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Responsabilità e figure preposte alla protezione

Oltre al responsabile della protezione competente, sono previste altre figure "speciali" con riferimento a particolari settori di attività. Si pensi alle figure relative ai lavori in appalto: committente, responsabile dei lavori, coordinatore per la progettazione, coordinatore per l'esecuzione dei lavori.

A carico di questi soggetti (fatta eccezione per il RSPP) il legislatore ha previsto una serie di fattispecie contravvenzionali (reati propri), con funzione spiccatamente preventiva, la cui realizzazione è fonte diretta di responsabilità penale. Su un piano diverso, si profila inoltre la eventuale responsabilità degli stessi soggetti alla stregua delle fattispecie ad evento naturalistico previste dagli artt. 589 e 590 c.p. Gli artt. 589 e 590 c.p. pur configurati quali reati comuni, diventano in questo caso reati proprio nella misura in cui, realizzati in forma omissiva, richiedono in capo al.

soggetto un obbligo giuridico di impedire l'evento secondo quanto disposto dall'art. 40 cpv. E' evidente che la maggior parte delle fattispecie nel diritto penale del lavoro è costituita da reati propri, cioè da reati che presuppongono i capo al soggetto agente una particolare qualifica soggettiva. In funzione di questa particolare relazione, il soggetto qualificato assume una posizione privilegiata quale potenziale offensore del bene giuridico stesso, in quanto titolare di un potere di controllo sulla fonte del pericolo. L'affidamento della tutela di specifici beni giuridici di particolare rilievo a colui che è in grado di governare le fonti del pericolo, unitamente alla incapacità degli stessi titolari dei beni di provvedere autonomamente alla loro salvaguardia, costituisce il fondamento della categoria dogmatica delle posizioni di garanzia, tradizionalmente riferita al reato omissivo improprio. Questa categoria giuridica è statasottoposta ad autorevole rivisitazione ad opera della Suprema Corte a Sezioni Unite nel processo ThyssenKrupp, la Corte in quella sede ha rilevato infatti come nella prassi il termine garante venga oggi frequentemente utilizzato indifferentemente sia in relazione alla causalità omissiva, sia in relazione alla causalità commissiva, e assume quindi un significato più ampio di quello tradizionale. Garante non è più solo colui che è titolare di un obbligo giuridico di impedire l'evento ai sensi dell'articolo 40 c.p., ma è in genere il soggetto che gestisce al rischio. Il garante e in generale colui che è deputato a governare quella sfera di rischio specifica e a lui saranno da imputare solo quegli eventi che risulteranno essere la concretizzazione del tipo di rischio che rientra nella sua specifica competenza. Emerge con chiarezza il riferimento alla teoria della imputazione legata alla separazione delle competenze.È colui che è chiamato pro quota, secondo la sua competenza, a gestire e organizzare specifici fattori di rischio e l'individuazione della responsabilità penale. Deve quindi filtrare attraverso un'accurata analisi delle diverse sfere di competenza gestionale e organizzativa all'interno di ciascuna Istituzione. Si conferma il punto di vista secondo il quale al cuore dell'impresa c'è un problema di imputazione per scongiurare forme di responsabilità da posizione. L'infortunio deve essere imputato al soggetto e solo al soggetto a cui compete la gestione del rischio. La corretta individuazione dei soggetti responsabili è un passaggio centrale per evitare da un lato di porre nel nulla le esigenze garantiste sottese all'art. 27 della Costituzione, dall'altro di creare vuoti di tutela in presenza di beni di fondamentale rilievo, quali quelli coinvolti nel settore della sicurezza del lavoro: vita, integrità fisica.salute dei lavoratori. Una delle questioni tradizionalmente più problematiche del diritto penale del lavoro, e cioè la individuazione corretta dei soggetti responsabili è quindi da ricondurre al tema delle posizioni di garanzia. Si tratta essenzialmente di posizioni di garanzia riconducibili alla figura della c.d. posizione di controllo su fonti di pericolo, che nasce quando il garante si vede attribuito il potere dovere giuridico di impedire tutti gli eventi lesivi che possano derivare da una particolare fonte di pericolo. Per il riconoscimento della posizione di garanzia è necessario che il soggetto obbligato sia preventivamente dotato di poteri giuridici impeditivi, cioè di poteri di vigilanza ma anche di iniziativa e di intervento diretto sulla situazione di pericolo. In assenza di questi poteri si potrà parlare solo di obbligo di attivarsi o di obbligo di sorveglianza. Questi ultimi sono irrilevanti ai sensi dell'art. 407 cvp, il soggetto

Risponderà penalmente solo se la violazione dell'obbligo relativo è di per sé sanzionata come autonoma fattispecie di reato (omissivo proprio). Il requisito della effettiva presenza di poteri impeditivi (requisito essenziale per il riconoscimento della posizione di garanzia in capo ad un soggetto) può considerarsi integrato anche in presenza di un potere impeditivo c.d. mediato. Un potere impeditivo "mediato" si ha qualora l'intervento concretamente salvifico del bene giuridico (la decisione su di esso) spetti ad un altro garante (nel nostro caso al datore di lavoro) il quale però può attivarsi in quanto sollecitato da una segnalazione proveniente da altri soggetti, il principio della personalità della responsabilità penale, implica che l'ammissibilità di un tale riconoscimento, e dunque di una estensione della nozione di garante, sia tuttavia condizionata ad una rigorosa verifica del riscontro causale rispetto all'evento.

Di recente la Cassazione: i titolari della posizione di garanzia devono essere forniti dei necessari poteri impeditivi degli eventi dannosi. Il che non significa che dei poteri impeditivi debba essere direttamente fornito il garante, è sufficiente che gli siano riservanti mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari per evitare che l'evento dannoso venga cagionato, per la operatività di altri elementi condizionanti di natura dinamica. Il tema è stato anche oggetto di considerazione da parte delle Sezioni Unite nel caso ThyssenKrupp, in relazione alla individuazione della responsabilità penale del RSPP, che non riveste formalmente qualifica di garante alla stregua del t.u.s.l. La corte ha tuttavia riconosciuto la responsabilità penale dell'imputato, nella veste di RSPP, in quanto non avrebbe assolto l'obbligo di volgere in autonomia, nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico, il compito di informare il datore di lavoro e di

dissuaderlo da scelte economicamente seducenti ma esiziali per la sicurezza.L'accusa era incentrata dunque su di un omessa informazione-segnalazione, ex art. 113 c.p. La rilevanza dell'obbligo di informazione ai fine della integrazione della posizione di garanzia emerge con particolare pregnanza anche con riferimento alla posizione del lavoratore, che ai sensi dell'art. 20 del t.u.s.l, è titolare di uno specifico obbligo di informazione e segnalazione nei confronti del datore di lavoro in ordine a deficit della sicurezza in azienda, la cui violazione è direttamente sanzionata.L'individuazione dei soggetti responsabili nei reati propri.La formulazione di una fattispecie di reato come reato proprio comporta la necessità di coniare criteri idonei ad individuare, nella struttura organizzata dell'azienda, il soggetto titolare di quei poteri che fondano la qualifica soggettiva richiesta dal fatto tipico, in modo da risalire a colui al quale

è demandato il controllo di quei fattori di rischio che hanno cagionato l’offesa nello scrupoloso rispetto del principio dellapersonalità della responsabilità penale ex art. 27 cost. La Cassazione a sezioni unite nel processo ThyssenKrupp: soprattutto in realtà complesse come quella in esame, l’individuazione della responsabilità penale passa non di rado attraverso una accurata analisi delle diverse sfere di competenza gestionale e organizzativa all’interno di ciascuna istituzione. Dunque, rilevano da un lato le categorie giuridiche, imodelli di agente, dall’altro i concreti ruoli esercitati da ciascuno. Si tratta di una ricognizione essenziale per una imputazione che voglia essere personalizzata, per evitare l’indiscriminata, quasi automatica attribuzione dell’illecito a diversi soggetti. In assenza di indicazioni normative sul punto, sia dottrina che giurisprudenza oscillavano tra un atteggiamento rigidamente

Il tuo compito è formattare il testo fornito utilizzando tag html. ATTENZIONE: non modificare il testo in altro modo, NON aggiungere commenti, NON utilizzare tag h1; 626/1994 che svincola la qualifica di datore aldato formale della titolarità del rapporto di lavoro aprendo così ad una concezione sostanziale di talefigura, dall’altro l’introduzione del t.u.s.l. dell’art. 299 ad opera del d.lgs. 106/2009 dedicato all’esercizio difatto dei poteri direttivi, infine la particolare disciplina della delega di funzioni contenuta nell’art. 16 deld.lgs. 81/2008.

Il datore di lavoro.Figura di spicco quale centro di imputazione della responsabilità penale e quindi principale garante dellatutela dei beni giuridici coinvolti nel diritto penale del lavoro è senz’altro il datore di lavoro. In ragione deipoteri di fatto e di diritto che caratterizzano tipicamente la sua posizione è visto da un lato, come ilnaturale aggressore degli interessi, ma anche come il principale tutore degli stessi, in quanto in grado perla posizione che ricopre e per i poteri a sua disposizione, di incidere sulla

organizzazione e sullosvolgimento dell'attività produttiva. Il datore di lavoro nelle aziende private è il titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o comunque il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la sua attività, ha il potere di direzione e controllo sull'attività lavorativa.
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A.A. 2022-2023
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alice9blu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Valentini Vico.