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LA RILEVANZA GIURIDICA DEI MATRIMONI RELIGIOSI PRIVI DI EFFETTI CIVILI

Il matrimonio religioso non trascritto agli effetti civili, anche se collocato su un piano esterno rispetto all'ordinamento statuale, non può essere considerato come un fatto irrilevante sotto il profilo giuridico data la sua esistenza in un ordinamento giuridico diverso. Difatti, sono molteplici le conseguenze ad esso connesse, in ragione della sua idoneità ad istituire una forma di convivenza more uxorio contraddistinta dalla stabilità determinata dalla presenza del vincolo religioso, oltre che per la sua capacità a fornire un valido criterio di accertamento dell'appartenenza confessionale. Il relativo regime di tutela è stato rafforzato in seguito all'introduzione della l. 20 maggio 2016, n. 76 - Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze, le cui norme, nella parte relativa alle convivenze di fatto, sono

applicabili anche a favore di coloro che non intendano trascrivere il matrimonio religioso oppure non intendano celebrare un successivo matrimonio civile. Tra le novità introdotte con questo intervento legislativo, assume un rilievo significativo, ai fini della tutela di coloro che hanno celebrato un c.d. matrimonio di coscienza, il riconoscimento della possibilità di sottoscrivere un contratto di convivenza, la costituzione di una stabile convivenza connessa alla celebrazione di un matrimonio religioso, anche se non trascritto agli effetti civili, assumerà rilevanza anche ai fini della concessione del permesso di soggiorno, in quanto esula dal mero requisito della coabitazione, ben potendo esistere e prevalere la comunione spirituale e materiale tra i coniugi, anche in assenza della coabitazione nella stessa casa coniugale. L'esistenza di un matrimonio religioso dunque, non esaurisce i suoi effetti con la funzione certificativa della stabile convivenza matrimoniale.

Rappresentando anche un criterio di verifica dell'appartenenza confessionale dei coniugi. In merito a questo aspetto, la celebrazione di un matrimonio meramente religioso può assumere un rilievo determinante ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, qualora l'appartenenza confessionale del soggetto che chiede asilo, provata anche attraverso le certificazioni matrimoniali rilasciate dalla competente autorità ecclesiastica, costituisca il motivo della persecuzione personale del cittadino straniero nel rispettivo Paese di origine.

Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile Sentenza 20 gennaio 2014, n. 1096 (Efficacia retroattiva della rettifica dell'atto di matrimonio annotato nei registri dello stato civile): L'atto di matrimonio destinato a produrre effetti civili nell'ordinamento italiano a seguito della trascrizione nei registri dello stato civile è un atto unico a prescindere dalla particolare modalità di redazione in doppio originale.

Ai fini dell'accertamento del contenuto del negozio matrimoniale nella specie, l'opzione espressa dei coniugi per il regime di separazione dei beni ciò che conta è il valore documentale custodito presso la Parrocchia, per il quale rileva soltanto la sua esistenza ed è indifferente la sua destinazione. Va pertanto confermato la sentenza del giudice di merito, il quale ha disposto la rettifica dell'atto di matrimonio annotato nei registri dello stato civile, con efficacia retroattiva, mediante l'inserimento della clausola di scelta del regime patrimoniale documentata nell'originale iscritto nei registri parrocchiali.

Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile Sentenza n. 23725/2008, (Matrimonio canonico privo di effetti civili e risarcimento dei danni per morte del coniuge): Il diritto al risarcimento da fatto illecito concretatosi in un evento mortale deve essere riconosciuto (con riguardo sia al danno morale, sia al danno patrimoniale, che presuppone, peraltro,

La prova di uno stabile contributo economico apportato in vita dal defunto aldanneggiato) anche al convivente more uxorio del defunto stesso, quando risulticoncretamente dimostrata siffatta relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da unamutua assistenza morale e materiale, a qual fine non sono sufficienti né dichiarazioni rese dagliinteressati al fine di formazione di un atto di notorietà né le indicazioni dai medesimi forniti allapubblica amministrazione per fini anagrafici.

CAPITOLO X MATRIMONIO E PROCESSO TRA ORDINAMENTO STATALE E ORDINAMENTOCANONICO

10.1 LA RISERVA DI GIURISDIZIONE DEI TRIBUNALI ECCLESIASTICI: GENESI E SVILUPPO DI UNAQUESTIONE ANCORA APERTA

Il rapporto tra matrimonio e processo coinvolge in modo significativo il "nodo" concordatarioinerente la permanenza della riserva di giurisdizione dei tribunali ecclesiastici in materiamatrimoniale, il quale trae origine dalla sua mancata previsione nell'art. 8 dell'Accordo di VillaMadama.

ai sensi del cui art. 13 le disposizioni del Concordato non riprodotte nel testo dell'Accordo devono ritenersi abrogate. La disciplina concordataria del 1929 prevedeva, infatti, quale logico corollario della natura sacramentale del matrimonio canonico, il riconoscimento a favore dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici della competenza esclusiva circa le cause riguardanti la nullità del matrimonio canonico civilmente riconosciuto e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato. (art 34). Il riconoscimento della giurisdizione ecclesiastica in questa materia era comunemente considerato in linea con l'insegnamento del magistero pontificio sull'indissolubilità del sacramento matrimoniale. Pertanto, la riserva di giurisdizione ecclesiastica non originava un vulnus alla sovranità dello Stato e all'unità della sua giurisdizione, il cui intervento operava nel campo proprio degli effetti meramente civili. D'altra parte, anche la Corte Costituzionale,

anteriormente alla modifica del Concordato, si era espressa in tal senso.Nel considerare la riserva di giurisdizione uno dei cardini del previgente sistema matrimonialeconcordatario, la Corte sosteneva che, riconosciuta la compatibilità con il nuovo ordinamentocostituzionale di una deroga alla giurisdizione che sia razionalmente e politicamentegiustificabile, la deroga introdotta trovava appunto giustificazione nel complesso sistema che,riconoscendo effetti civili al matrimonio così come disciplinato dal diritto canonico, nonirrazionalmente devolveva ai tribunali ecclesiastici la cognizione delle cause di nullità delmatrimonio (sentenza 12 gennaio 1982, n. 18). Pertanto, la riserva di giurisdizione in favore deitribunali ecclesiastici delle cause di nullità dei matrimoni canonici trascritti agli effetti civili e laconnessa possibilità di rendere esecutive le sentenze dichiarative di tale nullità, sono stateritenute coerenti con l'impegno

Assunto dallo Stato di considerare il matrimonio, sorto nell'ambito dell'ordinamento canonico, quale presupposto cui attribuire gli effetti civili (sentenza 6 dicembre 1973, n. 176). La riforma del Concordato appare, invece, caratterizzata da un "silenzio" dispositivo circa la riserva di giurisdizione, generando un acceso dibattito dottrinale, che inevitabilmente ha coinvolto anche la giurisprudenza, al cui interno si è consumato uno scisma giurisprudenziale tra Corte di Cassazione e Corte Costituzionale. In merito, la Corte di Cassazione (sentenza 13 febbraio 1993, n. 1824) sostiene che l'Accordo di Villa Madama abbia abrogato la riserva di giurisdizione in favore dei tribunali ecclesiastici, i quali non sarebbero più l'unico organo competente a giudicare su tale materia, poiché anche il giudice italiano, qualora preventivamente adito, potrebbe pronunciarsi sulla domanda di nullità di un matrimonio canonico trascritto agli effetti civili.

civili. L'attuale normativa pattizia ha sostituito alla riserva un sistema di concorrenza tra giurisdizione statuale e giurisdizione ecclesiastica, ordinato dal criterio della prevenzione. Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile Ordinanza n.18647/2014 (Matrimonio concordatario, cessazione effetti civili, vincolo indissolubile): La convinzione religiosa in ordine all'indissolubilità del matrimonio non riguarda la cessazione degli effetti civili del medesimo, in quanto con essa il vincolo religioso non è messo in discussione venendo a cessare solo gli effetti civili della trascrizione del matrimonio contratto in forma concordataria nei registri dello stato civile. Ne consegue la manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dall'appellante dal momento che la legge statale non interferisce con il diritto della persona ad appartenere ad una formazione sociale, né lede la sovranità della Chiesa che ha

competenze esclusive solo in tema di matrimonio religioso. Dunque, secondo questo indirizzo, l'attuale normativa pattizia ha sostituito alla riserva un sistema di concorrenza tra giurisdizione statuale e giurisdizione ecclesiastica, ordinato dal criterio della prevenzione. In questa prospettiva, parte della dottrina ritiene che tale soluzione sia idonea a garantire pienamente il diritto di libertà religiosa, inteso anche come ius poenitendi, ossia come "possibilità per i coniugi di operare di nuovo una scelta di coscienza, in relazione alle loro mutate credenze, tra la giurisdizione ecclesiastica e la giurisdizione civile, cui sottoporre il giudizio sulla nullità del matrimonio contratto". A tale pronuncia ha replicato, nello stesso anno, la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 421/1993, sostenendo la permanenza della giurisdizione esclusiva dei tribunali ecclesiastici per le cause di nullità dei matrimoni canonici trascritti nei registri di stato civile,

la quale, anche se non espressamente prevista, deve ritenersi assunta, coerentemente con il supremo principio di laicità dello Stato, quale logico corollario del sistema matrimoniale delineato nell'Accordo di Villa Madama. Difatti, è nell'ordinamento canonico che il matrimonio trova il suo momento genetico. Ne consegue per il giudice delle leggi che la giurisdizione ecclesiastica esclusiva non sia venuta meno e vada ricondotta all'art. 8 il quale regola interamente la materia matrimoniale nei connessi aspetti sostanziali e processuali, attribuendo peraltro poteri più incisivi al giudice italiano in sede di delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità. Le argomentazioni poste a fondamento dell'orientamento della Corte Costituzionale possono essere raccolte intorno a due nuclei essenziali:

  1. il matrimonio religioso, validamente celebrato secondo la disciplina canonica, è assunto quale presupposto cui vengono collegati, con la trascrizione,
gli effetti civili, senza dar luogo ad una recezione della relativa disciplina da parte dell'ordinamento interno; b) se il negozio cui si attribuiscono effetti civili na
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SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Myra123 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ecclesiastico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Guarino Antonio.