Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 159
Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 1 Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 159.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 159.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 159.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 159.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 159.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 159.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 159.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 159.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto del mercato del lavoro, Prof. Ciucciovino Silvia, libro consigliato Diritto del lavoro e sindacale , Esposito, Gaeta, Zoppoli Pag. 41
1 su 159
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

CATUC:

tempo indeterminato a tutele crescenti o

reintegrazione forte nulli

1) è assicurata la solo ai casi di licenziamenti o

discriminatori; reintegrazione debole

2) è assicurata la in alcune ipotesi di licenziamento per

giustificato motivo soggettivo o giusta causa. l'insussistenza del

Infatti, in tali casi se il lavoratore dimostra direttamente in giudizio

fatto materiale contestato, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore alla

reintegrazione.

Al riguardo sono previste due regole:

- la prima, consente al datore di addurre anche solo un fatto materiale, purché

esistente, per evitare sempre e comunque la reintegrazione (è previsto però che tale

fatto debba avere una pur minima rilevanza disciplinare e non può essere valutato

secondo principio di proporzionalità);

- la seconda regola necessita che l'insussistenza del fatto debba essere provata

direttamente dal lavoratore;

3) si esclude che possa esserci la reintegrazione nei casi di licenziamento per

giustificato motivo oggettivo e di licenziamento collettivi.

Le vere e proprie tutele crescenti consistono nelle modalità di calcolo dell'indennità

cui ha diritto il

lavoratore che viene licenziato con un atto affetto da vizi formali o sostanziali diversi

dalla discriminazione e che non determinano nullità dell'atto stesso per contrarietà a

norme di legge:

si tratta dei licenziamenti per giustificato motivo soggettivo e per giusta causa,

nonché dei licenziamenti economici dovuti a ragioni di organizzazione del lavoro e

attività produttiva.

In tali casi, se il lavoratore impugna nei termini il licenziamento e il giudice ne accerta

l'illegittimità, questi deve condannare il datore a pagare 1-2 mensilità dell' ultima

retribuzione di riferimento per ogni anno di servizio del lavoratore, a partire da un

minimo di 2/6 e fino ad un massimo di 12/36 (varia a seconda del vizio del

licenziamento).

La sanzione, dunque, ha una rigidità quantitativa che non consente di adattarla a

nessun elemento interno o esterno al contratto: il giudice dovrà solo fare una

moltiplicazione, senza alcun margine di discrezionalità.

In merito però è intervenuta la Corte Costituzionale che con la sentenza 194/2018 e

la sentenza 150/2020 con cui la Corte ha bocciato il legislatore del 2015 ritenendo

che determinare l’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato per

motivi sostanziali o procedurali sulla base della sola anzianità sia contrario ai

principi costituzionali di ragionevolezza e uguaglianza e alla tutela del lavoro ex art. 4

e 35 Cost.

A seguito di tale pronuncia, la determinazione dell'indennità è riaffidata ai giudici che

potranno adattare la sanzione sulla base di altri elementi, tenendo anche conto

dell'anzianità di servizio.

La riforma Renzi prevede anche la possibilità, per il datore che voglia evitare il

giudizio, di formulare una offerta di conciliazione, che consiste nella corresponsione

al lavoratore di una mensilità di retribuzione per ogni anno di anzianità (con un

minimo di 3 ed un massimo di 27), non assoggettata ad alcun onere fiscale o

contributivo.

Per le piccole imprese, la riforma del 2012 e quella del 2015 non cambiano il regime

sanzionatorio:

ai licenziamenti discriminatori o nulli si applica la reintegrazione piena, negli

altri casi di licenziamento illegittimo si applica la tutela obbligatoria che prevede

l'alternativa tra riassunzione e pagamento di una penale con indennizzo.

Rispetto alla disciplina degli oneri probatori, essa oggi è imperniata su 3 regole:

- spetta al datore provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di

licenziamento (art.2697 c.c.);

- è ammessa la prova presuntiva statistica per il licenziamento discriminatorio;

- l’inversione dell’onere della prova ai sensi dell’art.5 l.604/1966;

Quindi, per gli assunti con CATUC, spetta al lavoratore provare l'insussistenza del fatto

posto alla base del licenziamento.

10. La qualificazione del licenziamento e i relativi problemi esegetici: la nozione di

fatto nella l.92/2012 e nel d.lgs. 23/2015

Una insidia che risiede nella disciplina posta dalle Riforme Fornero-Renzi riguarda

l’interpretazione del temine “fatto”.

Esso va interpretato in considerazione dell’istituto giuridico cui la disposizione si

riferisce.:

-se si tratta di un licenziamento per giustificato motivo soggettivo (in cui si contesta

l’adempimento

contrattuale), fatto è un notevole inadempimento e non un mero comportamento;

-se si tratta di un fatto-infrazione disciplinare bisogna valutare se il comportamento

consista nel fatto

previsto dalla contrattazione e da essa sanzionato.

Anche la Corte di Cassazione ha chiarito che il termine fatto va inteso in senso

giuridico e non meramente materiale.

Bisogna poi anche considerare se il fatto deve essere colposo o doloso; se, in caso di

infrazione, deve essere proporzionato alla sanzione oppure il rinvio alla contrattazione

collettiva esclude la valutazione di proporzionalità.

Il legislatore del 2015 consente al datore di addurre anche solo un fatto materiale,

purché esistente, per evitare sempre la reintegrazione: ciò significa che qualsiasi fatto

realmente accaduto, anche di minima rilevanza disciplinare posto a base del

licenziamento, vale ad escludere la reintegrazione.

Per quanto riguarda il licenziamento economico invalido per manifesta

insussistenza del fatto: in tal caso il giudice non deve valutare il fatto materiale,

ma il fatto giuridico, ossia la manifesta insussistenza del giustificato motivo oggettivo.

Infine, vi è una netta separazione tra licenziamento discriminatorio e

licenziamento altrimenti motivato: il datore di lavoro deve trovare a fondamento

un fatto che abbia gli estremi di giustificato motivo/giusta causa; se il giudice non li

ritiene convincenti, non per questo il licenziamento diventa discriminatorio: il

lavoratore dovrà provare che esso sia determinato da uno dei fattori di

discriminazione vietati.

11. Ulteriori tratti di specialità della disciplina dei licenziamenti: i termini di decadenza

per l’impugnazione, la revoca e i residui cadi di libera recedibilità

Un elemento per la prima volta regolato dalla Riforma Fornero, e poi contenuto anche

nella Riforma Renzi, è la revoca del licenziamento: si riconosce al datore una sorte

di diritto al ripensamento rispetto al licenziamento, da esercitarsi entro 15 giorni dalla

comunicazione dell’impugnazione del licenziamento. È dunque fondamentale

l’intreccio dei termini di decadenza: il lavoratore può impugnare il licenziamento entro

60 giorni dalla sua comunicazione e ha poi 180 giorni dall’impugnazione per

depositare ricorso o richiesta di conciliazione o arbitrato.

Vi è un’area in cui è ammessa la libera recedibilità del datore di lavoro: posto

che anche in questi casi al licenziamento discriminatorio corrisponde la massima

sanzione della reintegrazione, il datore può liberamente licenziare i dirigenti per i

quali l’assenza di stabilità è compensata da una consistente tutela economica prevista

dai contratti collettivi quando il licenziamento è privo di

giustificazione.

Analogamente, per i lavoratori in prova, a patto che la prova è stipulata per iscritto

e abbia un termine max di 6 mesi, per gli apprendisti, per i lavoratori ultra60enni

che hanno maturato i requisiti pensionistici e per i lavoratori domestici.

12. I licenziamenti collettivi

I licenziamenti collettivi prevedono una disciplina legale specifica volta a realizzare un

bilanciamento di interessi in cui rilevano la tutela del lavoro come bene collettivo e la

libertà dell’imprenditore di ridimensionare l’organico.

Il licenziamento collettivo ricorre qualora:

1) i lavoratori da licenziare siano più di 5 in una unità produttiva nell’arco di 120

giorni;

2) il licenziamento è conseguenza di una riduzione/trasformazione/cessazione di

attività.

Sulla base di questi presupposti, i datori che occupino più di 15 dipendenti devono

rispettare una serie di obblighi procedurali e sostanziali, che valgono anche per le

imprese ammesse al trattamento straordinario di integrazione salariale se

risultano impossibilitate a garantire il reimpiego di lavoratori sospesi.

Difronte al licenziamento collettivo, il legislatore prevede un doppio controllo sulla

decisione datoriale da parte:

1) dei sindacati;

2) di organi amministrativi, se non si raggiunge l’accordo sindacale.

La procedura di controllo sindacale pone l’obbligo a carico del datore di fornire ad

organi aziendali (RSA/RSU) o extra-aziendali una serie di informazioni che permettano

la verifica sulle motivazioni, quantità e qualità dei lavoratori coinvolti, conseguenze

sociali ecc.

All’accordo sindacale si può giungere durante l’esame congiunto eventualmente

richiesto dalle

rappresentanze sindacali: esame congiunto ed accordo riguardano tutte le misure per

evitare o contenere i licenziamenti.

Se non è raggiunto l’accordo, è introdotto il controllo amministrativo, che poco

aggiunge in concreto a

quanto è possibile fare con la procedura sindacale: che sia raggiunto o meno

l’accordo, al termine della procedura l’impresa è libera di licenziare.

In caso di accordo, il controllo giudiziale è normalmente escluso sui presupposti

sostanziali del licenziamento: si parla al riguardo di licenziamento collettivo

acausale.

Assumono molta rilevanza i criteri di scelta del lavoratore da licenziare: questi

possono essere previsti dall’accordo sindacale; in mancanza, la scelta datoriale dovrà

ispirarsi a criteri legali, dando priorità a lavoratori :

1) con minori carichi familiari;

2) meno anziani;

3) più toccati dalle esigenze di riduzione del personale.

I limiti ai licenziamenti collettivi riguardano anche i dirigenti.

13. Segmentazione delle tutele: vecchi-nuovi assunti, imprese minori e lavoro

pubblico

La segmentazione delle tutele, cioè la differenziazione dei regimi protettivi rispetto a

diverse categorie di destinatari (per tipo contrattuale, dimensioni di impresa ecc.),

costituisce un problema per la disciplina del mercato del lavoro italiano.

Segmentazione di particolare rilievo si ha rispetto al lavoro pubblico: a seguito della

privatizzazione, ai rapporti di lavoro con le P.A. trovava applicazione la tutela

reintegratoria piena, anche per i dirigenti.

A partire dal 2017, è stato previsto che il licenziamento illegittimo è sempre

sanzionato con la reintegra nel posto di lavoro e il riconoscimento di un risarcimento

del danno commisu

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
159 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sara000 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del mercato del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Ciucciovino Silvia.