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RAPPORTO TRA NORME COGENTI E NORME ERGA OMNES
( fanno nascere obblighi verso tutta la comunità internazionale)
In caso di violazione di una norma istituita erga omnes gli stati
potranno ricorrere a contro misure nei suoi confronti. Tutti gli
stati possono chiedere allo Stato offensore di adempiere agli
obblighi di riparazione del danno morali e materiali. Tutti gli
stati possono adottare sanzioni. Es: conflitto russia-ukraina.
Lo ius cogens trova applicazione soprattutto in riferimento al
diritto dei trattati, quindi ha un effetto di tipo normativo,
mentre le norme erga omnes trovano applicazione nell’ambito
delle responsabilità e tutelano anche gli interessi internazionali
di uno stato. Tutelano interessi fondamentali di uno stato e
extrastatali.
IUS COGENS (TRECCANI)
Nel diritto internazionale il termine ius cogens indica un nucleo
di norme consuetudinarie a tutela dei valori fondamentali della
comunità internazionale nel suo insieme. Le uniche diposizioni
che si occupano espressamente di diritto cogente sono
contenute nella Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del
1969 e nel Progetto di Articoli sulla responsabilità
internazionale degli Stati del 2001. Nella prassi
giurisprudenziale sono rilevabili diversi approcci, non solo circa
l’individuazione delle norme cogenti, ma anche e soprattutto in
merito ai loro specifici effetti giuridici, a seconda che a
pronunciarsi siano giudici statali o internazionali, e tra questi
ultimi, a seconda delle loro rispettive competenze. È al fine di
contribuire a chiarire i contorni di un concetto ancora assai
controverso, quale è lo ius cogens, che la Commissione del
diritto internazionale ha deciso nel 2015 di includerne la
trattazione nei suoi lavori di codificazione e di sviluppo
progressivo del diritto internazionale.
Il termine ius cogens trae origine dal diritto romano nel cui
ambito indicava l’insieme dei principi dell’ordinamento
giuridico, non necessariamente fondamentali, ma nondimeno
ritenuti insuscettibili di deroga da parte dei consociati
attraverso accordi (ius publicum privatorum pactis mutari non
potest). Nel diritto internazionale sono considerate cogenti le
norme che, oltre ad essere vincolanti per tutti gli Stati, al pari di
qualsiasi altra norma di diritto consuetudinario (v.
Consuetudine), tutelano valori fondamentali della comunità
internazionale nel suo insieme. Benché non esista un
documento giuridicamente vincolante che stabilisca quali siano
nello specifico le norme appartenenti allo ius cogens, risulta da
una ormai diffusa prassi giurisprudenziale, nazionale ed
internazionale, che sono considerate tali il divieto della
minaccia e dell’uso della forza armata, il divieto di tortura e di
genocidio, di schiavitù, di discriminazione razziale e di
apartheid, nonché il principio di autodeterminazione dei popoli
e le norme fondamentali del diritto internazionale umanitario.
Sarebbero inoltre da considerarsi cogenti, secondo alcuni
autori, talune norme strutturali del diritto internazionale quale il
principio pacta sunt servanda, o disposizioni convenzionali
come l’art. 103 della Carta delle Nazioni Unite ai sensi del quale
gli obblighi previsti dalla Carta, ritenuti a tutela di valori
fondamentali della comunità internazionale, prevalgono su
eventuali accordi con essi incompatibili. Più controversa è la
questione delle conseguenze giuridiche deducibili dalla
violazione dello ius cogens. Nel diritto positivo la Convenzione
di Vienna del 23 maggio 1969 prevede l’inderogabilità
mediante trattati, mentre il Progetto di Articoli sulla
responsabilità internazionale degli Stati del 3 agosto 2001
sancisce l’inoperatività delle cause di esclusione dell’illecito
internazionale rispetto a violazioni di norme cogenti, nonché la
inviolabilità di queste ultime tramite il ricorso a contromisure.
Secondo la dottrina più diffusa, se da un lato la natura
imperativa di una determinata norma consuetudinaria avrebbe
l’effetto di renderla prevalente in caso di conflitto con altre
norme del diritto internazionale, siano esse di natura pattizia o
consuetudinaria, dall’altro, essa implicherebbe una serie di
conseguenze giuridiche non altrimenti deducibili dalla
violazione di una norma consuetudinaria ordinaria. L’idea
sottostante allo ius cogens è la sussistenza nell’ordinamento
giuridico internazionale di un nucleo di norme ‘supreme’ in
grado di imporsi sugli Stati a prescindere dalla loro volontà.
Mentre cioè le fonti ‘ordinarie’ del diritto internazionale,
riconducibili essenzialmente alle consuetudini e ai trattati,
nonché agli atti vincolanti delle Organizzazioni internazionali,
esistono se ed in quanto siano supportate dalla volontà degli
Stati di ritenerle applicabili nei rapporti inter se, lo ius cogens
costituirebbe una fonte ‘speciale’ del diritto internazionale nella
misura in cui la sua attuazione da parte dei giudici
prescinderebbe dalla volontà degli Stati di considerarle
applicabili nei loro rapporti reciproci, e si giustificherebbe
piuttosto per la necessità di tutelare valori fondamentali
condivisi a livello universale, e considerati radicati nella
coscienza e nella morale di qualsiasi comunità di individui. In
questo senso, il diritto cogente corrisponderebbe all’idea di un
diritto naturale o morale (o ‘costituzionale’) da ritenersi insito in
ogni ordinamento giuridico e da contrapporre al diritto positivo
identificabile con le norme volute e create dagli Stati al fine di
disciplinare i rapporti inter se. La gran parte della dottrina
tende a considerare il concetto di ius cogens sostanzialmente
coincidente con quello degli obblighi erga omnes, almeno per
quanto riguarda le fattispecie che ricadrebbero nelle due
categorie, benché non manchino dubbi sulla opportunità di una
simile sovrapposizione. Secondo la definizione introdotta dalla
Corte internazionale di giustizia nella sentenza Barcelona
Traction (Belgio c. Spagna) del 5 febbraio 1970, sarebbero
qualificabili come erga omnes gli obblighi assunti e dovuti da
ciascuno Stato nei confronti della comunità internazionale nel
suo complesso, in quanto volti a garantire il rispetto di norme
particolarmente importanti del diritto internazionale, quali il
divieto di tortura o di genocidio. La peculiare conseguenza
giuridica ad essi ascrivibile consisterebbe nella possibilità che a
far valere la loro violazione siano tutti gli Stati della comunità
internazionale e non, come avviene rispetto agli obblighi
assunti in base a rapporti di reciprocità, il solo Stato che ne
abbia subìto direttamente gli effetti.
LA CONSUETUDINE
consuetudine
La è la fonte primaria dell’ordinamento
internazionale tant’è che secondo la dottrina prevalente
la norma fondamentale è da ritenersi il postulato
consuetudo est servanda (la consuetudine è da
rispettare).
La consuetudine è l’unica fonte del diritto internazionale
erga omnes,
generale e pertanto valida cioè nei
confronti di tutti gli Stati, indipendentemente dall’aver
partecipato alla sua formazione.
consuetudine
Per s’intende un comportamento costante
ed uniforme, tenuto dalla generalità dei soggetti
internazionali, ripetuto nel tempo, con la convinzione
della obbligatorietà di tale comportamento.
In sostanza gli elementi costitutivi della consuetudine
sono essenzialmente due:
diuturnitas,
* ovvero la ripetizione di un determinato
comportamento nel tempo;
opinio iuris sive necessitatis,
* ovvero la convinzione
della obbligatorietà di tale comportamento.
A parte alcune consuetudini non derogabili perché
relative a principî fondamentali della comunità
internazionale, esse sono così flessibili da poter essere
derogate mediante accordi.
La consuetudine non è un atto ma un fatto giuridico.
(comportamento imposto dal sentimento giuridico)
Alcuni Stati possono sottrarsi all’obbligo di rispettare la norma
persistent objectors
consuetudinaria: si tratta dei cc.dd . La
Commissione di Diritto Internazionale nel più volte menzionato
Progetto del 2018 ha ritenuto plausibile che uno Stato possa
persistent objector
considerarsi solo se integra tre condizioni
stringenti:
1. contestazione da parte dello Stato deve essere
manifestata durante la formazione della consuetudine e
non quando la norma si sia già cristallizzata;
2. l’obiezione deve essere esplicita;
3. l’obiezione deve essere reiterata, coerente e senza
contraddizioni.
DEROGABILITA’ DELLE NORME CONSUETUDINARIE
È un diritto riconosciuto da tutti. La norma speciale prevale
sulla norma generale. Se due stati fanno un accordo tra loro,