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I DELITTI INFORMATICI CONTRO IL PATRIMONIO
Appena si ebbe contezza della rivoluzione informatica e telematica, in ambito penalistico si aprì la seguente
riflessione: se forgiare nuove fattispecie a tutela di beni giuridici – per così dire – del tutto inediti (si pensi
all’interesse all’integrità del fato informatico compromessa da qualsiasi manipolazione) oppure se utilizzare
la tutela forgiata per beni già esistenti (patrimonio, domicilio, autenticità e veridicità documentale). Il sistema
si è mosso nella seconda prospettiva.
In particolare, con riferimento specifico alla tutela del patrimonio, alla truffa furono ricondotte le truffe c.d.
online, caratterizzate comunque dalla presenza di un’interazione a distanza tra soggetti e quindi da una
cooperazione della vittima; al danneggiamento furono ricondotti i reati di chi si introduceva nei sistemi per
cancellare dei programmi informatici…
Nonostante ciò, ben presto si rivelò come alcuni comportamenti non potessero essere ricondotti alle fattispecie
tradizionali.
Prima di esaminare le singole fattispecie, è opportuno definire:
(i) Informazione: entità che non godono di autonomia, in quanto consistono in ciò che i dati esprimono
e rappresentano in forma codificata.
(ii) Dato: entità materiale codificata in una forma non tangibile (elettronica, magnetica, ottica…) che
contiene informazioni.
(iii) Sistema telematico: sistema che consente la connessione tra diversi sistemi informatici
1. La frode informatica (art. 640-ter)
La frode informatica punisce “chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema
informatico e telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o
programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un
ingiusto profitto con altrui danno”.
È procedibile a querela, salvo che ricorrano alcune circostanze aggravanti.
La struttura si presenta in maniera ambigua: da una parte, è simile alla truffa, dall’altra, se ne differenzia per
alcuni aspetti fondamentali: non si prevede espressamente l’errore, si prevedono eventi di profitto e danno.
Sembra possibile distinguere fra due tipologie di aggressione:
(1) La prima relativa all’alterazione del funzionamento di un sistema informatico: passa attraverso
l’alterazione di programmi di funzionamento e ne determina una modifica.
(2) La seconda relativa all’intervento senza diritto (che finisce per essere accostabile al furto).
Bene giuridico tutelato è il patrimonio, inteso secondo una concezione economica.
Soggetto passivo è il titolare del bene patrimoniale.
Eventi sono le condotte descritte, il profitto e il danno.
2. Danneggiamenti di dati o sistemi informatici privatistici (artt. 635-bis e 635-quater) e
pubblicistici (artt. 635-ter e 635-quinquies)
I danneggiamenti di dati o sistemi informatici privatistici consistono in danneggiamento di dati e
programmi informatici privati, reati di evento per i quali le espressioni distruggere, deteriorare, cancellare,
alterare, sopprimere devono essere interpretati come eventi capaci di incidere su dati e programmi e in
danneggiamento di sistemi informatici/telematici privati.
I danneggiamenti di dati o sistemi informatici pubblicistici si differenziano per il carattere pubblicistico,
che deriva dall’essere tali dati e programmi di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza
pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico.
I DELITTI DI AGGRESSIONE ANCHE ALLA PERSONA
Si tratta di fattispecie accumunate dal fatto che l’aggressione alla persona si fa preponderate e significativa,
perché la modalità comportamentale si basa nella sostanza sulla violenza, con la conseguenza che
l’aggressione patrimoniale passa da un’offesa all’incolumità che a sua volta incide sulla libertà di
autodeterminazione, configurandosi così una vera e propria strumentalizzazione della vittima finalizzata
all’aggressione al patrimonio.
Altro aspetto significativo è il rapporto che queste fattispecie hanno con la criminalità organizzata.
1. Le rapine (art. 628)
L’art.628 prevede due ipotesi di rapine:
(i) Il primo comma punisce la rapina c.d. propria, vale a dire “chiunque, per procurare a sé o ad
altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa
mobile altrui, sottraendola a chi la detiene”.
(ii) Il secondo comma punisce la rapina c.d. impropria, vale a dire “chi adopera violenza o minaccia
immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta
o per procurare a sé o ad altri l’impunità”.
La rapina è un reato plurioffensivo, che si compone di due aggressioni: una alla persona (violenza o minaccia)
e una diretta al patrimonio (sottrazione e impossessamento).
Questione centrale è capire il modo di concepire il rapporto che intercorre tra le due aggressioni. Secondo un
primo orientamento, vero che si tutela sia la persona che il patrimonio, è anche vero che deve essere valorizzato
il versante patrimonialistico rispetto a quello della persona. Per altro orientamento, invece, la punizione della
rapina si giustifica in virtù del rapporto strumentale che intercorre tra l’offesa alla persona e l’offesa al
patrimonio, con la conseguenza che è la prima quella più significativa.
Il nostro ordinamento si è mosso nella prima prospettiva, che valorizza il contesto spazio-temporale. Le
Sezioni Unite hanno affermato che, nella formulazione della norma, svolge un ruolo centrale la necessità di
un collegamento logico-temporale tra le condotte di aggressione al patrimonio e di aggressione alla persona.
1.1.Rapina propria (art. 628 co.1)
Problematica è la figura del soggetto passivo, nonostante tale requisito non rilevi ai fini della procedibilità ma
piuttosto in riferimento alla qualificazione dei fatti.
Secondo un primo orientamento, volto a valorizzare l’offesa patrimoniale a scapito dell’aggressione alla
persona, soggetto passivo della rapina può essere soltanto il titolare dell’interesse patrimoniale, non anche il
soggetto che subisce l’aggressione personale, la quale è destinata ad avere altra qualificazione: minaccia,
percossa, lesioni… Secondo un altro orientamento, invece, volto a valorizzare il legame strumentale tra le due
aggressioni, il soggetto dovrebbe rispondere di una sola rapina ai danni dei due soggetti.
La condotta della rapina propria può essere distinta in due frammenti:
(i) l’aggressione alla persona, consistente nella violenza o nella minaccia alla persona;
(ii) l’aggressione al patrimonio, consistente nella sottrazione e nell’impossessamento.
È necessario il dolo specifico ma, come nel furto, la giurisprudenza esclude la necessità che il profitto debba
avere carattere patrimoniale.
Tentativo di rapina propria si può avere sia nell’ipotesi in cui, realizzata la violenza, si tenti la sottrazione, sia
nell’ipotesi in cui si tenti la violenza finalizzata alla sottrazione.
Per quanto riguarda il concorso di persone, risulta particolarmente delicato quello c.d. anomalo (art.116),
caratterizzato dal passaggio dalla rapina concordata all’omicidio o alla violenza sessuale non voluti da taluno
dei concorrenti. Presupposto è che il concorrente che non vuole il reato più grave non versi rispetto a
quest’ultimo nemmeno in dolo eventuale. Il parametro è la prevedibilità: essa non si deve valutare
oggettivamente, sulla base del rapporto strutturale che intercorre tra i reati, ma soggettivamente, sulla base
cioè della conoscenza effettiva da parte del concorrente che non vuole il reato più grave di indici fattuali dai
quali un soggetto mediamente avveduto avrebbe potuto ragionevolmente desumere l’evoluzione nel fatto
maggiormente offensivo.
1.2.Rapina impropria (art. 628 co.2)
La rapina impropria consiste nella sottrazione patrimoniale e poi nell’aggressione alla persona, che deve essere
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realizzata immediatamente dopo la sottrazione e può essere finalizzata a ottenere l’impossessamento o
l’impunità.
Nella rapina impropria diventa particolarmente problematica l’ipotesi in cui la violenza viene esercitata nei
confronti di un terzo non detentore della cosa. Per prassi consolidata, la violenza o la minaccia non devono
essere necessariamente contro il derubato, potendo essere realizzate contro terze persone che, con la propria
presenza o attività, costituiscono un ostacolo al mantenimento della cosa oppure un pericolo per l’impunità.
Sussiste un doppio dolo specifico: oltre alla finalità di profitto ingiusto, il soggetto dopo la sottrazione deve
agire con lo scopo di assicurarsi il possesso (quando la violenza o la minaccia sono usate per raggiungere il
potere di fatto autonomo sulla cosa e presuppone la permanenza della sottrazione) o l’impunità (quando la
violenza e la minaccia sono commesse al fine di sottrarsi alle conseguenze processuali o penali della
commissione del delitto).
Le Sezioni Unite hanno affermato che è configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’agente,
dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della cosa altrui, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi
l’impunità.
1.3.Le circostanze e la disciplina del concorso di circostanze
Le sette circostanze speciali possono essere raccolte in tre gruppi.
Nel primo gruppo sono ricomprese circostanze che riguardano l’aggressione alla persona:
n.1) se commessa con armi o da persona travisata o da più persone riunite (incidono sulla modalità
intimidatorie)
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Immediatamente dopo” nel senso che il rapporto cronologico tra la sottrazione della cosa e il comportamento violento deve
essere, se non di contestualità, comunque di estrema vicinanza sul piano spazio-temporale, con la conseguenza che il requisito della
immediatezza restringe l’ambito applicativo della fattispecie a ipotesi in cui l’impossessamento non si è ancora verificato. Nella
prassi, il requisito dell’immediatezza che contraddistingue l’aggressione alla persona dopo la sottrazione viene posto in relazione al
concetto di flagranza o quasi flagranza.
n.2) consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire, e quindi un esercizio della violenza
che neutralizza il soggetto.
n.3) dà rilievo all’appartenenza del soggetto all’associazione di stampo mafioso, nel presupposto che la mera
appartenenza renda l’aggressione alla persona più efficace.
Nel secondo gruppo rientrano due circostanze in cui si dà rilievo