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L'ACCERTAMENTO DEL NESSO DI CAUSALITÀ

Nell’esperienza giudiziaria, la causalità è anzitutto un problema probatorio, cioè di accertamento processuale. Il tema

della prova del nesso causale assume, peraltro, un suo autonomo rilievo con riguardo a contesti fattuali in cui la

spiegazione della derivazione causale di un evento non può fondarsi su leggi scientifiche a carattere universale, bensì

solo su generalizzazioni a contenuto probabilistico o su mere correlazioni statistiche.

Oltre all’assenza di leggi scientifiche universali o dotate di coefficienti probabilistici prossimi ad uno, l’accertamento del

nesso di condizionamento è ulteriormente aggravato dall’insussistenza di un’opinione o di un sapere scientifico

consolidato e condiviso con riguardo alla complessiva spiegazione del processo eziologico che conduce alla verificazione

dell’evento. È sorta così l’esigenza di definire un solido e attendibile approccio giudiziario al sapere scientifico, per cui è

stato elaborato un novero di criteri e di principi a cui il giudice di merito deve ricorrere in tutte le fasi in cui si scandisce

l’accertamento causale: l’individuazione della legge scientifica di copertura, la verifica di attendibilità della stessa, e la

corroborazione dell’ipotesi esplicativa raggiunta alla luce delle circostanze del caso concreto che forma oggetto di

giudizio.

L’individuazione della legge scientifica in tema di causalità è mediata dai contributi probatori offerti dagli esperti:

l’affidabilità dell’enunciato scientifico dipende, in primo luogo, dalla valutazione della qualificazione professionale,

l’imparzialità e l’indipendenza degli esperti che intervengono nel processo, nel contraddittorio delle parti; ai fini di

determinare l’attendibilità di una tesi scientifica, occorre che il giudice approfondisca gli studi e le fonti che la sorreggono,

le basi fattuali sulla quale essa è fondata, l’ampiezza, la rigorosità, l’oggettività della ricerca, nonché il grado di sostegno

che i fatti accordano alla tesi, nonché la discussione critica che ha accompagnato l’elaborazione dello studio, focalizzata

sia sui fatti che mettono in discussione l’ipotesi sia sulle diverse opinioni che nel corso della discussione si sono formate.

L’ipotesi scientifica deve essere poi criticamente collocata e valutata nel dibattito scientifico internazionale. Infine, assume

preminente rilievo l’identità, l’autorità indiscussa, l’indipendenza del soggetto che gestisce la ricerca e le finalità per le

quali si muove.

A conclusione di questo iter valutativo, il giudice di merito è in grado di formulare, applicando la legge scientifica

selezionata per il suo grado di affidabilità, l’ipotesi esplicativa della relazione causale (tuttavia ancora insufficiente) per

addivenire ad un giudizio conclusivo sull’ imputazione dell’evento: la spiegazione causale raggiunta attraverso la

sussunzione dell’accadimento storico nella base scientifica probabilistica deve essere infatti corroborata alla stregua delle

concrete e singolari circostanze della fattispecie concreta, al fine di escludere ipotesi esplicative alternative (c.d.

procedimento di abduzione selettiva).

I LIMITI DI RILEVANZA DELL’IMPUTAZIONE CAUSALE

Il diritto penale è mosso da un’esigenza prescrittiva, ovvero orientare la condotta dei consociati: a tal fine, esso stabilisce

limiti di rilevanza al nesso causale; l'imputazione giuridico-penale si ispira, quindi, alla funzione fondamentale del diritto

penale. Si tratta di stabilire se qualunque sviluppo eziologico, pur riconducibile a criteri normologici scientificamente

fondati, sia giuridicamente significativo.

Nel codice penale è contenuto un unico limite di rilevanza, ovvero quello che l’art. 42 c.p. stabilisce in relazione alle

cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’evento: esso viene comunemente inteso con riferimento 23

all’intervento di fattori eccezionali tali da modificare il decorso dell’iter causale scatenato dalla condotta, ma sulla

rilevanza del nesso causale non incidono, in realtà, né le concause eccezionali antecedenti, né quelle concomitanti.

Questo perché le concause eccezionali sopravvenute sono senza dubbio inconoscibili e imprevedibili per chiunque;

quelle antecedenti e concomitanti potrebbero, invece, essere conosciute: l’astratta conoscibilità è dunque il fondamento

dell’ irrilevanza sancita per le concause antecedenti e concomitanti, anche se eccezionali e, talvolta, la conoscibilità

dell’esistenza del fattore eziologico potrebbe determinare la responsabilità dell’agente. Ma la circostanza inversa, che

egli non potesse in alcun modo supporre l’esistenza del fattore eccezionale, può NON assumere alcuna rilevanza, perché

nel nostro ordinamento sopravvivono numerose ipotesi di responsabilità obiettiva.

L’imputazione obiettiva dell’evento viene basata sul fatto che la condotta causale abbia provocato un aumento del rischio

cui il bene tutelato è sottoposto, e questo maggior rischio si sia concretizzato nella serie di accadimenti che hanno

portato sino all’evento offensivo; pertanto essa dovrebbe essere esclusa:

●​ per difetto di un rischio obiettivamente riprovato (es. Tizio induce Caio ad affrontare un viaggio in aereo nella

speranza di un incidente grave, che in effetti si verifica provocando la morte di Caio) : in tal caso, per escludere il

41 c.p., in quanto l'incidente rappresenta, in quel contesto, un fattore

rapporto causale è sufficiente richiamare l'art.

eccezionale;

●​ per difetto di un rapporto di rischio (es. morte di Tizio nell'incendio dell'ospedale ove si è ricoverato per la ferita

41 c.p.;

infertagli da Caio): ipotesi rientrante pacificamente nell'art.

●​ per equivalenza del rischio in caso di azione di alternativa lecita (es. medico che provochi la morte del paziente

iniettandogli cocaina anziché novocaina, quando si accerti che, essendo il paziente allergico alla novocaina,

sarebbe sicuramente morto se tale sostanza gli fosse stata iniettata);

●​ per diminuzione del rischio (es. soggetto che, per salvare una persona dalla coltellata che altri le sta vibrando al

cuore, la faccia cadere provocandole lesioni): in questo caso la condotta è bensì causale, ma obiettivamente lecita

perché commessa in soccorso difensivo.

5. L’OFFESA

Il nostro ordinamento accoglie una concezione del diritto penale come strumento di tutela di beni giuridici e,

conseguentemente, del reato come fatto che li lede o mette in pericolo: il reato viene oggi inteso come offesa di un bene

giuridico.

Il principio di offensività ruota attorno al bene giuridico e all’offesa:

●​ il bene giuridico è il bene o interesse preesistente alla norma incriminatrice ed assunto da questa ad oggetto di

tutela; esso assolve a tre distinte funzioni:

○​ politico-garantista ogni reato costituirebbe di per sé e necessariamente l’offesa di un bene giuridico e l’offesa

ad un bene giuridico viene prospettata come criterio che il legislatore dovrebbe seguire nell’identificazione delle

condotte punibili;

○​ interpretativa la sua precisa interpretazione consente il ricorso all’interpretazione teleologica;

○​ classificatoria sulla base dell’omogeneità relativa dei vari beni giuridici, i reati possono essere raggruppati in

costellazioni unitarie organizzate.

●​ l’offesa si definisce come la lesione o la messa in pericolo dell’interesse protetto ed esprime l’essenza del principio

di offensività; può consistere in:

○​ una lesione (distruzione) effettiva del bene giuridico protetto. Esso dà vita al reato di danno, per cui è

necessario che la lesione si verifichi effettivamente, per cui è quello maggiormente idoneo ad esprimere

un’effettiva offensività;

○​ una messa in pericolo, cioè un nocumento potenziale del bene che viene solo minacciato. Esso dà vita al reato

di pericolo, per cui è sufficiente l’esposizione a pericolo del bene protetto, quindi l’offesa è rappresentata dalla

probabilità del danno.

Nella categoria di reati di pericolo in senso ampio riconduciamo tutte le tipologie di reato che determinano

un’anticipazione della soglia di punibilità, facendo scattare l’applicazione della pena ad un momento anteriore

rispetto all’attuazione del danno effettivo, quindi occorre intervenire e sanzionare comportamenti pericolosi da cui

potrebbero derivare lesioni effettive; vi rientrano anche il tentativo o delitto tentato (art.56 c.p.: “

Chi compie atti

idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si

), in cui il fatto non si verifica soltanto grazie ad un fattore impeditivo, in assenza del quale la lesione si

verifica” manca, in realtà, il riferimento

sarebbe verificata, e i delitti di attentato, una tipologia particolare di reati, in cui

esplicito a quei fattori tipizzanti che invece caratterizzano l’idoneità e l’univocità degli atti. Se si guarda, peraltro,

24

al panorama dottrinale recente, è comune l’opinione che si tratti di requisiti necessari anche per le figure in

questione. L’assunto, talvolta motivato in base ad una pretesa sovrapponibilità tra tentativo e attentato, è oggi

generalmente giustificato quale implicazione essenziale del principio di offensività.

I reati di pericolo si suddividono a loro volta in due categorie tradizionali, la cui distinzione costituisce il riflesso di

una diversa tecnica di tipizzazione legislativa:

reati di pericolo concreto, in cui la messa in pericolo del bene costituisce elemento espresso della

❖​ fattispecie, che deve essere di volta in volta accertato dal giudice. Il pericolo deve dunque essere

riscontrato caso per caso dal giudice, con un accertamento in concreto che, secondo l'opinione

maggioritaria, si risolva in un giudizio di probabilità ex ante, cioè riferito al momento in cui si è prodotta la

situazione da considerare. L'oggetto di tale giudizio è costituito dalla situazione di fatto determinata dal

comportamento o in esso insita a seconda che il pericolo sia una qualifica della condotta o un evento da

essa provocato: il suo parametro è dato dalla miglior scienza ed esperienza del momento storico e la sua

conclusione consiste nell'affermazione di una rilevante probabilità di verificazione del danno ulteriore;

reati di pericolo presunto o astratto è il legislatore che seleziona, sulla base di comuni regole di

❖​ ➡

esperienza, condotte a

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Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giada11penale di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale - parte generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Ferrara o del prof Bernasconi Costanza.
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