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C- LEGGE E AUTONOMIA COLLETTIVA
La regola: l'inderogabilità in peius della legge
Il contratto collettivo deve ritenersi gerarchicamente subordinato alla legge. Il legislatore costituzionale ha
affidato al legislatore ordinario il compito di provvedere alla tutela minima del lavoratore, non può essere
scalfita dalla contrattazione collettiva. Limite invalicabile a sfavore del lavoratore, valicabile invece a suo
vantaggio. Il giudice dichiara nulla la clausola collettiva difforme in peius rispetto alla previsione legale e la
considera sostituita di diritto, non può essere evitato con il contenuto compensativo di clausole migliorative,
si cumulano le clausole contrattuale migliorative con quelle previste dalla legge (criterio del cumulo).
Il contenuto del precetto legale in molti casi può essere individuato correttamente solo per mezzo del
contratto collettivo stesso, evitare valutazioni soggettive del giudice (es. nozione di equivalenza
professionale prevista per lo ius variandi).
Questo modello tra legge e contratto collettivo ha subito gli effetti di una duplice alterazione:
1- è andato diffondendosi il modello deregolativo, prevede espressamente la modifica in peius.
2- interventi legislativi che si sono posti come massimi invalicabili da parte della contrattazione collettiva
(massimi legislativi).
L'eccezione: il modello deregolativo e la possibilità di deroghe peggiorative ad opera della
contrattazione collettiva
Compito di individuare o modificare il precetto legale, da sola o in concorso con le valutazione di organismi
pubblici ( deregolazione controllata). Es: divieto di installazione di impianti audiovisivi e visite personali di
controllo, determinazione della retribuzione per il tfr, contratti di solidarietà etc. in tutti questi casi la
contrattazione collettiva conclusa da sindacati rappresentativi è legittimata a modificare le previsioni di legge.
Innovazione legislativa è quella dell'art. 8 della l 14 settembre 2011 (manovra per far fronte alla crisi
economica dell'estate 2011). Conferisce alla contrattazione aziendale la facoltà di derogare alle disposizioni
di legge, condizioni:
a) sottoscrizione di soggetti collettivi qualificati
b) approvazione a maggioranza
c) finalizzazione a esigenze specifiche e di particolare rilievo sociale
d) incidenza su specifici istituti e materie.
Il potere di deroga è vincolato al rispetto della costituzione, delle normative comunitarie ed internazionali.
La seconda eccezione. L'inderogabilità anche in melius: i cd tetti legislativi
Con la legislazione sul costo del lavoro è stata per la prima volta sancita l'inderogabilità in melius ad opera
dell'autonomia collettiva ed individuale. Al legislatore deve essere riconosciuta la potestà di imporre limiti
inderogabili alla contrattazione collettiva nel perseguimento di finalità di carattere pubblico, trascendenti
l'ambito nel quale si colloca la libertà di organizzazione sindacale e la corrispondente autonomia negoziale,
tutelate dall'art. 39 cos.
D- PROFILI ULTERIORI DI DISCIPLINA DEL CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE
L'efficacia nel tempo del contratto collettivo: ultrattività, retroattività, diritti quesiti.
La durata del contratto collettivo: protocollo del 1993, una durata di 4 anni per la parte normativa e di due
anni per quella economica. Modificato dall'accordo del 2009, durata triennale sia per la parte normativa che
per quella economica. Sei mesi prima della scadenza del contratto le parti si incontrano per avviare le
trattative per il rinnovo.
L'ultrattività del contratto collettivo: non è raro che la trattativa si prolunghi oltre la durata. Quando scade il
termine apposto, il contratto perde la sua efficacia e cessa di conformare il contenuto degli accordi
individuali. Viene negata l'applicazione dell'art. 2074 sull'ultattività. Sono dunque i contratti collettivi stessi a
prevedere espressamente l'ultrattività, anche nel caso di disdetta. Un problema si è posto per il rinnovo solo
di alcune organizzazioni nel dissenso di altre firmatarie del contratto collettivo scaduto. Il sindacato
dissenziente ha sostenuto che non vale a sostituire il precedente che resta in vigore per la prevista clausola
di ultrattività. Questa tesi però non sembra prevalente, che un nuovo contratto faccia esaurire la clausola e il
vecchio contratto cessa il proprio effetto.
La retroattività del contratto collettivo: la giurisprudenza ritiene inapplicabile l'art. 11 delle preleggi secondo
cui i contratti collettivi di lavoro possono stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla pubblicazione,
purchè non preceda quella della stipulazione. Quindi ammette che al contratto collettivo possa darsi efficacia
retroattiva.
Questione dei diritti quesiti: il contratto collettivo può disporre retroattivamente anche a danno del lavoratore,
con il solo limite dei diritti quesiti, ovvero di quei diritti che sono già entrati a far parte del patrimonio
individuale del lavoratore, per effetto della precedente disciplina collettiva. Intangibile non è la disciplina, ma i
diritti maturati dal lavoratore per la prestazione già realizzata.
Interpretazione e recesso
Dalla natura privatistica del contratto collettivo discendono una serie di conseguenze:
a) interpretazione del contratto collettivo: interpretato secondo i criteri previsti per i contratti e non per
l'interpretazione della legge.
b) ricorso per cassazione: fino al 2006 non era ammissibile il ricorso per violazione o falsa applicazione del
contratto collettivo. Introdotta con la riforma del codice di procedura civile.
c) allegazione e produzione in giudizio del contratto collettivo: non trova applicazione il principio secondo cui
il giudice ha diretta conoscenza dei testi di legge. Tuttavia il giudice può richiederlo alle associazioni
sindacali il contratto applicabile al rapporto.
d) contratto collettivo e principio di uguaglianza: non ci sono norme che fondano un principio generale di
parità di trattamento, salvi i limiti derivanti da divieti espressamente posti dal legislatore.
e) recesso dal contratto collettivo: per i contratti a tempo indeterminato deve sempre ammettersi la facoltà di
recesso unilaterale. Per quelli a durata determinata non è ammessa la risoluzione unilaterale, ma sono
ammesse modificazioni consensuali. Opera comunque la disdetta, manifestazione di volontà portata a
conoscenza della controparte tre mesi prima, con cui evitare il rinnovo del contratto.
e) forma del contratto collettivo: mancando ogni disposizione in merito, vale il principio di libertà della forma.
L'efficacia obbligatoria del contratto collettivo
Efficacia obbligatoria nei confronti dei soggetti che lo stipulano.
La dottrina fa discendere dalla stipulazione del contratto il dovere di influenza, ovvero il dovere dei sindacati
stipulanti di influire sugli associati affinchè osservino la parte normativa del contratto stesso. Contenuto più
politico che giuridico, difficoltà di collegare conseguenze di ordine risarcitorio.
obbligo esplicito di pace sindacale
in dottrina si è fatta distinzione tra obbligo relativo di tregua, solo per le materie regolate dal contratto, ed
obbligo assoluto di tregua, esteso anche alle materie estranee al contratto. Può essere accompagnato da
una esplicita sanzione per il caso di violazione della tregua.
Un tentativo di valorizzazione degli obblighi di pace è contenuto nell'accordo del 1993.
obbligo esplicito di tregua per il periodo del rinnovo del contratto (4 mesi). L'introduzione di una
sanzione economica costituisce una novità per il nostro sistema sindacale.
Predeterminazione della durata dei contratti
oltre alle clausole di rinvio e di pace sindacale ne sono previste altre con cui i sindacati assumono reciproci
impegni:
1- clausole istituzionali: costituzioni di organismi con finalità diverse es. costituzione di rappresentanze
sindacali unitarie.
2- clausole di amministrazione del contratto: risoluzioni delle controversie circa l'interpretazione e
l'applicazione (arbitrato)
3- clausole sulla competenza dei vari livelli
E- ALTRI TIPI DI CONTRATTO COLLETTIVO
i contratti corporativi rimasti in vigore
E' escluso che i contratti collettivi avessero una superiorità di rango rispetto a quelli di diritto comune. La
disciplina del contratto corporativo deve essere sostituita da quella di diritto comune applicabile al rapporto di
lavoro. La giurisprudenza ha continuato a considerare i contratti collettivi rimasti in vigore come fonti del
diritto in senso proprio. Qualora il giudice accerti l'inapplicabilità del contratto di diritto comune deve
applicare quello corporativo in quanto avente valore di norma giuridica.
Contratti collettivi recepiti in decreto
effettuata con la legge delega del 1959. una sola reiterazione della delega toglie alla legge i caratteri della
transitorietà e dell'eccezionalità e finisce col sostituire al sistema costituzionale un altro sistema
arbitrariamente costituito dal legislatore e dunque illegittimo. L'estensione erga omnes dell'obbligatorietà del
contratto collettivo lascia immutata la natura propria dei patti contrattuali estesi e non vale come diretta
legiferazione.
La giurisprudenza continua a considerare i decreti legislativi come atti aventi forza di legge, vanno
interpretati secondo la legge e non i contratti. Alle norme contenute nei decreti si può derogare sia con
accordi collettivi che individuali, soltanto a favore dei lavoratori.
Contratto collettivo ed usi aziendali
ossia comportamenti tenuti di fatto dal datore di lavoro con apprezzabile continuità o reiterazione nei riguardi
dell'intero personale o di settori più o meno ampi dello stesso.
Qualora venissero ricondotti agli usi normativi, si dovrebbe riconoscere loro un rango sovraordinato rispetto
ai contratti collettivi privatistici. La giurisprudenza ha affermato che difficilmente una prassi possa rispondere
ai requisiti degli usi normativi, deve esserci la convinzione che sia obbligatoria.
La giurisprudenza li ha ricondotti agli usi contrattuali, ovvero proposte contrattuali ai singoli lavoratori e da
essi tacitamente accettate o equiparandole ad accordi collettivi aziendali.
CAPITOLO UNDICI
IL CONTRATTO COLLETTIVO NEL PUBBLICO IMPIEGO
Una riforma ventennale: la c.d. Privatizzazione del pubblico impiego
fino agli inizi degli anni sessanta il trattamento regolativo del pubblico impiego era determinato unicamente
per legge o per regolamento. Era la stagione delle leggine che creavano una giungla normativa e retributiva,
da cui le confederazioni cercheranno di uscirne con un recepimento del metodo contrattuale praticato nel
settore privato.
Legge quadro n. 93/1983: Questo processo trovò il suo sbocco nella legge 29 marzo del 1983, legge quadro
sul pubblico impiego.