LA CORNICE ISTITUZIONALE
I principi di attribuzione e di equilibrio istituzionale
Le istituzioni (PE, Consiglio, CE, Commissione, CGU, BCE, Corte dei Conti,) sono soggette al principio
di attribuzione, ossia devono agire nei limiti delle attribuzioni che sono loro conferite. Infatti è
prevista una sanzione per qualsiasi eventuale violazione di questa regola. Spetta alla CGU assicurare la
conservazione dell’equilibrio istituzionale e l’annullamento degli atti se non rispettano i principi.
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Il principio di equilibrio istituzionale impone l’obbligo di consultare il PE durante il procedimento
legislativo e l’obbligo di una nuova consultazione ogni volta che l’atto infine adottato sia diverso da
quello sul quale il PE sia già stato consultato.
Come già detto la ripartizione presuppone che l’attività ruoti intorno al principio di leale
cooperazione questo impone la correttezza dei rapporti interistituzionali anche per assicurare
il congruo svolgimento delle procedure decisionali dell’UE; ossia un’istituzione non può ritardare
ingiustificatamente o deliberatamente l’adozione di un atto, né adottarlo in violazione di un accordo
interistituzionale, poiché la consultazione di un’istituzione in modo difforme da quanto previsto dai
ab sustantiam.
trattati determina la nullità dell’atto per violazione delle forme prescritte
Il quadro normativo delle istituzioni è concepito affinché i singoli membri delle istituzioni
indipendenti (Parlamento Europeo, Commissione, BCE, CDG e Corte dei Conti) non esprimano
la volontà dei governi, essendo presenti nell’istituzione in posizione di autonomia. Le ultime riforme
hanno progressivamente valorizzato il ruolo del PE e mantenuto fermo quello della Commissione, si è
così prodotto un fenomeno di parlamentarizzazione del processo decisionale, che ha così
acquisito maggiore legittimazione democratica.
Con la sentenza Roquette Fréres è stato riconosciuto che l’intervento del PE è lo strumento che
consente a quest’ultimo l’effettiva partecipazione al processo legislativo dell’UE. Questo potere
costituisce un elemento fondamentale dell’equilibrio istituzionale, riflettendo un principale fondamento
della democrazia, secondo cui i popoli partecipano all’esercizio del potere tramite un’assemblea
rappresentativa.
Con il Trattato di Lisbona la ripartizione dei poteri tra PE e Consiglio si è ancor più equilibrata con
l’estensione della procedura legislativa ordinaria: il PE ha visto ampliate le sue potestà decisionali al
punto che ormai esercita, insieme al Consiglio, la funzione legislativa e di bilancio.
Riguardo la disciplina di bilancio vi è la novità che affranca il PE dalla subordinazione al Consiglio. Le
due istituzioni si pongono su un piano di parità, ma una priorità formale è riconosciuta al PE nella fase
finale dell’adozione dell’atto di bilancio poiché il Presidente del PE deve vagliare l’atto di adozione del
bilancio (310).
La duplice legittimazione democratica del sistema
In linea di principio, PE e Consiglio sono equiparati nel processo legislativo. Ciò riflette la duplice
legittimazione democratica su cui si fonda l’Ue: i cittadini dell’UE rappresentati al PE, i cittadini degli
SM rappresentati dai rispettivi governi in Consiglio e a loro volta democraticamente responsabili dinanzi
ai loro parlamenti nazionali o ai loro cittadini. (ART 10 TUE)
Anche i partiti politici a livello europeo contribuiscono al principio di democrazia, dato che esprimono la
volontà dei cittadini dell’Ue. L’Ue ha competenza a disciplinare lo statuto dei partiti politici europei e i
relativi finanziamenti secondo la procedura legislativa ordinaria. La regolamentazione della materia dei
partiti politici è affidata al regolamento 1141/2014 che ha una duplice finalità: rafforzare e consolidare
la formazione di partiti autenticamente transnazionali da un lato, e promuovere l’organizzazione fra
partiti dall’altro.
I partiti europei devono rispettare i valori di cui all’art 2 TUE anche se possono essere euroscettici e
poco favorevoli al processo di integrazione europea.
Il regolamento 1141/2014 definisce la procedura che un’alleanza politica deve seguire per ottenere il
riconoscimento di partito politico europeo: ottenuta la registrazione, al partito è conferita la personalità
giuridica europea che, a sua volta, conferisce la capacità giuridica in tutti gli SM ed è titolo per ottenere
finanziamenti.
Bisogna ricordare poi i mezzi di partecipazione democratica diretta di cittadini e associazioni
l’iniziativa ex parte populi
rappresentative, tra cui spicca promossa da un milione di cittadini europei
(ART 11 TUE).
Tuttavia, secondo alcuni, questi meccanismi di partecipazione democratica non risolvono la questione
del deficit democratico dell’Ue. Perciò nel tempo il quadro normativo si è arricchito da varie forme di
participatory governance (pubbliche consultazioni, dialogo delle istituzioni e organi con la società civile)
che hanno ricevuto consacrazione nei Trattati. Sono strumenti non irrilevanti che accrescono la
partecipazione alla vita democratica delle istituzioni.
Dunque, dotato dotato di legittimazione democratica diretta, il PE ha un ruolo primario nelle funzioni
legislative, di bilancio, di controllo sull’attività delegata e sull’attività esecutiva della Commissione. È il
PE che elegge il Presidente della Commissione a maggioranza dei membri che lo compongono. Si è
voluta così determinare una sorta di affinità politica tra maggioranza parlamentare e Presidenza della
Commissione e collegio dei commissari, poiché vi è la volontà del PE di istituire una relazione
privilegiata con la Commissione, tramite accordi interistituzionali siglati in genere all’inizio della
legislatura. Nella prassi istituzionale il ruolo della Commissione potrebbe esser compresso dal peso del
PE da un lato e del CE dall’altro, solo se caratterizzato da una minor leadership politica.
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La riforma di Lisbona ha anche consolidato il rilievo dei governi nel processo decisionale tramite
l’elevazione del CE a istituzione. Non ha poteri legislativi ma fissa obiettivi, linee strategiche,
orientamenti generali e detta scadenze temporali.
Vari fattori hanno contribuito ad accrescere il ruolo del CE:
1. La moltiplicazione dei vertici informali a livello di capi di stato e di governo, in
particolare per far fronte alla crisi economico finanziaria con nuovi strumenti (es. fondi di
salvataggio, rafforzamenti della governance economica ecc.). La codificazione nel Fiscal
Compact della prassi degli Euro Summit limitati ai capi di stato e di governo dell’area euro ne è
una prova.
2. L’idea sostenuta nel 2009 dall’allora Presidente dell’UE davanti al PE: secondo cui le grandi
iniziative politiche
rientrano nelle esclusive competenze dei capi di stato e di governo, poiché essi solo sarebbero
forniti della necessaria
legittimazione democratica su base nazionale.
L’influenza esterna sulle istituzioni politiche: l’attività di lobbying
Il sistema istituzionale dell’Ue è ricco di meccanismi che intendono comporre interessi di varia natura
nella produzione del diritto.
Uno degli esempi + significativi è dato dalla riconosciuta legittimazione dell’attività di lobbying, ossia
latu sensu
della rappresentazione degli interessi della società civile intesa (ONG, gruppi industriali,
associazioni di consumatori etc). Tale rappresentazione è considerata parte integrante del processo
democratico, infatti, i soggetti della società civile hanno svolto e continuano a svolgere un’intensa
attività di lobbying per influenzare il processo decisionale, parzialmente sul modello americano.
Tuttavia mentre il CE e il Consiglio si sono mostrati indisponibili alla relativa regolamentazione,
Commissione e PE hanno adottato un approccio diverso dovuto anche alla loro tradizionale apertura
alle attività di lobbying, ritenuta in principio legittima.
Le istituzioni sono chiamate ad aprirsi ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli
opportuni canali, per far conoscere e scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori
dell’azione dell’Ue.
Il PE, avendo una propria regolamentazione dell’attività lobbistica, aveva avviato nel 2008 un intenso
dialogo con la Commissione; l’invito era esteso anche al Consiglio ma è stato declinato da entrambi.
Sono stati avviati anche negoziati per creare un registro e un codice di condotta comuni per i
rappresentanti dei gruppi di interesse con l’obiettivo di istituire un quadro normativo maggiormente
strutturato per le attività dei lobbisti più trasparente. Il PE disponeva comunque di uno strumento
normativo quasi obbligatorio nella misura in cui il PE rilasciava i lasciapassare di accesso ai locali
dello stesso PE ai gruppi di interesse accreditati. Il rilascio era subordinato alla duplice condizione di
rispetto del codice di condotta e dell’iscrizione nel registro tenuto dai questori in PE. Il registro era a
disposizione del pubblico su richiesta.
Nel 2021 però PE, Commissione e Consiglio hanno concluso un accordo interistituzionale sul registro
per la trasparenza obbligatorio che regola le attività poste in essere dai lobbisti in grado di influenzare i
processi decisionali delle istituzioni. Per la prima volta il Consiglio si è unito alle altre due istituzioni.
Sono chiamate a registrarsi tutte le attività, svolte da organizzazioni e liberi professionisti dirette a
influenzare direttamente o indirettamente i processi decisionali dell’Ue inclusi, a certe condizioni, gli
intermediari che forniscono consulenza legale o altra prestazione professionale. Ai soggetti registrati
sono rilasciati i lasciapassare di accesso al PE.
Alcuni ambiti sono tuttavia esclusi, come le pubbliche autorità nazionali, i partiti politici, le parti sociali
(come i sindacati e le associazioni di datori di lavoro) in qualità di enti dotati di rilevanza istituzionale
cui PE e Commissione si rivolgono poiché parti del cd. dialogo sociale previsto dai Trattati.
Il codice di condotta è assunto quale parametro minimo di riferimento normativo ed è composto:
1. dalle attività che richiedono registrazione;
2. dai principi che presiedono alla relativa attività come apertura, trasparenza, onestà e integrità;
3. dal principio di rigorosa imparzialità, cui deve uniformarsi la Commissione nella valutazione
degli interessi lobbistici;
4. il dovere di identificazione veritiera degli enti e degli interessi, di fornire informazioni complete e
il divie
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