.c.). La corresponsabilità può derivare da una condotta illecita comune, ma può anche accadere che più persone concorrano a cagionare lo stesso danno operando indipendentemente l'una dall'altra oppure può accadere che la responsabilità dell'agente immediato concorra con quella di chi ha mancato al dovere di sorvegliarlo. La stessa regola si applica nel caso che il danno sia realizzazione di più rischi concorrenti, sottoposti al regime della responsabilità oggettiva. Con i rischi incolpevoli possono concorrere anche colpe: in tal caso il risarcimento dovrà essere ripartito, nei rapporti interni tra i corresponsabili, in modo adeguato sia alla gravità delle colpe, sia all'entità dei rischi creati. Colui che ha risarcito il danno avrà però regresso.

Per l'intero se la sua responsabilità senza colpa ha esclusivamente una funzione di garanzia rispetto a una responsabilità che è primariamente altrui. Il risarcimento può venire ridotto o escluso quando la negligenza o l'imprudenza del danneggiato abbia concorso a cagionare il danno. Se il fatto colposo del danneggiato ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate (artt. 1227, 2056 c.c.). È da tenersi, però, che questa regola non possa venire invocata dal danneggiante che abbia agito con dolo. Quanto si è detto si riferisce al fatto dannoso iniziale. Una volta che questo si è verificato, diventa operante l'onere del danneggiato di non aggravarne le conseguenze: il risarcimento non è dovuto per quei danni ulteriori che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (artt.

1227, 2056c.c.). Questa regola si applica anche se il danneggiante ha agito con dolo. Con riferimento ad entrambe le ipotesi fin qui considerate, la legge parla di concorso di colpa del danneggiato. L'incapacità naturale del danneggiato esclude la possibilità di configurare un suo concorso di colpa.

Il danno cagionato da un atto illecito o da un fatto che sia fonte di responsabilità oggettiva deve essere risarcito dal responsabile. Per lo più il risarcimento si fa pagando al danneggiato una somma di danaro equivalente al danno patrimoniale che egli ha subito sia come diminuzione del patrimonio (danno emergente), sia come mancato guadagno (lucro cessante). Il lucro cessante va determinato in base al calcolo degli utili che il danneggiato avrebbe conseguito, secondo il prevedibile corso degli eventi, se il fatto dannoso non si fosse verificato. Oltre al danno già verificatosi può essere risarcito il danno futuro, alla condizione che sia

Ragionevolmente certo. Quando si tratta di danni alla persona, devono essere risarcite, in primo luogo, le spese di cura (danno emergente) e il minor reddito dovuto alla sospensione dell'attività di lavoro nel periodo di malattia e alla successiva diminuzione della capacità di guadagno nel caso di invalidità permanente (lucro cessante). Il risarcimento per equivalente costituisce un surrogato. Il danneggiato non è tenuto ad accontentarsene e perciò può chiedere che venga ricostituita, a spese del responsabile, la situazione che si sarebbe avuta in mancanza del fatto dannoso [reintegrazione in forma specifica (art. 2058 c.c.)]. È chiaro, però, che assai spesso la reintegrazione in forma specifica non è possibile. In questi casi deve operare, da solo o in aggiunta alla reintegrazione specifica, il risarcimento in danaro, il quale costituisce il rimedio di applicazione generale. La perdita o la lesione di un bene personale che non

Possa essere oggetto di scambio e di valutazione economica costituisce per sé stessa un danno. Per definizione, il danno non patrimoniale, non può essere risarcita per equivalente. Tuttavia il pagamento di una somma di danaro al danneggiato gli attribuisce un beneficio che può valere a sollievo o a compenso del torto subito; al tempo stesso, l’obbligo di questo pagamento costituisce una sanzione a carico del responsabile. Nel diritto italiano la riparazione dei danni non patrimoniali non è imposta in generale, ma solo nei casi determinati dalla legge (art. 2059 c.c.). Si tratta in primo luogo delle ipotesi in cui il danno derivi da un reato (art. 185 c.p.). Il danno non patrimoniale è risarcibile anche quando derivi dalla lesione di diritti della personalità che godano di tutela costituzionale, e in particolare dalla lesione del diritto alla salute (art. 32 Cost.). Accanto alle sofferenze, si fa rientrare nel danno non patrimoniale il danno alla

na una lesione o un pregiudizio alla sfera personale e relazionale di un individuo. Questo tipo di danno riguarda la perdita o la limitazione delle relazioni affettive, familiari, sociali o professionali a causa di un evento dannoso. Il danno biologico, invece, si riferisce alle lesioni fisiche o alle malattie che causano una riduzione o una perdita delle funzioni vitali di un individuo. Questo tipo di danno può includere lesioni permanenti, disabilità o malattie croniche che influenzano la qualità della vita di una persona. Entrambi i tipi di danno non patrimoniale possono essere oggetto di risarcimento in caso di responsabilità civile o penale. Tuttavia, la valutazione e la quantificazione di tali danni possono essere complesse e soggettive, poiché dipendono da vari fattori, come l'età, il sesso, lo stato di salute precedente dell'individuo e l'impatto dell'evento dannoso sulla sua vita. In conclusione, il danno biologico e il danno alla vita direlazione sono due sottospecie del danno non patrimoniale che riguardano rispettivamente le lesioni fisiche e le limitazioni relazionali di un individuo.
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A.A. 2022-2023
115 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GioiaCancian di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università "Carlo Cattaneo" (LIUC) o del prof Reali Alessio.