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PARTE PRIMA: LA RECIDIVA
CAPITOLO I - INQUADRAMENTO GENERALE DELLA RECIDIVA
1.1 Definizione e fondamento giuridico
La recidiva rappresenta uno degli istituti più complessi e controversi del diritto penale contemporaneo,
trovando la sua disciplina negli articoli 99-105 del Codice Penale. Dal punto di vista definitorio, la
recidiva si configura quando un soggetto, già condannato con sentenza irrevocabile per un delitto non
colposo, commette un nuovo delitto non colposo. Questa definizione, apparentemente semplice, cela in
realtà una stratificazione di problematiche teoriche e pratiche che hanno impegnato dottrina e
giurisprudenza per decenni.
Il fondamento teorico della recidiva poggia su una duplice considerazione. Da un lato, si fonda sul
principio della maggiore pericolosità sociale del soggetto che, nonostante una precedente condanna e
presumibilmente dopo aver scontato la relativa pena o comunque dopo essere stato sottoposto al
trattamento sanzionatorio previsto dall'ordinamento, persiste nella condotta antisociale. Dall'altro lato,
l'istituto riflette una valutazione prognostica negativa circa la capacità di reinserimento sociale del reo,
evidenziando il fallimento della funzione rieducativa della pena precedentemente irrogata.
La ratio dell'istituto si inserisce nel più ampio quadro della politica criminale moderna, che tenta di
bilanciare le esigenze di prevenzione generale e speciale con i principi costituzionali di proporzionalità e
rieducazione della pena. La recidiva, infatti, non costituisce semplicemente una reazione punitiva alla
recidività del comportamento criminoso, ma rappresenta piuttosto uno strumento di politica criminale
volto a contrastare la criminalità abituale attraverso un sistema sanzionatorio differenziato.
1.2 Natura giuridica e collocazione sistematica
La qualificazione dogmatica della recidiva ha suscitato ampi dibattiti in dottrina. La posizione prevalente
inquadra la recidiva come circostanza aggravante comune, caratterizzata da specifiche peculiarità che la
distinguono dalle ordinarie circostanze del reato. Innanzitutto, la recidiva presenta natura soggettiva, in
quanto attiene alla personalità del reo e al suo precedente rapporto con la giustizia penale, piuttosto che
alle modalità oggettive di commissione del fatto.
La caratteristica dell'accessorietà emerge chiaramente dalla struttura normativa dell'istituto, che
presuppone necessariamente un reato-base sul quale incidere. Non esiste, infatti, una recidiva in astratto,
ma sempre e soltanto una recidiva riferita a un determinato fatto di reato. Questa accessorietà comporta
conseguenze rilevanti sotto il profilo processuale e sostanziale, poiché l'applicazione della recidiva rimane
subordinata all'accertamento del reato principale e può essere valutata solo successivamente alla
qualificazione giuridica del fatto.
Un aspetto particolarmente significativo è rappresentato dalla discrezionalità applicativa che, almeno
nella sua forma ordinaria, caratterizza l'istituto della recidiva. Il giudice, infatti, può decidere di non
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applicare l'aggravante quando ritenga, con valutazione motivata, che non sussista una maggiore
pericolosità sociale del soggetto. Questa discrezionalità riflette la natura personologica dell'istituto e la
necessità di una valutazione individualizzata della pericolosità.
1.3 Evoluzione storica e contesto comparatistico
L'evoluzione storica dell'istituto della recidiva presenta tratti di particolare interesse per comprendere le
attuali scelte di politica criminale. Il Codice Zanardelli del 1889 prevedeva una disciplina della recidiva
caratterizzata da maggiore rigidità, mentre il Codice Rocco del 1930 ha introdotto l'attuale impianto
sistematico, sia pur con successive significative modificazioni.
La riforma più rilevante è rappresentata dalla Legge 5 dicembre 2005, n. 251, che ha reintrodotto la
recidiva obbligatoria per determinati reati, segnando un'inversione di tendenza rispetto all'orientamento
liberale che aveva caratterizzato le riforme degli anni Settanta e Ottanta. Questa modifica si inserisce in
un più ampio movimento di politica criminale orientato verso il c.d. "diritto penale del nemico", che
privilegia le istanze di difesa sociale rispetto alle garanzie individuali.
Dal punto di vista comparatistico, l'ordinamento italiano presenta caratteristiche peculiari rispetto ad altri
sistemi europei. Il sistema francese, ad esempio, prevede una disciplina della récidive più articolata e
differenziata, mentre l'ordinamento tedesco si caratterizza per un approccio maggiormente orientato verso
la prevenzione speciale. Il sistema anglosassone, dal canto suo, conosce istituti analoghi nelle c.d. "three
strikes laws", che presentano tuttavia caratteristiche di maggiore automaticità rispetto al modello italiano.
CAPITOLO II - DISCIPLINA NORMATIVA E PRESUPPOSTI
2.1 I presupposti della recidiva ordinaria
L'articolo 99 del Codice Penale stabilisce i presupposti per la configurazione della recidiva, richiedendo
la sussistenza cumulativa di tre elementi fondamentali. Il primo presupposto è rappresentato dall'esistenza
di una precedente condanna irrevocabile per delitto non colposo. La qualificazione di "irrevocabile"
assume particolare rilevanza, poiché esclude dal computo delle condanne utili ai fini della recidiva quelle
non ancora passate in giudicato. Questo requisito riflette il principio di presunzione di innocenza e la
necessità di certezza giuridica nell'applicazione dell'istituto.
La precedente condanna deve necessariamente riguardare un delitto non colposo, con esclusione quindi
delle contravvenzioni e dei reati colposi. Questa limitazione trova giustificazione nella diversa valenza
che l'ordinamento attribuisce alle diverse categorie di reato dal punto di vista della pericolosità sociale. I
delitti dolosi esprimono infatti un coefficiente di colpevolezza e pericolosità sociale significativamente
superiore rispetto alle contravvenzioni e ai reati colposi.
La giurisprudenza ha chiarito che non rilevano ai fini della recidiva le sentenze di patteggiamento ex
articolo 444 del Codice di Procedura Penale, salvo che la legge non preveda espressamente il contrario.
Questa esclusione si giustifica con la natura particolare del patteggiamento, che non comporta una piena
declaratoria di colpevolezza ma costituisce piuttosto un accordo processuale finalizzato alla definizione
anticipata del processo.
Il secondo presupposto concerne la commissione di un nuovo delitto non colposo. Anche in questo caso,
la limitazione ai delitti dolosi riflette la scelta di politica criminale di circoscrivere l'applicazione
dell'istituto ai casi di maggiore significato dal punto di vista della pericolosità sociale. È importante
sottolineare che rileva il momento della commissione del fatto e non quello della relativa condanna,
potendo quindi configurarsi la recidiva anche quando la condanna per il nuovo reato preceda
cronologicamente quella per il reato precedente. 3
Il terzo presupposto, di natura temporale, richiede che il nuovo delitto sia commesso dopo la precedente
condanna irrevocabile. Non è invece richiesto che sia trascorso un periodo minimo tra la condanna
precedente e la commissione del nuovo reato, potendo quindi configurarsi la recidiva anche quando i due
eventi siano cronologicamente molto ravvicinati.
2.2 Le esclusioni soggettive e oggettive
L'articolo 99, comma 2, del Codice Penale prevede una serie di esclusioni dal computo delle condanne
utili ai fini della recidiva, rispondendo a diverse ratio di politica criminale. La prima esclusione riguarda
le condanne per reati commessi prima del compimento del diciottesimo anno di età, quando al momento
della commissione del nuovo reato siano trascorsi cinque anni dal giorno in cui la pena sia stata eseguita.
Questa previsione riflette la particolare considerazione che l'ordinamento riserva ai reati commessi in età
minorile, ritenendo che il trascorrere di un congruo periodo di tempo possa far presumere il superamento
della fase di immaturità che aveva caratterizzato il comportamento criminoso giovanile.
L'esclusione delle condanne per reati militari trova giustificazione nella natura particolare di questa
categoria di reati, che attengono prevalentemente alla disciplina militare e non esprimono
necessariamente una pericolosità sociale di carattere generale. Analogamente, l'esclusione delle condanne
per reati politici riflette la tradizionale distinzione tra criminalità comune e criminalità politica, anche se
tale distinzione ha perso parte della sua rilevanza pratica nel contesto ordinamentale contemporaneo.
Particolare importanza assume l'esclusione delle condanne per le quali sia intervenuta riabilitazione.
Questo istituto, disciplinato dagli articoli 178 e seguenti del Codice Penale, ha infatti la funzione specifica
di cancellare gli effetti penali della condanna, restituendo al soggetto la piena capacità giuridica penale.
Sarebbe quindi contraddittorio ammettere che una condanna riabilitata possa ancora produrre l'effetto
aggravante proprio della recidiva.
2.3 Problematiche interpretative e orientamenti giurisprudenziali
L'applicazione pratica della disciplina della recidiva ha suscitato numerose questioni interpretative, risolte
dalla giurisprudenza attraverso l'elaborazione di principi consolidati. Una delle problematiche più
significative riguarda la determinazione del momento consumativo del reato ai fini del computo
temporale della recidiva. Per i reati istantanei, il momento rilevante è quello della consumazione, mentre
per i reati permanenti occorre far riferimento alla cessazione della permanenza.
Particolare complessità presentano i reati abituali, per i quali la giurisprudenza ha chiarito che il momento
rilevante è quello dell'ultimo atto della serie che integra l'abitudine criminosa. Nel caso del reato
continuato, invece, rileva il momento di commissione dell'ultimo reato della serie, in applicazione dei
principi generali stabiliti dall'articolo 81, comma 2, del Codice Penale.
Un'altra questione interpretativa di rilievo concerne l'identificazione soggettiva del recidivo,
particolarmente problematica nei casi di omonimia o di uso di false generalità. La giurisprudenza ha
stabilito che l'onere della prova dell'identità soggettiva grava sull'accusa, che deve fornire elementi certi e
inequivocabili. Non è sufficiente la mera coincidenza di nome e cognome, dovendosi accertare l'identità
attraverso ulteriori elementi quali la data e il luogo di nascita, la residenza, o altri dati anagrafici.
CAPITOLO III - LE FORME QUALIFICATE DI RECIDIVA
3.1 La recidiva aggravata e le sue articolazioni
L'articolo 99, comma 4, del Codice Pena