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Il trattamento delle organizzazioni internazionali

Un altro limite alla sovranità territoriale deriva dalle norme sul trattamento delle organizzazioni internazionali, trattamento che riguarda soprattutto lo stato in cui l'organizzazione ha sede, ma che può dar luogo a problemi anche in altri stati quando gli organi di un organizzazione internazionale si trovino ad operare occasionalmente o stabilmente nel loro territorio. Per quanto riguarda il trattamento dei funzionari delle org. Int. Non esistono norme consuetudinarie che impongano agli stati di concedere loro particolari immunità, solo mediante convenzione lo stato può essere obbligato in tal senso. Disposizioni convenzionali in tema di immunità dei funzionari sono contenute in genere nella stessa convenzione che istituisce l'organizzazione o in accordi conclusi dall'organizzazione con stati membri o non membri, particolarmente con lo stato della sede. Dal diritto convenzionale sono regolate.

corrispondenti. Questo principio è sancito dalla Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche, che stabilisce che gli Stati ospitanti devono garantire l'immunità e i privilegi ai rappresentanti degli stati in seno alle organizzazioni internazionali. In particolare, per i funzionari delle Nazioni Unite, l'articolo 105 paragrafo 2 della Carta delle Nazioni Unite stabilisce che essi godono dei privilegi e delle immunità necessari per l'esercizio indipendente delle loro funzioni. Per quanto riguarda i funzionari dell'Unione Europea, le norme sull'immunità sono contenute nel protocollo sulle immunità e i privilegi dell'Unione del 1965, entrato in vigore nel 1967. Anche in questo caso, le immunità e i privilegi sono accordati nell'interesse dell'organizzazione cui questi appartengono. Tuttavia, è importante sottolineare che l'organizzazione può sempre rinunciare a tali immunità e privilegi, nel caso in cui ritenga necessario farlo. Nel caso delle Nazioni Unite, spetta al Segretario generale la competenza di rinunciare a tali immunità in ordine a singoli casi concreti. Infine, lo Stato nel cui territorio opera ufficialmente un funzionario internazionale che non abbia la sua nazionalità è tenuto a proteggerlo con le misure corrispondenti, come stabilito dalla Convenzione di Vienna del 1961.

preventive e repressive previste dalle norme consuetudinarie sul trattamento degli stranieri. Tale obbligo sussiste nei confronti dello stato nazionale e la sua violazione, da luogo all'esercizio della protezione diplomatica da parte dello stato nazionale medesimo. Può ritenere che un obbligo di protezione del funzionario sussista nei confronti dell'organizzazione ma che questa possa agire sul piano internazionale nei confronti dello stato territoriale solo per il risarcimento dei danni ad essa arrecati (protezione funzionale) e non di quelli arrecati all'individuo in quanto tale ed ai suoi beni. Per questi ultimi danni è normalmente lo stato nazionale che agisce in protezione diplomatica. [CASO BERNADOTTE] nei limiti in cui gli stati stranieri sono immuni dalla giurisdizione civile dello stato territoriale, lo sono pure le organizzazioni internazionali. L'immunità delle organizzazioni dalla giurisdizione è stata ricavata per interpretazione.

Estensiva della norma sull'immunità degli stati, ma può considerarsi ad oggi come prevista da una norma consuetudinaria autonoma. Anche per le organizzazioni internazionali un problema è quello dell'immunità in tema di controversie di lavoro, anche in questo caso si assiste ad un'evoluzione necessaria per assicurare al lavoratore maggiore tutela rispetto al passato. L'evoluzione è nel senso che l'immunità è esclusa se l'organizzazione non ha, nel suo ordinamento interno, un organo di natura giudiziaria che offre tutte le garanzie di indipendenza e imparzialità al quale il lavoratore possa rivolgersi. Simili organi esistono nelle organizzazioni internazionali più importanti. Nelle N.U funziona un tribunale che giudica in primo grado, un tribunale del contenzioso amministrativo e un tribunale di appello. Nell'UE le controversie di lavoro sono di competenza di una apposita corte, il tribunale della funzione pubblica.

In materia di lavoro, è conditio sine qua non per il riconoscimento dell'immunità l'esistenza di rimedi alternativi da parte dell'organizzazione. DIRITTO INTERNAZIONALE MARITTIMO. La materia del diritto internazionale marittimo ha formato oggetto di due successive, importanti conferenze di codificazione, la conferenza di Ginevra del '58 e la terza conferenza delle N.U sul diritto del mare, tenutasi tra il '74 e l'82. La conferenza di Ginevra produsse 4 convenzioni ratificate da una 50ina di stati, quella sul mare territoriale e la zona contigua, quella sull'alto mare, quella sulla pesca e la conservazione delle risorse biologiche, quella sulla piattaforma continentale. Dalla seconda si è sviluppata una unica convenzione di 320 articoli firmata a montego bay il 10.12.82 entrata in vigore nel '94 integrata da un accordo applicativo che modifica la parte XI relativa al regime delle risorse sottomarine al di là dei limiti della giurisdizione nazionale. Con l'accordo applicativo,

La convenzione è entrata in vigore e ratificata fino ad ora da 160 paesi, tra cui Italia e non USA. Secondo l'articolo 311 par.1 della convenzione, questa sostituisce tra gli stati contraenti le quattro convenzioni di Ginevra del '58. Essa è riproduttiva del diritto consuetudinario. Per vari secoli, il diritto internazionale marittimo è stato dominato dal principio della libertà dei mari per cui il singolo stato non può impedire né intralciare l'uso degli spazi marini da parte di altri stati. Si è poi manifestata la pretesa degli stati ad assicurarsi un centro controllo delle acque adiacenti alle proprie coste. Dalla fine del 19 secolo, si è diffusa nella prassi la figura del mare territoriale come zona sottoposta in tutto e per tutto al regime del territorio dello stato. Gli anni successivi alla 2WW hanno visto poi un'estensione dei poteri dello stato costiero, con l'accettazione della dottrina enunciata da Truman nel

proclama del '45 in tema di piattaforma continentale, il quale reclamava agli USA il controllo e la giurisdizione sulle risorse della piattaforma, cioè di quella parte del fondo sottosuolo marino che costituisce il prolungamento della terra emersa e che si mantiene a profondità costante prima di precipitare negli abissi. Negli ultimi anni del secolo scorso, la prassi si è orientata a favore di un nuovo istituto, inizialmente propugnato dai paesi dell'America Latina e dei paesi in sviluppo, della ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA (ZEE) estesa fino a 200 miglia marine dalla costa: tutte o quasi le risorse della zona sono considerate di pertinenza dello stato costiero. MARE TERRITORIALE ZONA CONTIGUA. Il mare territoriale è, secondo il diritto internazionale consuetudinario, sottoposto alla sovranità dello stato costiero così come il territorio di terraferma. L'acquisto della sovranità è automatico, la sovranità esercitata sulla costa.implica la sovranità sul mare territoriale. L'art.2 della convenzione di Montego Bay stabilisce che la sovranità dello stato si estende ad una zona di mare adiacente alle coste denominata mare territoriale. Il mare territoriale, in base ad un principio consolidato e contenuto nella convenzione di Montego Bay (art.3) può estendersi fino ad un massimo di 12 miglia marine dalla costa. Secondo una dottrina formatasi nel periodo tra le guerre mondiali, estesa alla convenzione di Ginevra e poi a quella di Montego Bay, lo stato costiero avrebbe diritto di esercitare poteri di vigilanza doganale in una zona contigua al mare territoriale. L'art 33 della convenzione di Montego Bay dispone che lo stato costiero, in una zona contigua del suo mare territoriale, può esercitare il controllo necessario in vista: di prevenire la violazione delle proprie leggi doganali, fiscali, sanitarie o di immigrazione, di reprimere le violazioni delle leggi medesime qualora.sianostate commesse nel suo territorio o nel suo mare territoriale. L'art 33 dispone anche che la larghezzamassima della zona contigua è 24 miglia marine. Lo stato può fare tutto ciò che è necessario perprevenire e reprimere il contrabbando nelle acque adiacenti alle sue coste, la distanza dalla costa delluogo in cui la repressione avviene ha scarso significato, basta che non si tratti di una distanza taleda far perdere ogni idea di adiacenza. Deve sussistere un contatto tra la nave e la costa, costituitodal trasbordo delle merci di contrabbando della nave su imbarcazioni locali, dal fatto che il caricodebba sbarcare sul territorio dello stato costiero o ancora dalla particolare pericolosità sociale dellamerce (droga). Le misure consentite dal diritto consuetudinario sono sia preventive (visita eperquisizione) che repressive (cattura della nave, punizione equipaggio). Da quali punti della costasi misura la distanza delle 12 miglia? Questo

è il problema del limite interno o linea di base del mare territoriale. Il problema è oggetto di varie norme della convenzione di montego bay (art 5 e ss)le quali si ispirano ad una prassi consolidata alla quale diede l'avvio la sentenza della CIG nel 51 rispetto alla controversia tra UK e Norvegia a proposito delle pescherie norvegesi. L'art 5 della convenzione fissa il principio generale secondo cui la linea di base per la misurazione del mare territoriale è data dalla linea di bassa marea. L'art 7 riconosce la possibilità di derogare a siffatto principio ricorrendosi al sistema delle linee rette, la cui legittimità fu riconosciuta dalla CIG nel 51. Con il sistema delle linee rette, la linea di base del mare territoriale non è segnata seguendo le sinuosità della costa, ma congiungendo i punti sporgenti di questa o, nel caso vi siano corone di isole, congiungendo le estremità delle isole e degli scogli medesimi.

L'art 7 stabilisce che la linea dibase non deve discostarsi in misura apprezzabile dalla direzione generale della costa, che le acque situate all'interno della linea devono essere sufficientemente legate al dominio terrestre per essere sottoposte al regime delle acque interne e che, si può tenere conto per la determinazione di certe linee di base degli interessi economici delle regioni costiere, attestati da un lungo uso. Un'altra norma è quella dell'art 10 relativa alle baie. In base ai par. 4 e 5 dell'art 10, se la distanza fra i punti naturali d'entrata della baia non supera le 24 miglia, il mare territoriale viene misurato a partire dalla linea che congiunge detti punti e tutte le acque della baia sono considerate acque interne; se la distanza supera le 24 miglia può tracciarsi all'interno della baia una linea retta sempre di 24 miglia in modo tale da lasciare come acque interne la maggior superficie di mare possibile. L'art

10

Considera come baie solo le insenature che penetrino in profondità nella costa, ne consegue che golfi, baie ed altre insenature che abbiano una lunga linea di entrata e non presentino una profonda rientranza nella costa, non ricadono

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Publisher
A.A. 2021-2022
41 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gaiacar0 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Panella Carmela.