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CRIMINI CONTRO LA PACE (AGGRESSIONE)
Ci si chiede se il diritto internazionale consuetudinario contenga un principio di GIURISDIZIONE UNIVERSALE, nel senso che ogni Stato abbia la facoltà di procedere alla PUNIZIONE ovunque e da chiunque il crimine sia stato commesso. In base alla prassi si può ritenere che la giurisdizione universale sia da ammettere, per il diritto internazionale consuetudinario, ma a condizione che il presunto CRIMINALE STRANIERO si trovi nel territorio dello Stato al momento in cui deve essere sottoposto a giudizio e sempre che esso non sia richiesto dallo Stato nazionale oppure da uno Stato che abbia con il crimine un più stretto collegamento e sia intenzionato a punirlo.
Nelle convenzioni che si occupano di crimini internazionali è sancito il cd. principio AUT DEDERE AUT IUDICARE, secondo cui lo Stato che non vuole o non può procedere alla punizione del presunto criminale ha l'obbligo di CONSEGNARLO ad un altro Stato.
Che ne faccia richiesta e che sia competente a giudicarlo; lo Stato che non intende procedere alla consegna ha l'obbligo di prendere tutte le misure necessarie per instaurare il giudizio contro il presunto criminale e ciò appena possibile.
5. I LIMITI RELATIVI AI RAPPORTI ECONOMICI E SOCIALI. LA PROTEZIONE DELL'AMBIENTE
Il diritto internazionale economico è forse quello, tra i settori rientranti in passato nel dominio riservato degli Stati, in cui più di ogni altro la formazione di norme consuetudinarie è da escludersi, in quanto, si tratta di un settore dominato dalle norme convenzionali nonché dal soft law, ossia da moltissime raccomandazioni di organizzazioni internazionali, soprattutto dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
La libertà degli Stati in materia economica è limitata da numerosi accordi tendenti alla liberalizzazione del commercio internazionale, in particolare all'abbattimento degli ostacoli.
alla protezione dell'ambiente e alla tutela dei consumatori;E. Le clausole che disciplinano la LIBERA CIRCOLAZIONE dei servizi, garantendo la possibilità di prestare servizi in un altro Stato membro dell'accordo senza discriminazioni;F. Le clausole che promuovono la LIBERA CIRCOLAZIONE dei capitali, consentendo agli investitori di trasferire capitali e profitti tra gli Stati membri dell'accordo senza restrizioni. Il principio fondamentale alla base di queste clausole è quello della LIBERALIZZAZIONE degli scambi commerciali, che mira a favorire la crescita economica, l'efficienza e la competitività dei mercati. Tuttavia, è importante sottolineare che queste clausole possono essere soggette a limitazioni e deroghe, al fine di proteggere gli interessi nazionali e garantire il rispetto di norme e regolamenti specifici. In conclusione, le clausole contenute negli accordi commerciali sono strumenti fondamentali per promuovere la libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali, ma devono essere bilanciate con altre esigenze e considerazioni, al fine di garantire un commercio equo e sostenibile.della salute e della vita delle persone, nonché della vita degli animali e della preservazione delle piante. In tema di PROTEZIONE DELL'AMBIENTE vengono in rilievo i LIMITI alla LIBERTÀ DI SFRUTTAMENTO delle RISORSE naturali del territorio, onde ridurre i danni causati dalle ATTIVITÀ INQUINANTI o capaci di produrre irrimediabili DISTRUZIONI di RISORSE. Tale libertà costituisce uno dei contenuti più importanti della SOVRANITÀ TERRITORIALE. Lo Stato ha l'obbligo di evitare che il suo territorio venga utilizzato in modo da arrecare DANNO al territorio di altri Stati. In tal senso si pone un principio sancito dalla DICHIARAZIONE della CONFERENZA DI RIO sull'ambiente e lo sviluppo, del 1992, e secondo il quale: gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le loro RISORSE NATURALI conformemente alla loro politica sull'ambiente e hanno l'obbligo di assicurarsi che le attività esercitate entro i limiti delle loro
Sovranità o sotto il loro controllo non causino danni all'ambiente in altri Stati. Lo Stato, sul cui territorio si verificano gravi fenomeni di inquinamento, ha l'obbligo di informare gli altri Stati dell'imminente pericolo di incidenti e vi è l'obbligo per tutti gli Stati interessati di prendere di comune accordo misure preventive, o successive al verificarsi, del danno all'ambiente. La Dichiarazione di Rio del 1992 prevede il cd. principio "chi inquina paga", adottato in varie convenzioni internazionali, il quale stabilisce che, in caso di inquinamento causato da attività economiche, i costi di bonifica ambientale devono essere sostenuti da chi ne trae profitto. Tale principio mira a far sì che i costi delle attività inquinanti non ricadano sulla società nel suo complesso, ma vengono sottoposti agli operatori economici. Ci si chiede se lo Stato non sia addirittura obbligato dal diritto internazionale generale.
A gestire razionalmente le risorse del proprio secondo tre diversi principi:
A. Dello sviluppo sostenibile, ossia contemperando le esigenze del proprio sviluppo economico con quelle della tutela dell'ambiente;
B. Della responsabilità intergenerazionale, ossia salvaguardando le esigenze delle generazioni non solo presenti ma anche future;
C. Dell'approccio precauzionale, ossia evitando di invocare la mancanza di piene certezze scientifiche allo scopo di rinviare l'adozione di misure dirette a prevenire gravi danni all'ambiente.
La risposta, in assenza di sicuri dati della prassi, non può essere positiva, tuttavia, se si tiene conto di varie dichiarazioni e di altri atti non vincolanti internazionali, possiamo parlare di una linea di tendenza che va affermandosi in seno alla comunità internazionale.
Ricordiamo in tal ambito: la Convenzione di Vienna del 1985, completata dal Protocollo di Montreal del 1987, sulla protezione della fascia di ozono e
della conseguente riduzione dellaproduzione e del consumo delle sostanze che la provocano;- la CONVENZIONE QUADRO delle NazioniUnite sui cambiamenti climatici del 1992, seguita dal PROTOCOLLO DI KYOTO del 1997 sulle quote diriduzione delle emissioni di sostanze inquinanti (gas-serra) gravanti su ciascuno Stato contraente.
Il principio di carattere consuetudinario in tema di trattamento degli stranieri sancisce il cd. OBBLIGO DI PROTEZIONE da parte dello Stato territoriale: lo Stato è tenuto a predisporre misure idonee a PREVENIRE e a REPRIMERE le OFFESE contro la persona o i beni dello straniero.
Per quel che riguarda le misure REPRESSIVE, occorre che lo Stato disponga di un normale APPARATO GIURISDIZIONALE innanzi al quale lo straniero possa far valere le proprie pretese ed ottenere giustizia → Viene definito DINIEGO DI GIUSTIZIA la violazione dell'obbligo di protezione degli stranieri per MANCATO ACCESSO di essi all'apparato giudiziario dello Stato territoriale. È ovvio che tale illecito si ha quando la giustizia è negata per DIFETTO di ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA, tenuto conto, come modello, dell'amministrazione della giustizia predisposta da uno Stato medio.
Ciò detto, va anche aggiunto che la protezione della persona dello straniero assumeva un rilievo del
tuttoautonomo quando lo Stato era considerato libero da vincoli internazionali relativamente alla PROTEZIONE della persona del cittadino e dell'apolide, tale protezione rientrava, appunto, nella sfera del suo "DOMINIO RISERVATO". Essa può dirsi confluita oggi, almeno per quanto riguarda le violazioni gravi dei diritti umani, come tali vietate dal diritto consuetudinario, nella protezione accordata alla persona umana in quanto tale. Circa gli INVESTIMENTI STRANIERI, si tratta di fare una sintesi fra le posizioni dei Paesi in via di SVILUPPO, tendenzialmente favorevoli all'assoluta LIBERTÀ dello Stato territoriale, e le posizioni dei Paesi INDUSTRIALIZZATI, tendenzialmente favorevoli alla massima PROTEZIONE degli investimenti stranieri. Per il punto di vista dei primi, può farsi capo all'art. 2 della CARTA DEI DIRITTI E DEI DOVERI ECONOMICI degli Stati, secondo cui ogni Stato sarebbe LIBERO di disciplinare gli investimenti "in".conformità alle sue leggi e regolamenti ed alle priorità ed OBIETTIVI NAZIONALI di politica economica e sociale" e di adottare tutte le MISURE NECESSARIE affinché siffatta disciplina sia rispettata dagli stranieri, particolarmente dalle società multinazionali. Una simile regola, il cui scopo è chiaramente quello di evitare gli ABUSI perpetrati in passato in ordine allo sfruttamento delle risorse dei territori sottoposti a dominio coloniale o degli Stati più deboli, può anche essere considerata come l'attuale REGOLA GENERALE di diritto internazionale in materia di INVESTIMENTI, a patto però che la LIBERTÀ dello Stato, che essa sembra sancire senza alcun limite, non sia spinta al punto di negare un'equa ricompensa del capitale straniero. Il diritto internazionale consuetudinario non prevede limiti per quanto riguarda l'AMMISSIONE degli STRANIERI: questa materia è regolata dalla norma sullaSOVRANITÀ TERRITORIALE la quale comporta la libertà dello Stato di stabilire la propria politica nel campo dell'IMMIGRAZIONE, permanente o temporanea.