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SEZIONE V – I BENI CULTURALI DI INTERESSE RELIGIOSO

Beni culturali di interesse religioso: definizione e panorama normativo

Il termine "bene culturale" ha oramai trovato una stabile collocazione all'interno dell'ordinamento giuridico italiano ed altrettanto possiamo dire per la maggiormente circoscritta dizione di "beni culturali di interesse religioso" con la quale si intende quella parte di essi che presentano una caratterizzazione religiosa.

A livello normativo, il d.lgs. 42/2004 (c.d. Codice Urbani) dopo aver affermato che il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici, precisa che "sono beni culturali le come immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoatropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà".

Viene, poi, proposta un'ampia elencazione con

L'individuazione di alcune categorie generali e speciali, tra le quali correttamente non viene proposta quella dei beni culturali di interesse religioso, cui il codice Urbani dedica l'intero art.9. Una scelta, questa, giustificata dalla considerazione che tutte le tipologie individuate possono assumere astrattamente la specificazione di interesse religioso.

Una volta accertata, con gli appositi strumenti indicati dal Codice Urbani, la qualificazione giuridica del bene come culturale, rimane aperta la questione della ulteriore verifica della sussistenza dell'interesse religioso.

Pare ragionevole ipotizzare un rinvio agli ordinamenti confessionali di volta in volta interessati: un ausilio proviene dalla l.222/85, art.16 lett.a) in tema di identificazione delle attività di religione o di culto, dovendosi ritenere che i beni culturali destinati allo svolgimento di queste ultime rivestano indubbiamente il carattere dell'interesse religioso.

Questione del tutto distinta

è quella legata all’assetto proprietario di tali beni, che possono appartenere tanto ad enti o istituzioni religiose, quanto a persone fisiche o enti pubblici o privati. Anche in questo settore possiamo rinvenire la varietà di fonti di natura unilaterale e pattizia tipica del diritto ecc., ma ruolo determinate viene giocato dalla ripartizione di competenze che la riforma costituzionale del 2001 ha proposto in tema di beni culturali.

Va, innanzitutto, sottolineata la presenza di un corposo complesso legislativo di natura internazionale in materia di beni culturali di interesse religioso:

a) Normativa internazionale:

  • Convenzione dell’Aja del 1954 sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato;
  • Protocollo addizionale I alla Convenzione di Ginevra del 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati, contenente una disposizione anche sulla protezione dei beni e dei luoghi di culto;
  • Convenzione UNESCO per la tutela del patrimonio culturale immateriale del 2003;

patrimonio culturale e naturale mondiale del 1972;

  • Convenzione UNIDROIT sui beni culturali rubati o illecitamente esportati del 1995.

b) Normativa nazionale unilaterale:

  • Artt. 9 e 117 Cost.
  • D.lgs. 42/2004 (Codice Urbani) => art.9
  • D.p.c.m. 171/2014
  • L.175/2005 (=> salvaguardia del patrimonio culturale ebraico)

c) Normativa pattizia:

  • Art.12 l.222/85
  • Diverse leggi di approvazione delle intese
  • D.p.r. 189/2000 di esecuzione dell'intesa fra il Ministro per i beni e le attività culturali e il presidente CEI relativa alla Conservazione e consultazione degli archivi di interesse storico e delle biblioteche degli enti e istituzioni ecclesiastiche
  • D.p.r. 78/2005 di esecuzione dell'intesa fra il Ministro per i beni e le attività culturali e il presidente CEI relativa alla tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche
  • Numerosi accordi sottoscritti dalle

Regioni con le relative Conferenze episcopali regionali e con alcuni organismi territoriali di altre confessioni religiose (es. Sicilia-UCEI).

Quanto alla questione della ripartizione delle competenze legislative in tema di beni culturali, è importante ricordare che l'art. 117 cost. ha riservato in via esclusiva allo Stato l'attività di tutela, dovendosi intendere per essa (art. 3 Codice Urbani) quella relativa all'individuazione, alla conservazione ed alla protezione di tali beni; mentre ha demandato alla competenza concorrente tra Stato e Regioni "la valorizzazione, la promozione e l'organizzazione delle attività culturali" ovvero di quelle "attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso".

L'art. 12 dell'Accordo di Villa Madama del 1984 e le intese di attuazione Tra le novità proposte

dell'Accordo di Villa Madama del 1984, una delle più significative è senza dubbio da rinvenire nell'art. 12. La norma, dedicata ai beni culturali di interesse religioso e alla collaborazione tra Italia e Santa Sede nella tutela e valorizzazione del patrimonio storico ed artistico, è composta di due numeri. Mentre il n.2 si occupa del tema dell'utilizzo, custodia, manutenzione e degli scavi delle catacombe cristiane, il n.1 dedica i suoi 3 commi alla collaborazione tra Stato e Chiesa Cattolica in tema di patrimonio culturale. Nel 1° comma afferma che "la Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio storico e artistico". Questo primo comma va letto in connessione con l'art.1 dell'Accordo di Villa Madama che sancisce il generale impegno ad un'azione comune per la promozione dell'uomo e del bene del paese; collaborazione che trova nella tutela del patrimonio storico artistico, unmomento esplicativo. La formulazione della norma induce a ritenere che la messa in opera di tale impegno, senza dubbio opportuna, non rivesta comunque carattere di obbligatorietà, quanto piuttosto assuma per entrambe le parti il senso di un modus operandi da rispettare, con lo scopo di far sì che le azioni individuali e concordate in tale ambito siano finalizzate al perseguimento del bene comune della tutela del patrimonio storico e artistico nazionale, impegno non limitato alla sola parte di interesse religioso; - nel 2° comma stabilisce che "al fine di armonizzare l'applicazione della legge italiana con le esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche". In esso è possibile intravedere quanto già stabilito dall'art.8 della l.1089/1939.

La nuova disposizione pattizia consente una tutela più ampia (da "cosedestinate al culto" si passa a "beni culturali di interesse religioso" e da "esigenze di culto" si passa a "esigenze di carattere religioso").

Inoltre il carattere pattizio dell'impegno vincola per il futuro lo Stato, che potrà sottrarsi ad esso solo attraverso una revisione dell'Accordo come stabilito dall'art. 7, c.2 cost.

Un impegno, è bene ricordarlo, limitato ai soli beni culturali "appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche" e posto a tutela del solo loro utilizzo per fini religiosi.

Ulteriore elemento innovativo va rinvenuto nella implicita previsione di una attuazione di quanto statuito attraverso un accordo di dettaglio => stipula dell'intesa tra il Ministro per i beni culturali ed ambientali e il presidente CEI nel 1996, intesa procedimentale e che ha chiarito non pochi problemi evidenziati nel tempo.

successivi sviluppi legislativi (riforma costituzionale + Codice Urbani) hanno indotto le Parti a rivedere gli impegni, con la predisposizione di una nuova intessa, recepita con d.p.r. 78/2005 (con disegno della mappa dei soggetti territorialmente competenti, le specifiche individuazioni in tema di inventariazione, catalogazione, collocazione, conservazione, sicurezza, accesso e visita, ecc..).- nel 3° comma dispone che "la conservazione e la consultazione degli archivi di interesse storico e delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese tra i competenti organi delle due Parti". Con tale comma si dà corso ad una esigenza fortemente sentita tanto da parte statale quanto da parte ecclesiastica, quella di prendere in considerazione una particolare tipologia di beni culturali: gli archivi storici e le biblioteche appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche. Di per sé la norma non è finalizzata allaprotezione di un interesse religioso, quanto piuttosto alla regolazione del libero accesso agli stessi. Non va comunque dimenticato che entrambi, particolarmente gli archivi, non mancano di assumere un chiaro significato religioso e che di ciò occorrerà di volta in volta tener conto. Il comma ha, poi, espressamente previsto una sua attuazione "sulla base di intese tra i competenti organi delle due Parti": impegno portato a termine con la stipula di un'intesa tra il Ministro per i beni e le attività culturali e il presidente CEI, recepita con d.p.r. 189/2000. La dottrina unanime non ha avuto dubbi nell'affermare che l'art. 12 non ha individuato nei beni culturali di interesse religioso una nuova res mixta, dettando semplicemente regole integrative e di attuazione della normativa unilaterale nazionale, considerazione che vale anche per le altre disposizioni contenute nelle intese con le confessioni religiose di minoranza. Rimane quindi integra la

Piena competenza dello Stato in questo settore oggi più che mai strategico anche per l'economia nazionale. La tutela del patrimonio culturale delle confessioni religiose con intesa.

Come per gran parte dei contenuti dell'Accordo di Villa Madama anche quello dei beni culturali di interesse religioso non ha mancato di influenzare la stesura delle successive intese stipulate con alcune confessioni religiose di minoranza.

Molte sono le differenze, che tendono ad attenuarsi nel caso dell'Intesa con l'UCEI.

In tutti i testi si è ribadito l'impegno alla collaborazione tra Stato e confessioni religiose per la tutela e la valorizzazione dei beni afferenti al patrimonio culturale.

Di tutte le intese, soltanto quelle Valdese, Luterana ed Ebraica fanno riferimento all'attuazione di tale impegno attraverso la costituzione di apposite commissioni miste, ma solo quella ebraica ne specifica le finalità, aggiunge

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
125 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Deiv99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ecclesiastico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Croce Marco.