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UN SISTEMA PENALE SOVRASTATUALE- IL DIRITTO PENALE
INTERNAZIONALE
Accanto al diritto penale classico esiste un corpus normativo autonomo, il diritto
penale internazionale, nei confronti del quale non trovano applicazione i limiti
spaziali, personali ed in certa misura temporali. Esso è dotato di efficacia vincolante
sugli individui, senza necessità di mediazione del diritto interno. I comportamenti
incriminati sono i crimini internazionali, a loro volta articolati in crimini di guerra,
crimini contro l'umanità, genocidio ed aggressione. Tale diritto è nato a seguito della
prima guerra mondiale per via consuetudinaria.
Lo Statuto di Roma, nel 2002, ha istituito la Corte Penale Internazionale, con sede
nell'Aja, organo di giurisdizione penale permanente, indipendente e sovrastatuale,
con competenza sui crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità
internazionale.
La giurisdizione della Corte si basa sul principio di complementarità rispetto alle
giurisdizioni nazionali, nel senso che si attiva solo se lo Stato che sarebbe
competente in base ai consueti criteri di territorialità e di nazionalità non voglia o non
sia in grado di procedere nel caso specifico.
Circa la competenza territoriale, la Corte ha giurisdizione sui crimini commessi sul
territorio di uno degli Stati membri o da parte di un loro cittadino.
Lo Statuto di Roma, accanto alla definizione delle singole figure di illecito, prevede
una parte generale contenente i principi generali di diritto penale, quali il principio di
legalità, il principio della personalità della responsabilità penale, la disciplina delle
forme di commissione del reato, dei criteri di imputazione soggettiva, dell'immunità,
dell'imputabilità e delle cause di esclusione della responsabilità.
Durante il governo Draghi, è stata istituita una commissione per l'elaborazione di un
progetto di Codice dei crimini internazionali, con la presentazione di un articolato nel
quale presenziano la disciplina del genocidio, dei crimini contro l'umanità, dei crimini
di guerra e del crimine individuale di aggressione. Nel 2023, il Consiglio dei Ministri
ha approvato un disegno di legge con cui si dovrebbe avviare l'iter parlamentare del
Progetto, amputato però delle sezioni sul genocidio e sui crimini contro l'umanità.
TENTATIVO E CONCORSO DI PERSONE NEL REATO
In un ordinamento basato sul principio di legalità dovrebbe rispondere penalmente
solo chi realizza un reato consumato, ossia chi compie un fatto concreto nel quale
presenziano tutti gli estremi di un dato reato, ad esempio nell'omicidio occorre la
morte della persona, per tal ragione chi tenta di uccidere, fallendo, non dovrebbe
incorrere in responsabilità penale; per punire il tentativo, occorre la presenza
nell'ordinamento di una norma che estenda la responsabilità anche a chi tenta senza
riuscirvi di realizzare un fatto delittuoso, norma prevista nel nostro ordinamento dal
c.p. all'art. 56 c.p.
Per fondare la responsabilità di chi non realizza in prima persona un reato, ma si
limita ad aiutare od a persuadere altri a commetterlo, è disposto, nel nostro
ordinamento, l'art. 110 c.p.
IL TENTATIVO
L'ART. 56 c.p. detta che: "Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a
commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento
non si verifica.
Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni,
se la pena stabilita è l'ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto,
diminuita da un terzo a due terzi.
Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per
gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l'evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto
tentato, diminuita da un terzo alla metà".
Il tentativo non rappresenta un'attenuante del reato, ma una particolare forma di
manifestazione dello stesso. Altra peculiarità è rappresentata dal fatto che il delitto
tentato deve necessariamente essere commesso con dolo.
Il legislatore ha circoscritto la funzione estensiva della norma sul tentativo ai soli
delitti, le contravvenzioni sono configurabili nella forma tentata solo nei casi in cui è
la stessa norma incriminatrice a dare rilevanza al tentativo di realizzare una
determinata condotta, ed inoltre la legge esclude la rilevanza penale del tentativo in
relazione ad alcuni delitti, ad esempio quelli tributari.
Per configurarsi, il tentativo deve avere atti idonei a commettere un delitto, cioè
generatori della probabilità della consumazione del reato, che creano dunque un
pericolo per il bene tutelato dalla norma incriminatrice.
Il giudice, nello stabilire la pena, ha il dovere di applicarne una diminuita rispetto a
quella che attuerebbe in caso di reato consumato, ad eccezione del caso del
contrabbando.
La struttura ed il trattamento sanzionatorio del tentativo sono diversi a seconda che
ci si ispiri ad una concezione del reato di impronta:
1. Soggettivistica -> il legislatore considera responsabile di tentativo chiunque
manifesti la volontà di commettere questo o quel fatto reato e punirà nella
stessa misura chi tenta di commettere il reato e chi lo porta a consumazione.
2. Sintomatica -> la punibilità del tentativo si fonda sulla creazione o sulla
mancata neutralizzazione di un pericolo per il bene giuridico tutelato dalla
norma che prevede il corrispondente reato consumato, sanzionando in
maniera più lieve il reato tentato.
● Il legislatore deve poi anche stabilire preliminarmente quali fra gli atti compiuti
dall'agente, se idonei, possono rilevare ai fini del tentativo, deve cioè individuare un
momento nell'inter criminis, a partire dal quale può configurarsi il tentativo di un
determinato delitto. L'inquadramento dei predetti atti è ottenibile dalla considerazione
degli atti diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, sancendo la normale
irrilevanza penale degli atti preparatori che invece rilevavano sino agli anni '90.
Per "atti esecutivi" si intendono gli atti tipici, che corrispondono cioè almeno ad una
parte dello specifico modello di comportamento descritto nella norma incriminatrice di
parte speciale. Da essi consegue l'irrilevanza penale degli atti preparatori, ossia gli
atti che abbiano un carattere strumentale rispetto alla realizzazione, non ancora
iniziata, di una figura di reato.
L'inizio dell'attività punibile coincide con l'inizio dell'esecuzione della fattispecie
delittuosa. Il requisito dell'unicità degli atti esprime una caratteristica oggettiva della
condotta: gli atti devono di per sé rivelare che l'agente ha iniziato a commettere un
determinato delitto. Possono uscire dall'equivoco ed essere diretti verso un
determinato delitto solo gli atti che rappresentino l'inizio di esecuzione di quel
determinato delitto.
L'art. 115 c.p. considera non punibili sia l'accordo sia l'istigazione che abbiano per
oggetto la commissione di un delitto, che poi non venga commesso.
L'inizio di esecuzione nei reati a forma vincolata viene individuato negli atti che
corrispondono allo specifico modello di comportamento descritto nella norma
incriminatrice (ad es., nella truffa rappresenta inizio di esecuzione la dimostrazione di
documenti falsi alla persona che si vuole raggirare).
Diversamente, l'inizio di esecuzione nei reati a forma libera viene individuato in
funzione del mezzo impiegato dall'agente (ad es. nell'omicidio doloso per mezzo di
veleno, l'inizio di esecuzione è il momento in cui Tizio versa il veleno nella bevanda
di Caio).
Eccezionalmente, l'ordinamento prevede come reati a sé stanti una molteplicità di
atti preparatori di altri reati. Nel quadro del concorso di persone nel reato, ad
esempio, la legge prevede come autonome figure di reato talune forme di accordo ed
istigazione, come la cospirazione politica mediante accordo, l'istigazione alla
corruzione, l'istigazione a delinquere ecc.
Il legislatore non gode però della libertà di configurare gli atti preparatori come reati
a sé stanti, ma può solo anticiparne la rilevanza penale allo stadio degli atti
preparatori solo in via d'eccezione, superando un duplice banco di prova di legittimità
costituzionale:
1. Possono essere legittimamente tutelati ad uno stadio anticipato i soli beni
indispensabili per l'integrità delle istituzioni e la sopravvivenza stessa della
società.
2. In ossequi ai principi costituzionale di proporzione e di offensività, possono
essere incriminati solo gli atti tipicamente pericolosi per beni di altissimo
rango.
● Nella "sentenza Rocca" si afferma che gli atti diretti in modo non equivoco a
commettere un reato possono essere esclusivamente gli atti esecutivi, ossia gli atti
tipici, corrispondenti alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma libera
o vincolata, in quanto l'univocità degli atti non indica un parametro probatorio, ma un
criterio di essenza ed una caratteristica oggettiva della condotta, non essendo
dunque punibili, a titolo di tentativo, i meri atti preparatori.
Nella "sentenza Musso" si consolida che è comunque necessario il passaggio della
condotta dalla fase preparatoria a quella esecutiva ai fini della configurabilità del
tentativo.
Nonostante tali affermazioni, risulta maggioritario nella giurisprudenza di legittimità
l'orientamento che ritiene configurabile il tentativo anche quando vengano realizzati
atti meramente preparatori, a condizione che essi, per pe circostanze concrete di
luogo, di tempo, di mezzi, ecc. rilevino che il delitto sta per essere commesso, ossia
gli atti preparatori immediatamente precedenti a quelli esecutivi, salvo il verificarsi di
eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo.
Nella "sentenza Borromeo" si è decretato che per la configurabilità del tentativo
rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quelli che, pur se
preparatori, facciano fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente
approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l'azione
abbia la significativa probabilità di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto
sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà
del reo.
Esiste inoltre un altro orientamento secondo cui non vi sarebbe distinzione tra gli atti
preparatori e gli atti esecutivi.
Dopo aver accertato che gli