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CFR.
Sono state adottate poi talune precauzioni per correggere il modus procedendi sin ad allora seguito e per
ovviare ad alcuni inconvenienti. Quanto alle questioni sostanziali emerse, ve ne sono molte che coinvolgono
direttamente il problema dei rapporti tra parte generale e parte speciale. In verità, misurandosi su alcune
nozioni e concetti, è emersa prepotente la necessità di operare, già in sede tassonomica, «differenziazioni
settoriali», perché non sempre appare possibile pervenire a definizioni di portata generale.
Molti dei partecipanti ai lavori del CFR-net hanno inoltre avvertito forte l'esigenza che sia assicurata una
coerenza globale del progetto, che per le c.d. questioni orizzontali siano trovate soluzioni coerenti, che
l'ambito di applicazione delle norme sia, per quanto possibile, puntualmente precisato.
È in questo contesto che è maturata, altresì, la necessità di operare una distinzione tra i contratti conclusi tra
imprenditori (B2B - business to business) e i contratti conclusi tra questi e i consumatori (B2C - business to
consumer).
Anche il Parlamento europeo ha auspicato l'affermazione di questa impostazione e ha invitato la
Commissione a procedere distinguendo e separando sistematicamente i due settori.
La Commissione ha espressamente invitato i ricercatori a tenere conto di queste indicazioni emerse nel corso
dei lavori e a farle proprie in vista della revisione e del prosieguo dell'elaborazione delle loro ricerche.
Nella seconda relazione del 2007 sullo stato di avanzamento dei lavori del CFR, la Commissione ha
confermato l’indirizzo metodologico e gli obiettivi già prefigurati nella precedente relazione, secondo cui il
Common frame non è destinato a garantire un’armonizzazione su vasta scala del diritto privato o a
trasformarsi in un codice civile europeo, ma risulta strumento particolarmente utile per procedere a una
revisione dell’acquis comunitario. Nell’ipotizzare le ragioni che hanno spinto la commissione a indirizzare il
progetto del CFR verso finalità più immediate e facilmente perseguibili, si può ritenere che una volta a
confronto con la vasta mole del progetto E la sua complessità, gli esponenti della Commissione si siano
persuasi a ottenere un immediato riscontro dei significativi sforzi e degli investimenti profusi. Inoltre, la
deviazione sarebbe frutto della scarsa chiarezza iniziale in ordine alla portata del progetto del CFR, con la
conseguenza che, venendo in evidenza le difficoltà del mandato ricevuto, la Commissione ha dovuto
ripiegare verso progetti sempre più limitati, fino a limitare i lavori in direzione dell’acquis comunitario.
Si ritiene poi che, a determinare l'atteggiamento di particolare cautela esibito dalla Commissione, abbia
contribuito la mancanza di un chiaro progetto politico a sostegno dei lavori in corso in direzione
dell'armonizzazione del diritto contrattuale europeo. La Commissione sembra patire la mancanza di una
chiara presa di posizione da parte del Consiglio in ordine alle finalità del progetto di armonizzazione del
diritto privato. Nel corso delle riunioni che si sono sin qui tenute in seno allo stesso, è emersa la generale
contrarietà degli Stati membri verso la possibilità che si pervenga a una disciplina comunitaria «uniforme»
del diritto contrattuale e molte resistenze sono state sollevate in ordine alla possibilità che i lavori del CFR
conducano all'adozione di uno strumento vincolante di regolazione; gli Stati membri non sono ancora riusciti
ad esprimere una posizione unitaria sui contenuti e sugli sviluppi futuri del CFR. La seconda relazione della
Commissione termina, infatti, con un esplicito invito, rivolto al Consiglio, a chiarire la propria posizione in
ordine al seguito dei lavori.
Invece, il Parlamento europeo ha assunto e mantenuto nel corso del tempo una posizione favorevole a
investire il CFR di compiti più incisivi e di più estesa portata e ha ribadito la sua convinta adesione verso un
progetto di CFR non limitato soltanto all'area dei rapporti giuridici in cui sono coinvolti i consumatori, ma
esteso a ricomprendere la disciplina generale del contratto. Il Parlamento ha invitato la Commissione a
mantenere aperte tutte le opzioni sui possibili utilizzi e sulla possibile forma legale del CFR, senza escludere
neppure la possibilità di adottare uno strumento opzionale. Ancora, ha rivendicato il suo pieno diritto di
essere coinvolto, insieme a tutte le parti interessate, nella decisione finale sull'utilizzazione dei testi elaborati
nell'ambito del CFR e ha richiesto che siano tenute in conto le sue posizioni sul diritto contrattuale europeo,
già formalizzate in pregresse risoluzioni.
L'attività svolta nell'ambito del CFR e finalizzata alla revisione dell'acquis in materia di tutela dei
consumatori ha provato a razionalizzare e semplificare la disciplina comunitaria eliminando incoerenze,
segnalando lacune, problemi e ostacoli al mercato interno, con attenzione alle cause, se imputabili alle
direttive stesse o al recepimento attuato nei vari Stati membri (che non riguarda solo l'attuazione per via
legislativa delle direttive, ma si estende anche ai più importanti orientamenti giurisprudenziali e alle
decisioni amministrative nazionali).
Tra gli scenari prefigurati ai fini della revisione o del completamento dell'acquis, la Relazione della
Commissione del 2005 aveva previsto la seguente opzione: a) adottare un approccio verticale; b) adottare un
approccio definito «più orizzontale», consistente nell'elaborazione di uno o più strumenti-quadro riguardanti
aspetti comuni dell'acquis, con definizioni comuni e previsione di diritti contrattuali e rimedi per i
consumatori.
Il primo strumento consente di porre rimedio ad alcune incongruenze e lacune che da tempo sono state
segnalate con riguardo ad alcune direttive e di introdurre nuove direttive in settori specifici.
L'approccio orizzontale consente, diversamente, di elaborare direttive su profili di disciplina specifici, che
potrebbero intersecare varie direttive esistenti, risultando questo tentativo funzionale all'opera di
sistemazione della legislazione esistente, offrendo di ricondurre a unità e coerenza aspetti di disciplina che
attualmente si ritrovano frammentati nell'ambito di varie direttive.
Il principio dell'armonizzazione minima sin qui perseguito, a livello comunitario, nell'ambito della
legislazione a tutela dei consumatori, non si è certo rivelato idoneo a realizzare le condizioni di un mercato
unico, dal momento che non è riuscito ad assicurare uniformità di soluzioni con riferimento a situazioni
identiche o, comunque, analoghe. È anche questa la ragione per cui, più di recente, al momento di introdurre
la disciplina delle pratiche commerciali sleali, si è preferito perseguire l'obiettivo della massima
armonizzazione.
Il Libro verde sull’acquis in materia di consumatori, approvato dalla Commissione nel 2007, si salda con
l’ambizioso disegno della stessa di attuare una strategia che abbia quale centro vitale di mercati funzionanti
correttamente il benessere dei consumatori, assicurando loro più efficaci poteri e garantendoli maggiormente
contro i rischi del mercato.
Il completamento del processo di revisione dell’acquis produrrà effetti rilevanti anche in ordine alle forme e
ai modi con cui sono attualmente trasposte le direttive all’interno dei paesi membri; considerando che la
mancanza di coerenza nel disegno ispiratore e di coordinamento dei contenuti delle direttive comunitarie
sono fattori di cui sovente il legislatore nazionali si sono giovati per contenere l’impatto normativo della
legislazione comunitaria nell’ambito dei rispettivi ordinamenti giuridici.
Il percorso «soft »_che è stato prefigurato per procedere all’armonizzazione del diritto privato europeo
attraverso il Common frame dovrebbe valere a scongiurare il pericolo di ricadute negative sui vari diritti
nazionali, non ne deriverebbe quindi l’irrigidimento che si avrebbe con la perdita di una sfera importante di
competenza, in un settore particolarmente sensibile all’evoluzione della realtà sociale ed economica.
Un altro problema riguarda il rispetto delle singole tradizioni giuridiche e dell’identità nazionale degli Stati
membri: la costruzione di uno spazio giuridico unitario, sotto la spinta di processi di uniformazione condotti
a tappe forzate, appare inaccettabile sul piano culturale e pericoloso su quello politico, con il rischio
dell’esplosione di localismi e regionalismi; tale obiettivo non sarebbe neppure giuridicamente perseguibile a
livello comunitario, considerato che l’art 6 del Trattato sancisce che l’Unione Europea rispetta l’identità
nazionale dei suoi Stati membri, nonché alla luce del principio di sussidiarietà. Il processo di armonizzazione
in corso condurrà a una nuova ripartizione di competenze tra diritto comunitario e i vari diritti degli Stati
membri, ma non si può pensare che possa derivarne un assoluta uniformazione dell’intero diritto privato.
Una tale opera di razionalizzazione unificante dell’esperienza giuridica, in un contesto comunitario
caratterizzato da una realtà sociale ed economica molto variegata ed identità culturale e politiche diverse, ha
delle prospettive di successo in quanto possa fare affidamento su una solida ispirazione politica e su un
quadro politico certo. La realtà hai evidenziato, riflettendole sul processo di armonizzazione del diritto
contrattuale europeo, tutte le difficoltà che il percorso dell’integrazione europea ha riscontrato e riscontra sul
piano politico. Si avverte quindi con forza la mancanza di una definita architettura costituzionale o
quantomeno di un definito indirizzo politico, che legittimi più efficacemente l’azione delle istituzioni e la
raccordi a quella degli Stati membri, definendone i limiti con riferimento un catalogo condiviso di principi e
valori fondamentali.
E così gli organi dell'Unione si ritrovano -e l'esempio del CFR è emblematico- ad operare in campi
tradizionalmente di spettanza degli Stati membri, con enormi potenzialità di espansione, grazie alla capacità
che caratterizza la dinamica delle competenze, ma con un potere reale di incidenza molto ridotto proprio in
virtù del fatto che il processo di costituzionalizzazione dell'ordinamento comunitario si è finora realizzato
perlopiù in via silenziosa, attraverso la prassi giudiziaria e, segnatamente, la giurisprudenza della Corte di
Giustizia. In verità, in Europa si è affermato, sin qui, un sistema di governance multilivello, che ha espresso
una buona dose di efficienza quando si è trattato di affrontare un insieme di problemi funzionalmente
connessi, ma che most