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SEZIONE II: L'OBBLIGAZIONE DI SICUREZZA

Altro obbligo posto in capo al datore di lavoro, oltre a quello retributivo, è l'obbligo di sicurezza, previsto all'art 2087, che consiste nel dovere di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore dai possibili rischi derivanti dall'esecuzione della prestazione.

L'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore sono beni protetti costituzionalmente da diverse norme, in particolare: l'art 32 sul diritto fondamentale alla salute e l'art 41 che visualizza come limite alla libera iniziativa economica privata la sicurezza e la dignità umana. Inoltre, il diritto all'integrità psico-fisica del lavoratore è previsto anche dalla carta dei diritti fondamentali dell'UE all'art 31.

La legislazione speciale: dall'art. 9 St. lav. al Testo Unico, d. lgvo. n.81 del 2008

L'art 2087

è estremamente generico, il che da un lato permette un costante adattamento della normativa ai rinnovati standard di sicurezza, ma dall'altro richiede una costante specificazione del contenuto di tale obbligo da parte di apposite leggi.

Inizialmente il tema della salute e sicurezza sul luogo di lavoro era affrontato in ottica indennitaria, cioè nell'ottica di riparazione dell'evento dannoso, piuttosto che su quella di prevenzione del rischio, il che si spiega per l'iniziale debole presenza sindacale in azienda.

Con lo statuto dei lavoratori, introdotto con legge 300 del 1970, l'attenzione si è spostata sul profilo della prevenzione del rischio riempiendo l'art 2087 di un contenuto più conforme al dettato costituzionale. In particolare, l'art 8 st. lav. riconosce ai lavoratori il diritto di controllare tramite apposite rappresentanze l'applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza e di promuovere l'elaborazione di

  • Ulteriori misure: si tratta di un modello partecipato di sicurezza.
  • L'attuale disciplina della materia si trova nel d.lgs 81 del 2008, c.d. testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con cui si è proceduto a una razionalizzazione della materia, abrogando la normativa precedente.
  • Il testo unico si applica a tutti i lavoratori, subordinati e autonomi, ma anche ai soggetti a essi equiparati, come stagisti, studenti e lavoratori impegnati in lavori socialmente utili, e a tutti i datori di lavoro, nozione che ai fini di questa legge si estende anche ai c.d. preposti, cioè coloro che hanno la responsabilità della tutela del lavoratore.
  • Il testo unico ripartisce il precetto normativo dell'art 2087 in 3 momenti fondamentali: programmazione della sicurezza, procedimentalizzazione degli obblighi e partecipazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti, dando quindi attuazione a quel modello di sicurezza partecipata prospettato dall'art 8 st lav.
in particolare si prevede: obbligo per il datore di lavoro di fare una valutazione dei rischi connessi all'esecuzione dell'attività lavorativa, attraverso la redazione di un apposito documento di valutazione dei rischi (DVR). Si prevede la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, organo di natura sindacale eletto o scelto dai lavoratori nell'ambito delle RSA, a cui spettano poteri di proposta e consultazione. Si prevede poi il coinvolgimento diretto dei lavoratori, che sono soggetti a determinati obblighi: osservare le misure di igiene e sicurezza adottate in azienda, segnalare eventuale mancanza del sistema di prevenzione, sottoporsi a controlli sanitari. La violazione di questi obblighi fa sorgere responsabilità disciplinare. Dopo l'adozione del testo unico, ci si chiede se residui un margine di applicazione dell'art 2087 o se gli obblighi del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza siano esauriti da quelli espressamente previsti.

Previsti dalla legge. Secondo la giurisprudenza, l'art 2087 esprime il principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile, in base a cui il datore di lavoro è chiamato a attuare tutte le applicazioni tecnologiche e tutti gli accorgimenti organizzativi che vengono generalmente adottati in quel settore per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori. Di conseguenza l'obbligo di sicurezza in capo al datore di lavoro può dirsi violato, non solo quando questi non osservi le misure tassativamente previste dalla legge, ma anche quando non attua quelle misure generalmente adottate nel settore di appartenenza, che pur non essendo espressamente previste, sono comunque necessarie per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Dunque, l'art 2087 funge da disposizione di chiusura del sistema.

OBBLIGO DI SICUREZZA E RISCHIO DI CONTAGIO DA COVID-19
Vige per il datore di lavoro l'obbligo di adottare le misure idonee a eliminare o ridurre la diffusione dell'infezione.

A tal proposito oltre all'art.2087 sono stati introdotti dei Protocolli. Quindi ai fini della tutela contro il rischio di contagio da Covid-19 i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'art.2087 mediante l'applicazione dei Protocolli e delle altre previsioni speciali espressamente richiamate dall'art.1, co.14 del d.l. 33 del 2020. Anche la giurisprudenza nell'applicazione dell'art.2087 ricollega la responsabilità del datore di lavoro alla "massima sicurezza tecnologicamente possibile". Ci si è chiesti se la vaccinazione che rappresenta lo strumento più efficace contro la diffusione del virus possa essere considerata una misura di sicurezza e possa perciò essere imposta dal datore di lavoro ai propri dipendenti. Sono state quindi prospettate diverse conseguenze sul piano del rapporto di lavoro, del rifiuto di sottoporsi alla vaccinazione, anche in funzione della professione delle mansioni.

esercitate dal lavoratore. La delicatezza della questione ha indotto il legislatore a intervenire espressamente nel settore cruciale della sanità. Il d.l. n.44/2021 ha introdotto per gli esercenti professioni sanitarie e per gli operatori di interesse sanitario l'obbligo di vaccinazione, al cui assolvimento è subordinato l'esercizio della professione e lo svolgimento della prestazione lavorativa da parte di soggetti interessati. L'inosservanza di tale dovere provoca la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni e mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano il rischio di diffusione del contagio. Il datore di lavoro, ricevuta la comunicazione della sospensione, deve adibire il lavoratore a mansioni diverse, eventualmente inferiori, e che comunque non implicano il rischio di diffusione del contagio. L'obbligo vaccinale è escluso nei confronti dei lavoratori fragili. Ad oggi, la previsione di un obbligo vaccinale sembra essere sostituita

dall'obbligo di presentazione del Green pass che ha lo stesso obiettivo di garantire la sicurezza e la salute all'interno dei luoghi di lavoro. L'obbligo della certificazione verde è stato poi ulteriormente esteso a tutti i lavoratori dei settori pubblico e privato, inclusi i soggetti che svolgono a qualunque titolo la propria attività lavorativa o di formazione di volontariato all'interno dei medesimi luoghi di lavoro presso la stessa amministrazione. Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali La tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori è garantita anche sul piano previdenziale, con la previsione di una assicurazione sociale obbligatoria contro infortuni e malattie professionali gestita dall'INAIL, la quale trova fondamento all'art. 38 co.2 cost. La previsione di questo obbligo ha lo scopo di indennizzare i lavoratori da pregiudizi alla loro salute derivati dall'esecuzione della prestazione lavorativa.

Aprescindere dalla colpa del datore di lavoro. Infatti, nell'ambito di applicazione dell'assicurazione sociale obbligatoria, il datore di lavoro è esonerato dalla responsabilità civile per infortunio o malattia professionale, a meno che il fatto da cui conseguono non costituisca reato e sia intervenuta una condanna penale a suo carico: in questo caso l'INAIL ha diritto di regresso nei confronti del datore di lavoro per una somma pari alle prestazioni erogate al lavoratore, e il lavoratore può chiedere al datore di lavoro il risarcimento del danno differenziale, cioè eccedente l'importo erogato dall'INAIL.

In particolare, sono indennizzabili dall'INAIL:

  • Inizialmente si riteneva indennizzabile solo il danno patrimoniale, consistente nella perdita della capacità lavorativa.
  • Successivamente si è ritenuto indennizzabile in certe ipotesi anche il danno non patrimoniale, prima a livello giurisprudenziale poi a livello legislativo.
il problema era che l'art. 2059 cc prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale nei soli casi previsti dalla legge: la giurisprudenza ha fatto una interpretazione costituzionalmente orientata di tale norma, ammettendo la risarcibilità del danno non patrimoniale nei casi in cui il danno consistesse nella lesione di diritti inviolabili della persona tutelati dalla costituzione. Sulla base di questo la giurisprudenza ha ammesso in primis la risarcibilità del danno biologico, cioè consistente nella lesione dell'integrità psico-fisica suscettibile di accertamento medico-legale, in quanto tale danno consegue alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto quale il diritto alla salute (art. 32 cost). Per lo stesso motivo si è ammessa anche la risarcibilità del danno esistenziale, inteso come pregiudizio alle attività realizzatrici della persona. Questo ha permesso di valorizzare nella lettura dell'art. 2087 il riferimento alla

"persona morale" del lavoratore, facendo rientrare nella tutela assicurativa anche: il danno da demansionamento e il mobbing. Il mobbing consiste in una serie di comportamenti persecutori posti in essere contro il lavoratore da cui consegua per quest'ultimo l'emarginazione dal gruppo o la mortificazione morale.

Di fronte alla molteplicità di comportamenti in astratto che potevano integrare la fattispecie, la giurisprudenza ha elaborato degli indici di riconoscimento, che sono:

  • Molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, posti in essere in maniera sistematica e prolungata contro il lavoratore.
  • Lesione dell'integrità psico-fisica o della personalità del lavoratore.
  • Nesso di causalità tra i comportamenti e il danno.
  • Sussistenza dell'elemento soggettivo cioè l'intento persecutorio. In particolare, il mobbing può essere verticale (se

posto in esser

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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher hdfhjdjhdjdfkj di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Topo Adriana.