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Intorno al 1930 si era diffusa poi una teoria dell’economista inglese Charles Goodhart sul precedente
giudiziario, che ebbe grande successo perché limitava l’utilizzazione in senso estensivo del
precedente giudiziario. La teoria di Goodhart esaminava il rapporto tra le parti del precedente,
dicendo che non fosse vero che erano separate tra loro. Goodhart si soffermava sul rapporto tra ratio
decidendi e statement of facts considerandoli strettamente collegati, affermando che: “i fatti entrano
a far parte della ratio decidendi”. Se vengono legati questi due elementi, il fatto diventa un elemento
importante e il giudice non potrà astrarre i fatti molto facilmente, ed è per questo che la teoria limita
l’utilizzazione del precedente giudiziario in senso estensivo. Come nel civil law, il diritto inglese ha
un carattere scientifico perché si è formato dalla scientia iuris, anche se è casistico. Per essere
scientifico il diritto deve avere delle regole universali. Goodhart dette il suo contributo affermando
che il giudice deve seguire delle regole fisse nell’uso del precedente giudiziario, attraverso un
decalogo. Tuttavia, l’economista circoscrisse il rapporto tra ratio decidendi e fatti affermando che
solo i material facts rientrano in questo rapporto: per questo la sua teoria è nota anche come teoria
dei material facts, cioè dei fatti rilevanti. I fatti rilevanti sono quei fatti che hanno aiutato il giudice
durante la risoluzione del caso: il giudice successivo di un caso, per utilizzare il precedente
giudiziario, deve capire quali sono i material facts e una volta individuati rientreranno nella ratio
decidendi. Le regole che Goodhart inserì nel decalogo sono:
- Tutti i riferimenti specifici spaziali e temporali non sono rilevanti, a meno che il giudice del
precedente non li abbia qualificati come rilevanti;
Professoressa Domitilla Vanni Di San Vincenzo
- I fatti sono rilevanti se il giudice del precedente li definisce tali;
- Se la ratio decidendi non cita un fatto che risulta dal processo, questo sarà considerato irrilevante a
meno che non si tratti di incuria o di una svista del giudice;
- Se la sentenza nel portare i fatti non distingue quelli rilevanti da quelli irrilevanti, tutti i fatti citati
nella sentenza sono considerati rilevanti tranne i riferimenti quantitativi, temporali e spaziali;
- Nel caso di opinions di tanti giudici nel precedente, e nel caso ci siano divergenze sulla rilevanza
dei fatti, si ricorre all’opinion di maggioranza ma, se ci sono delle opinions che convergono con quella
di maggioranza, si guarderanno tutte le altre opinions, a eccezione degli obiter dicta.
La teoria di Goodhart ebbe molto successo nel campo della giurisprudenza, nonostante non venisse
seguita da tutti. Un’altra teoria particolarmente rappresentativa è invece la teoria di Pollock. Questa
teoria faceva riferimento alla natura scientifica del diritto casistico, e anche lui sosteneva che ha
comunque carattere scientifico, affermando che ci sono molti elementi comuni tra il giurista inglese
e lo scienziato. Jackson Pollock dichiarò infatti che: “come lo scienziato, attraverso il metodo
scientifico sperimentale, esamina la realtà (i fenomeni naturali) e, attraverso gli esperimenti, ricava
le regole universali, lo stesso fa il giurista inglese attraverso il diritto dei precedenti perché esamina
la realtà, in questo caso la condotta umana, e osservandole elabora le regole giuridiche nei processi
che poi, attraverso il principio dello stare decisis della vincolatività, si applicheranno in tutti i casi
successivi. Ciò avviene perché in questo caso il diritto è casistico”; è la vincolatività, infatti, a dare
carattere scientifico al diritto inglese. Un altro principio del diritto inglese è la certezza, assicurata dal
principio dello stare decisis. Nel diritto di civil law si ha un metodo diverso, un meccanismo di
creazione della regola che parte dal particolare per arrivare al generale, e segue dunque più un metodo
induttivo. Alcuni autori hanno considerato queste teorie come un qualcosa che porta alla
cristallizzazione del diritto, anche se è noto che l’antidoto a ciò è l’overrulling. Per quanto riguarda
le teorie sul carattere scientifico, ci sono stati tanti autori che hanno trattato questo tema. Un altro
modo per sottolineare il carattere scientifico del diritto inglese è stato usato da altri autori sotto il
profilo del rapporto tra dottrina e giurisprudenza. È stato detto che in Inghilterra vi è solo un diritto
casistico frutto delle decisioni dei processi dei giudici, ma in realtà anche qui è forte l’apporto della
dottrina. Il diritto è stato insegnato tardi nelle università inglesi, ma nonostante ciò la dottrina si è
detta un peso notevole e la prova la diedero gli stessi giudici perché, ad esempio, in una famosa
sentenza del 1988 un giudice della House of Lords manifestò apertamente nella sentenza la sua
gratitudine alla dottrina per averlo ispirato nella sua decisione. Addirittura, citò i nomi degli autori
che lo hanno ispirato e fece il paragone con i pellegrini per descrivere il rapporto tra dottrina e
giurisprudenza: “professori universitari e giudici sono come dei pellegrini che camminano insieme
(collaborano) verso un’irraggiungibile perfezione (una forma di diritto perfetta)”. Ciò evidenziava il
rapporto strettissimo tra dottrina e giurisprudenza, nonostante l’aggiunta tardiva dello studio della
materia nelle università. Un giudice italiano non può citare un autore della dottrina, è vietato in una
norma che gli impedisce di citare autori a cui si sono ispirati per la propria sentenza. Ciò deriva da
una regola borbonica che si trova ancora oggi nel codice di procedura civile: alla fine del Settecento,
il re Ferdinando II stabilì con un’ordinanza regia che i giudici non potevano citare gli autori della
dottrina perché si voleva che il giudice fosse semplicemente un esecutore della legge e che applicasse
le leggi del re. Paradossalmente, in Inghilterra, i giudici possono citare gli autori da cui prendono
spunto per le loro sentenze. Tra le teorie del precedente, ne esistono due che sono ben differenti:
- La doctrine of precedent, ovvero un principio antichissimo, che si afferma già dal periodo dei
Babilonesi e che vale nei paesi di civil law, secondo cui il precedente ha semplicemente efficacia
persuasiva: non c’è obbligo del giudice a seguire ciò che viene espresso dal giudice precedente;
- La teoria del binding precedent o teoria dello stare decisis, ovvero una regola del XIX secolo, che
prevede che la sentenza non vincola solo le parti ma in erga omnes vincola i giudici successivi ad
applicare quella determinata regola.
Professoressa Domitilla Vanni Di San Vincenzo
Il rule of law
Lo studio del diritto inglese parte anche dai vari significati che prende il termine law. La tecnica
giuridica italiana distingue tra norma e diritto, attribuendo loro significati diversi: il primo termine si
riferisce ad una regola di condotta considerata nella sua individualità, il secondo, diversamente, il
complesso unitario del carico delle singole norme agenti dello Stato e costituenti la base del suo
ordinamento giuridico. Ebbene, la tecnica inglese conosce pure questi due concetti, ma non possiede
due parole diverse idonee a rappresentarli distintamente: usa solo la parola law, che ha i due significati
di diritto e di norma. Per una evidente ragione di chiarezza e precisione, tuttavia, si ha molta cura
nell’esprimersi e quando si intende far riferimento al concetto di diritto si usa l’espressione the law.
Il termine law, dal punto di vista tecnico, non ha anche il significato di legge, tipica espressione questa
di normazione imposta dall’alto: questa, oggi, è indicata dal termine Statute o Act, mentre anticamente
si usava anche la parola Bill, ormai riservata al progetto di legge. Altra precisazione riguarda la parola
Justice, che designa tanto la giustizia che il giudice; il termine magistrate, invece, non riguarda tutti
i magistrati ma solo quelli delle corti inferiori. Imprescindibile rispetto alla nozione di diritto è nella
prospettiva del common law inglese quella di rule of law. Il primo capitolo del Constitutional Reform
Act, la legge che ha abolito la House of Lords, prende appunto il nome di rule of law, principio che
si può tradurre come stato di diritto o supremazia di diritto e che costituisce il fondamento
dell’ordinamento giuridico inglese. Per capire il significato di questo principio, bisogna rifarsi al
pensiero del filosofo Albert Venn Dicey, il primo che introdusse il rule of law e che capì che la
dottrina aveva comunque un ruolo fondamentale in Regno Unito, nonostante l’importanza del
precedente giudiziario. Questo filosofo copriva la cattedra di diritto costituzionale: sebbene
nell’ordinamento inglese non esista una Costituzione, si trovano comunque degli atti di carattere
costituzionale come la Magna Carta o il Bill of Rights, che fissarono le fondamenta della struttura
giuridica. Questo autore analizzò il rule of law e disse che poteva essere riconosciuto secondo tre
diversi profili:
- Interdipendenza tra la sanzione e la legge, che sottolinea che nessuna sanzione può essere applicata
senza una preventiva previsione legislativa approvata in Parlamento, e quindi non si può condannare
un soggetto a una pena senza prima aver previsto una pena per quel determinato comportamento.
Questo principio esiste anche in Italia secondo il nulla poena sine lege, il principio di legalità dei
delitti e delle pene;
- Espressione del principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, che secondo Dicey vale sia davanti alla
legge che davanti alle corti, perché per lui è importante anche la dimensione giudiziaria. Nel caso
della Costituzione italiana è specificato nell’articolo 3 che la legge è identica per chiunque, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali;
- Equiparazione tra disposizioni legislative e precedenti giudiziari nell’attribuzione di diritti
individuali, cioè che un soggetto può godere di un diritto o perché è riconosciuto dalla legge (es. i
cittadini possono votare solo una volta raggiunta la maggiore età) o perché è nato da un precedente
giudiziario. Dicey equiparò la legge al precedente giudiziario, dicendo che anche quest’ultimo può
far sorgere dei diritti. Questo profilo non esiste nella Costituzione italiana, ma è una peculiarità del
sistema inglese per quanto riguarda i diritti individuali perché negli ordinamenti di civil law non ci si
affida al precedente, e quindi lo distingue da essi già da prima dell’uscita del Regno Unito dall’Unione
Europea. P