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CAPITOLO II
I criteri di funzionamento del modello classico: la condizione sine qua non
o causa but for come “minimum” assoluto per l’imputazione dell’evento di
danno nelle società democratiche.
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✓ La tutela delle vittime, la protezione dell’innocente e la condizione sine qua
non o causa but for.
Le potenti ragioni che ispirano la scelta dell’oltre il ragionevole dubbio come regola
probatoria e di giudizio, ispirano la scelta della condizione sine qua non o causa but for
come criterio-base dell’imputazione dell’evento dannoso. Se per lo Stato la condanna di
un innocente rappresenta una disutilità intollerabile, allora la scelta della condizione sine
qua non o causa but for, come criterio basilare di imputazione e della regola probatoria e
di giudizio dell’oltre il ragionevole dubbio, diventa obbligata. Sul terreno del diritto
sostanziale, la condizione sine qua non o causa but for, assume lo stesso valore della
regola dell’oltre il ragionevole dubbio: si tratta di due facce della stessa medaglia.
La condizione sine qua non, costituisce il criterio-base di imputazione oggettiva dei
singoli eventi lesivi. Lo è a partire dalla Germania, dove è una teoria generalmente
accettata come criterio-base di imputazione penale delle fattispecie causalmente orientate,
e dove si dà per scontato che ogni altra teoria causale ed ogni altro criterio oggettivo di
rilevanza presuppongano come minimum la sussistenza di una condizione che non possa
essere eliminata mentalmente senza che venga meno l'evento. Anche nel Regno Unito,
nonché in Francia e Spagna si dà per pacifico che la condizione sine qua non costituisca
la base per l'imputazione penale degli eventi lesivi. Il nesso causale, dunque, inteso come
nesso di condizionamento, continua ad essere un elemento fondamentale della tipicità
proprio perché tanto i delitti di pericolo quanto quelli di danno esigono la dimostrazione
che il comportamento dell'agente ha condizionato nel mondo esteriore il risultato tipico.
In Italia, il criterio della conditio sine qua non, è stato codificato dagli artt. 40 e 41 c.p..
Negli USA, il Model Penal Code stabilisce che: una condotta, è causa di un evento lesivo
quando:
• è un antecedente senza il quale (but for) l'evento non si sarebbe verificato;
• la relazione tra condotta e risultato soddisfa ogni requisito aggiuntivo, imposto dal codice o
dalla legge che definisce l'offesa. 61
Ancor oggi, la stragrande maggioranza delle corti, continua a ribadire, già sul terreno del
diritto civile, l'altissimo valore del test but for, come criterio-base di imputazione causale.
Ricordiamo solo alcune tra le sentenze più recenti. La Corte Suprema del Montana, nel
1973, osserva che: il test più generalmente impiegato per determinare la causalità è il
test but for. La causa prossima, è quella causa nuova ed indipendente che produce il
danno e senza la quale il danno non si sarebbe verificato. La Corte Suprema del
Missouri, nel 1993, osserva: il test di causalità but for, prevede che la condotta
dell'agente sia una causa dell'evento se l'evento non sarebbe accaduto senza di essa. I
commenti della dottrina civilistica sono concordi nell'osservare che l'azione deve essere
stata condizione necessaria del verificarsi del danno; il test riflette una fiducia radicata nel
fatto che una condizione non può essere causa di un evento, a meno che non sia, in
qualche modo, necessaria al suo verificarsi. Secondo le corti, si può sapere qualcosa solo
quando si è individuata una catena causale meccanicistica, e le informazioni statistiche
non contribuiscono a tale conoscenza; l'aspettativa o i dati statistici circa un gruppo non
costituiscono dei fatti concreti su di una persona. Un tentativo di far diventare più precisa
quella che è una semplice congettura, non è utile a migliorare l'accuratezza di un calcolo.
Il nostro ordinamento - attraverso il principio dell'equivalenza delle condizioni,
consacrato dall'art.41 co.1 c.p., e attraverso il principio enunciato dall'art.40 c.p., secondo
il quale l'evento può essere imputato all'agente solo se è conseguenza della sua azione od
omissione – riconosce che la base dell'imputazione penale è costituita dalla condizione
sine qua non.
Ecco un quadro succinto delle conclusioni raggiunte dalla dottrina e giurisprudenza
dominante in Italia:
• l'evento deve essere conseguenza della condotta (art.40 c.p.);
• il comportamento dell'uomo non può che essere una fra le tante condizioni necessarie
dell'evento: la causa non può che essere intesa come l'insieme delle condizioni necessarie, cioè
come condizione sufficiente;
• la condotta umana non è mai una condizione necessaria in assoluto, ma lo è
contingentemente, cioè in uno specifico contesto di condizioni concrete. Tutte le condizioni
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contingentemente indispensabili per il verificarsi dell'evento sono equivalenti tra loro ed
egualmente causali (principio dell'equivalenza delle condizioni);
• per sapere se una condotta umana è condizione necessaria, occorre chiedersi se, senza di
essa, l'evento si sarebbe o non si sarebbe verificato ugualmente. Formula positiva: la condotta non è
causale se, senza di essa, l'evento non si sarebbe verificato. Formula negativa: l'azione non è causale
se, senza di essa, l'evento si sarebbe verificato ugualmente;
• il giudizio sul nesso di condizionamento è pacificamente un giudizio a posteriori, ex post,
teso ad appurare se la condotta umana sia stata condizione contingentemente necessaria dell'evento;
• tutte le altre teorie (teoria della causalità adeguata, della causalità umana, della causa
immediata, la teoria dell'aumento del rischio) sono estranee al nostro ordinamento perché tentanto
di dare rilevanza a dei correttivi del concetto di condizione necessaria, che la disciplina del rapporto
causale non prevede;
• in ogni caso, è pacifico che queste altre teorie causali non negano che la condotta umana
debba configurarsi come condizione necessaria. Dicono che, oltre alla configurabilità della condotta
come condizione necessaria, deve sussistere un qualche altro requisito (per la teoria della causalità
adeguata, l'adeguatezza o l'idoneità della condotta; per la teoria dell'imputazione oggettiva, la
creazione di un pericolo riprovato dall'ordinamento).
Nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se la sua azione
od omissione non è condizione necessaria dell'evento da cui dipende l'esistenza del reato
(art.13). Non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a
cagionarlo, se il compimento dell'attività omessa avrebbe impedito con certezza l'evento
(art.14). Le due norme chiave sul rapporto causale contenute nel Progetto preliminare di
riforma del codice penale, parte generale, elaborato dalla Commissione ministeriale per
la riforma del Codice penale, istituita con D.M. 1 ottobre 1998. Tale commissione ha
voluto, data la chiarezza delle suddette norme, compiere una scelta precisa e consapevole:
nella democrazia costituzionale italiana, i valori di immensa portata posti in gioco dal
processo penale, esigono che la dichiarazione pubblica della responsabilità dell'imputato
si basi sulla dimostrazione che è proprio lui il responsabile dell'accaduto perché, senza il
suo comportamento attivo od omissivo, l'evento non si sarebbe verificato. Ciò che
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preoccupa la Commissione, sono i tentativi di flessibilizzazione dello schema classico del
diritto penale d'evento, realizzati dalla giurisprudenza attraverso un attacco al modello
nomologico-deduttivo di spiegazione, ed una ricostruzione della causalità con la chiave
dell'aumento del rischio.
Secondo una Relazione della Commissione, abbiamo casi in cui l'erosione da parte della
giurisprudenza di tale paradigma causale appare evidente, e con riferimento alle quali
tende ad aggermarsi una ricostruzione della causalità ancorata a fattori di tipo
prognostico-probabilistico, se non addirittura consistente nella rilevazione del rischio; ciò
si verifica in settori quali:
• l'attività medica, dove, a fronte della pluralità dei fattori causali che sembrerebbero sovente
entrare in gioco, lo strumento statistico e la epidemiologia sono diventati indicatori, spesso,
decisivi;
• le alterazioni ambientali, dipendenti da una serie di condotte e situazioni spesso differite nel
tempo e concorrenti con fenomeni naturali;
• la fenomenologia del danno da prodotto, nei cui confronti è ricorrente la impossibilità di
identificare con certezza quale sia stato il fattore produttivo di nocumento.
La Commissione, in conclusione: ponendosi in continuità con la tradizione, intende a
contrastare le tendenze a forzare il criterio della condizione necessaria e ad eludere le
esigenze di rigoroso accertamento del nesso causale relativamente all'evento in concreto
verificatosi.
Detto ciò, dobbiamo osservare come nei Paesi in cui manca la codificazione della
condizione sine qua non, la teoria dell'equivalenza delle condizioni o della condizione
sine qua non, è generalmente accettata da dottrina e giurisprudenza. Vi sono, tuttavia,
delle eccezioni in cui sono previste vere e proprie spinte all'eliminazione dell'uso della
causa but for, proprio in quei sistemi in cui non risulta presente una codificazione della
medesima. Ad esempio, nel Regno Unito Hart e Honoré hanno proposto di sostituire la
causa but for con una nozione causale che sarebbe ricavabile dal linguaggio comune, e
coinciderebbe con il concetto di antecedente che determina una variazione nel corso
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normale degli eventi. In Germania, Engisch, ha proposto una vera e propria censura del
concetto di condicio sine qua non, ed una sua sostituzione con il procedimento di
sussunzione sotto leggi di natura; questa, tuttavia, appare impossibile. Come si fa, infatti,
a conoscere prima il collegamento causale tra azione ed evento? Su quali antecedenti si
deve puntare l'attenzione? Un criterio di selezione deve essere necessariamente presente,
poiché altrimenti qualsiasi antecedente risulterebbe idoneo ad essere preso in
considerazione come oggetto di una qualche sussunzione sotto leggi. Così, il giudice,
punta sin dall'inizio la sua attenzione sul comportamento dell'agente, al fine di
comprendere se ad esso possa essere fatta risalire la responsabilità dell'accaduto. Una
volta rinvenuto l'antece