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Il licenziamento collettivo e la normativa
Il licenziamento collettivo si realizza quando viene interessata una pluralità di lavoratori in una durata limitata, e gli accordi interconfederali prevedono l'apertura di procedure e confronti con le organizzazioni sindacali. Questo circuito lavorativo mette in pista una differenza di regimi, procedure giuridiche. Tenendo conto di questo che accade dal '48 fino agli anni '60, capiamo perché nel '66 abbiamo una nuova legge, che va ad integrare gli art 2118 e 2119. Questa legge pesca nella storia del diritto del lavoro e si rifà agli accordi interconfederali però ha una portata molto più incisiva e costringe a fare i conti con la sua compatibilità con le norme del codice civile. Anche perché la legge ha un apparato sanzionatorio (di tipo indennitario) anch'esso in parte preso dagli accordi interconfederali. Concilia la norma codicistica con la disciplina che era venuta fuori dalla contrattazione collettiva. Che incidenza ha la normativa?costituzionale sulla disciplina del licenziamento? Alla vigiliadella legge del 66 era arrivato alla corte costituzionale un problema di compatibilità delregime codicistico con le norme costituzionali riguardanti il lavoro. È legittimo unlicenziamento del tutto libero e immotivato? Una sentenza del 65.La corte da una risposta sapendo che le norme del codice non fossero le sole, e sapendoquello che stava succedendo in Italia e nel mondo, e sottolinea che nella carta socialeeuropeo fossero state introdotte regole limitative del potere arbitrario di licenziare. Dice chele norme si ricollegano ai principi generali dei contratti però dice che è epiu veroconsiderando l’ordinamento internazionale e guardando cosa sta succedendo seocndo lacontrattazione collettiva c’è un altro principio: il licenziamento immotivato non è compatibilecon la tutela dei valori compresi nel contratto di lavoro. Non giudica in istituzioni i due articolidel codiceIl testo contiene un invito al legislatore a modificare il principio generale della liberarecedibilità con la tutela della persona. 26/04 "Alle reintegrazioni" = non abbiamo più solo la reintegrazione prevista dall'articolo 18, ma tre varianti di questo meccanismo reintegratorio, una la troviamo nell'art 18 ed è di applicazione generale, una nel decreto legislativo numero 23 del 2015 (perno del Jobs Act), si applicano ai contratti a tutele crescenti (contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato stipulati dopo il 7 marzo 2015), articolo 3 nel decreto legislativo 165 del 2001, riguarda i dipendenti delle PA. Nel 1970 avevamo una sola reintegrazione fino al 2012 quando è stato riformulato l'articolo 18, ora abbiamo 3 reintegrazioni. Disciplina sostanziale dei licenziamenti arriviamo a parlare delle norme del codice civile, 2118-2119, di cui della reintegrazione non c'è traccia, la sentenza della corte e la
legge numero 604 del 66. Il passaggio realizzato attraverso la legge del 66 è importante sia per la disciplina sostanziale del licenziamento sia per meccanismi sanzionatori; la legge introduce una serie di vincoli all'atto di recesso del datore di lavoro, demo aiuto anche dal punto di vista formale licenziamento e che non è più un atto unilaterale, recettizio, a forma libera e immotivata, ma diventa un atto unilaterale recettizio per il quale però vengono richiesti sia requisiti di forma che presupposti oggettivi, diciamo delle motivazioni. Il licenziamento cessa di essere arbitrario, le norme del codice vanno rilette alla luce dell'articolo 3 sapendo che mentre il codice civile è di generale applicazione, la legge 604 non si applica a tutti i rapporti di lavoro, non si appalti a ai dirigenti, ai lavoratori in prova prima che siano decorsi 6 mesi dall'inizio della prova, quelli che hanno marcato i requisiti per la pensione di
anzianità, resta il dubbio per gli apprendisti, ma soprattutto non si applica ai datori di lavoro che abbiano meno di 35 dipendenti. All'epoca non si applicava nemmeno ai dipendenti pubblici, poiché non era ancora stata estesa la disciplina del lavoro di impresa ai dipendenti pubblici, ciò accadrà dal 92-93.
Quali sono i vincoli formali e motivazionali? Quello formale è quello secondo cui mentre nel licenziamento il codice può essere anche verbale, con l'articolo 2 della legge 604 è richiesta la forma scritta, inoltre tale articolo introduce la necessità di comunicare al lavoratore le motivazioni, ma non automaticamente, su richiesta del lavoratore. Tuttavia a prescindere se la motivazione venga richiesta o meno, l'articolo 3 della legge 604 del 66 cosa ci dice? È una norma generica, dice che questo giustificato motivato si sdoppia, ha una sua articolazione intima, due bipartizioni che sono entrate nelle
categorie del diritto del lavoro con la terminazione di giustificato motivo soggettivo (perché riguarda il comportamento del lavoratore) e giustificato motivo oggettivo (ragioni inerenti all'attività produttiva, attiene all'impresa, alla produzione. Quando si motiva con una di queste ragioni non si ha specifico riguardo al comportò tanto del lavoratore, ma al contesto in cui la prestazione è inserita). Queste terminazioni erano già presenti negli accordi interconfederali, non le inventa il legislatore. Poi articolo 4 e 5. Articolo 4 introduce il licenziamento discriminatorio, nullo indipendentemente dalla motivazione adottata. Esso è un licenziamento che può essere anche motivato in maniera conforme all'articolo 3, ma ha un qualcosa in più, ha una sua natura discriminatoria, poiché la ragione determinante per procedere al licenziamento non è quella formalmente esplicitata, ma quella cheRientra tra quelle indicate all'articolo 4; c'è un fattore di discriminazione che diventa assorbente e per questo caratterizza l'atto come gravemente in contrasto con i principi e le regole del nostro diritto costituzionale ordinario, in questo caso il licenziamento è esplicitamente qualificato come nullo, mentre l'articolo 3 non lo ha qualificato, la qualificazione del vizio della mancanza di motivazione viene lasciato all'interprete. Nella legge 604 abbiamo una graduazione della gravità dei vizi che possono caratterizzare il licenziamento contra legem. La mancata motivazione o falsa motivazione produce un vizio diverso, si parla di vizio di annullabilità. Articolo 2 = prevede i vincoli di forma, forma scritta e comunicazione; poi leggiamo il comma 3 se non si osservano le disposizioni di cui al comma 1 e 2 il licenziamento è inefficace. Poi ci sono gli articoli 5 e 6. L'articolo 6 ci dice cosa? C'è
L'istituto della decadenza, c'è un ulteriore elemento il fatto che l'illicenziamento per quanto viziato è sottoposto a dei termini di decadenza, che però si collegano alla forma scritta, la decadenza è prevista anche nell'interesse dell'imprenditore. Questo vincolo della decadenza si lega alla forma, ma se questa forma non c'è, che regime dell'invalidità si applica? Perché l'articolo 2 parla di inefficacia, ma è un termine utilizzato ampiamente, ed impreciso, poiché non ci dà la dimensione del regime giuridico applicabile. Mentre nel caso di licenziamento annullabile, articolo 3, c'è la decadenza, nel caso di licenziamento orale, la decadenza non ci può essere, quindi il licenziamento orale si riconduce senza dubbio a quelli nulli. Nel caso del licenziamento discriminatorio, se in quel caso non viene firmato il licenziamento, equivale a uno senza forma.
Se c'è la comunicazione formale si fa valere l'articolo 6. Articolo 5 contiene un principio che è quello dell'inversione dell'onere della prova in materia di licenziamento, la disciplina dell'onere della prova è molto importante (l'attore è tenuto a provare gli elementi del suo ricorso); dunque il lavoratore che si rivolge al giudice sostenendo che il licenziamento è infondato ad esempio deve provare quello che sostiene.
Ma l'articolo 5 inverte l'onere della prova, e dice indipendentemente da chi agisce in giudizio è sul datore di lavoro che grava l'onere della prova. L'articolo 5 tocca anche la giusta causa. Rivoluzione copernicana della disciplina dei licenziamenti del diritto del lavoro italiano si realizza con questi articoli. La legge 604 prevede anche sanzioni nel caso in cui il licenziamento sia contrario a queste regole, sono contenute nell'articolo 8.
modificata da una legge del 90. Articolo 8= nella sua versione originaria non prevedeva assolutamente la reintegrazione, non c'è proprio nella legge, così come non c'era in nessun'altra norma dell'epoca, prevedeva l'riassunzione o in alternativa il pagamento di un'indennità / una penale / (alternativa rimessa al datore di lavoro). Ciò nel caso della violazione dell'articolo 3 (non 2 e 4). Questa normativa oggi è completamente modificata. RIASSUNZIONE NON È REINTEGRAZIONE. Per Riassunzione comunque si intendeva la condanna a stipulare ex novo il contratto di lavoro, era una nuova assunzione. Il licenziamento aveva comunque prodotto il suo effetto di estinguere il rapporto, il giudice constatava che la motivazione non c'era o era sbagliata e condannava il lavoratore a riassumere di nuovo il lavoratore. Negli anni 60 un processo del genere era un ordinario processo civile, molto lungo, potevano anche passare
anni. Solo nel 73 viene introdotto il nuovo processo del lavoro con un'accelerazione dei tempi. 40 Vincoli sostanziali = problema di fondo è il fatto che la legge del 66 introduce questa nozione nuova nel diritto legale, nel contratto di lavoro, che è il giustificato motivo, ma non per questo viene eliminata la giusta causa. La giusta causa resta una nozione distinta dal giustificato motivo, da precisare alla luce dell'articolo 2119 del codice civile. Il giustificato motivo è regolato dall'articolo 3 della legge 604, ma quando non c'era l'unica norma che ci dava indicazione su come doveva esser configurata una motivazione era l'articolo 2119, che diceva ''qualunque causa ...''. La nozione di licenziamento per giustificato motivo soggettivo è più puntuale di quella ''qualunque causa ...''. Dopo l'articolo 3 sappiamo che il lavoratore può essere
ssere un licenziamento con preavviso, il datore di lavoro deve riscontrare un notevole adempimento da parte del dipendente.