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CAPITOLO 24 – RAPPORTO DI LAVORO E OBBLIGHI DI TRASPARENZA.

La direttiva UE n.2019/1152 e il decreto c.d. trasparenza.

Con il d.lgs. 27 giugno 2022, n. 104 il legislatore ha dato attuazione alla direttiva UE n.

2019/1152, in materia di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili. La nuova normativa

trova applicazione in particolare: ai rapporti di lavoro privati e ai rapporti di lavoro alle

dipendenze della pubblica amministrazione; alle prestazioni occasionali, alle collaborazioni

etero-organizzate di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 e alle collaborazioni coordinate e

continuative di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c. Sono esclusi dall’ambito applicativo delle nuove

disposizioni non solo i lavoratori autonomi puri, ma anche i contratti di lavoro autonomo

sportivo, purché non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, i contratti

di durata molto breve, i rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e, infine, il

lavoro nell’impresa familiare.

La nuova normativa ha lo scopo di ampliare e rendere più attuali gli obblighi informativi

precedentemente introdotti dalla direttiva 91/533/CEE, recepita nel nostro ordinamento

attraverso il d.lgs. n. 152 del 1997, relativa all’obbligo del datore di lavoro di informare il

lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, modificando in parte

il d.lgs. attuativo, che resta ancora oggi la normativa di riferimento.

Il nuovo intervento del legislatore europeo introduce nuovi obblighi informativi che il datore di

lavoro deve osservare al momento dell’assunzione nonché le prescrizioni minime che devono

essere garantite. L’obiettivo è quello di «migliorare le condizioni di lavoro promuovendo

un’occupazione più trasparente e prevedibile» tenendo presente l’evoluzione del mercato del

lavoro e la diffusione di nuove modalità di esecuzione della prestazione dell’attività lavorativa.

La direttiva e il decreto attuativo mirano, infatti, da un lato ad estendere i diritti di

informazione sugli elementi essenziali del rapporto e, dall’altro, ad introdurre prescrizioni

minime relative alle condizioni di lavoro consentendo a tutti i lavoratori di conoscere il tipo di

contratto che stanno sottoscrivendo e a quali condizioni sono ingaggiati. Tuttavia, i diritti di

informazione e le prescrizioni minime non sono sovrapponibili.

Con i primi si vuole garantire l’accesso dei lavoratori alle informazioni riguardanti gli elementi

essenziali del contratto e le condizioni applicabili al rapporto di lavoro, per diminuire

l’asimmetria contrattuale tra datore di lavoro e lavoratore, sia al momento dell’assunzione

che nel corso del rapporto. In particolare, i diritti di informazione realizzano l’obiettivo della

“trasparenza” in relazione agli elementi del rapporto di lavoro individuati dalla direttiva.

Questi elementi non riguardano solo le condizioni applicabili al rapporto, ma anche alcuni

elementi costitutivi dello stesso (ad es. la forma scritta ab substantiam nel contratto a

termine e l’indicazione del termine e delle causali). L’obbligo di informazione però non

condiziona la libertà delle parti di determinare il contenuto delle condizioni applicabili al

rapporto di lavoro, né incide sulla modificabilità di tali condizioni durante lo svolgimento dello

stesso.

Con le prescrizioni minime, invece, il legislatore individua ed impone alcune condizioni che

devono essere direttamente applicate nel rapporto di lavoro e che non possono essere

derogate in pejus da parte dell’autonomia negoziale, né in fase di instaurazione del rapporto,

né tantomeno durante la sua esecuzione. La nuova normativa si applica ai rapporti di lavoro

instaurati a partire dal 13 agosto 2022.

I nuovi obblighi informativi.

L’art. 4 del d.lgs. n. 104 del 2022 che il contratto di lavoro debba contenere una serie di

informazioni da indicarsi all’atto di assunzione o comunque entro 7 giorni dall’instaurazione

del rapporto.

Il datore di lavoro deve fornire l’indicazione delle parti e del datore di lavoro, della data di

inizio di decorrenza del rapporto, dell’eventuale periodo di prova, della tipologia del contratto,

della sede e dell’orario di lavoro, del livello di inquadramento, retribuzione e modalità di

pagamento.

A tali elementi, già presenti nella normativa previgente, il legislatore ne aggiunge altri, tra i

quali si segnalano: l’obbligo di indicare la durata delle ferie e dei congedi o, in alternativa, le

modalità di determinazione e di fruizione degli stessi; il diritto a ricevere la formazione; la

procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di licenziamento da parte del datore di

lavoro o di dimissioni del lavoratore; il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al

rapporto di lavoro, con l’indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto; gli enti e gli istituti

che ricevono i contributi previdenziali; l’identità delle parti compresa quella degli eventuali co-

datori; la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al

lavoro straordinario; in caso di rapporto di lavoro, caratterizzato da modalità organizzative in

gran parte o interamente imprevedibili, il datore di lavoro informa il lavoratore circa molteplici

notizie.

La finalità della direttiva è quella di garantire la trasparenza e l’accessibilità alle informazioni

sul rapporto di lavoro, ma è opportuno domandarsi se l’indicazione così dettagliata di tali

elementi configuri lo strumento migliore per il raggiungimento dell’obbiettivo o la stessa non

costituisca di per sé un ostacolo, imponendo gravose complicazioni organizzative derivanti da

possibili ambiguità di significato ed aggravio di costi per le imprese. Lo stesso legislatore,

nell’ottica della semplificazione, è successivamente tornato a regolamentare gli obblighi di

informazione imposti al datore di lavoro, con il d.l. 4 maggio 2023, n. 48 convertito con

modificazioni in legge n. 85 del 2023, attuando quanto previsto dalla stessa direttiva la quale,

sia nelle premesse che nelle singole disposizioni, valorizza il coinvolgimento delle parti sociali

nella realizzazione degli obbiettivi, che si concretizza nella facoltà di rinviare per alcune

informazioni (ad esempio in tema di congedi, retribuzione e orario) alla contrattazione

collettiva.

Tempi e luoghi di lavoro.

Il legislatore prescrive particolari obblighi informativi in tema di luogo e orario di lavoro. Nel

dettaglio, la nuova normativa prevede, quanto al luogo di lavoro, che il datore debba indicare

la sede (o le sedi) “fissa o predominante” nella quale verrà svolta l’attività lavorativa, oppure

dovrà espressamente indicare se il lavoratore rimane libero di sceglierlo autonomamente. In

tale ultimo caso, dal dato letterale della disposizione non sembra che al lavoratore sia

imposto di comunicare, a sua volta, la sede prescelta. Le indicazioni da fornire in ordine

all’orario di lavoro, invece, si distinguono a seconda che l’attività lavorativa sia o meno

“prevedibile”. Il concetto di “prevedibilità” dell’orario o, meglio, di prevedibilità della

collocazione temporale della prestazione di lavoro, deve essere inteso in relazione

all’organizzazione dell’orario di lavoro, ovvero al potere del datore di lavoro di determinare la

programmazione delle attività secondo l’orario dal lui prescelto (ad esempio tramite

turnazione). In questo caso, gli obblighi informativi si sostanziano nello specificare l’orario

normale di lavoro, le condizioni del lavoro straordinario e la relativa maggiorazione retributiva,

nonché nella possibilità di rimandare a turni di lavoro. Gli obblighi informativi sono invece

“rafforzati” nel caso in cui la programmazione dell’attività lavorativa risulti “imprevedibile”. L’

imprevedibilità si manifesta ogniqualvolta non sia possibile una programmazione dell’orario di

lavoro e, dunque, ad una determinazione ex ante della collocazione temporale della

prestazione (come avviene, ad esempio, nel contratto di lavoro intermittente, oppure nel caso

in cui la contrattazione collettiva preveda, come può accadere nell’ipotesi di lavoro agile, un

lavoro per obiettivi senza vincoli di orario prestabiliti). In questo caso, il datore di lavoro deve

comunque indicare le ore di lavoro minime garantite e la relativa retribuzione, unitamente

all’eventuale retribuzione aggiuntiva, le ore e i giorni nei quali questo potrà essere tenuto a

svolgere le prestazioni lavorative, il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto

prima dell’inizio della prestazione lavorativa ed il termine entro cui il datore di lavoro può

annullare l’incarico. Lo scopo è quello di delimitare il potere del datore di lavoro di variare la

programmazione dell’orario di lavoro, che seppur libera, non può essere utilizzata per

soddisfare qualsiasi esigenza occasionale ed incidere negativamente sulla vita privata del

lavoratore. È per tale ragione che si richiede all’imprenditore un obbligo ulteriore, non

essendo neanche possibile in questo caso il rinvio alla contrattazione collettiva. Attraverso

questi obblighi trovano attuazione non soltanto il principio di trasparenza, ma anche il

principio di prevedibilità dell’organizzazione dell’orario di lavoro racchiuso nella direttiva, volti

a contemperare due esigenze: quella di flessibilità organizzativa del lavoro e quella dei

lavoratori di conoscere e programmare sia i tempi di lavoro che di non lavoro. A tal fine, l’art.

9 del d.lgs. n. 104 del 2022 riconosce al lavoratore la possibilità di rifiutarsi di rendere la

prestazione nel caso in cui le predette informazioni non siano state fornite.

Gli obblighi in caso di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.

Agli obblighi sopra individuati se ne aggiungono altri qualora il datore di lavoro utilizzi sistemi

decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati il cui funzionamento influisce

sull’assunzione o sul conferimento dell’incarico, sulla gestione o sulla cessazione del rapporto

di lavoro, sull’assegnazione di compiti o mansioni, nonché forniscono indicazioni incidenti

sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni

contrattuali dei lavoratori (art. 1-bis).

Destinatari di tali informazioni sono:

– il lavoratore, il quale potrà richiedere tali dati direttamente o tramite le rappresentanze

sindacali;

– le r.s.a. ovvero le r.s.u. se presenti. In assenza, dovrà effettuare la comunicazione alle

rappresentanze sindacali territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più

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Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alice9blu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Preteroti Antonio.
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