Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
FORMA LICENZIAMENTO
L’art. 2 della legge 604 prevede che il datore di lavoro deve comunicare per iscritto il
licenziamento al lavoratore.
Il comma 2 dice che la comunicazione del licenziamento deve contenere specificazione
dei motivi che lo hanno determinato; ed è preclusa la possibilità del datore di lavoro di
introdurre in giudizio motivi nuovi o elementi diversi, se non meramente confermativi
di quelli già esposti.
Comma 3: il licenziamento intimato senza forma scritta è inefficace. L’imposizione
della forma scritta non si applica soltanto ai lavoratori in prova e ai lavoratori con
diritto a pensione. 92
Il licenziamento per giustificato motivo
Capitolo 15
oggettivo “Nel rapporto di lavoro a tempo
L’art. 1 della legge n. 604 del 15/07/1966 recita:
indeterminato, con datori di lavoro privati o pubblici, il licenziamento del prestatore di
lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c. o per
giustificato motivo”.
Art. 3 l. n. 604 del 15/07/1966
“Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole
inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni
inerenti all’attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare
funzionamento di essa”.
Alcuni sostengono che sia una norma funzionale a regolare l’organico delle imprese;
sostanzia in un diritto/potere che possiamo desumere dall’art. 41 Cost., perché nel
momento in cui sancisce la libertà economica privata pone come limite invalicabile
quello della libertà del datore di lavoro di determinare il suo organico.
(Durante la pandemia c’è stato un blocco da parte del legislatore riguardo all’applicabilità di questa
norma. La finalità era quella di assicurare comunque un reddito ai dipendenti di aziende che
sospendevano l’attività in ragione della pandemia).
Giustificato motivo oggettivo
Il = consiste in “ragioni inerenti all’attività produttiva,
all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
Stiamo parlando di qualcosa che non attiene all’inadempimento del lavoratore.
Si tratta pur sempre di un licenziamento con preavviso.
“ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare
Per
funzionamento di essa” si intende:
La soppressione del posto di lavoro del dipendente licenziato. Ci sono
diverse tipologie di soppressione del posto:
1. Può consistere nella eliminazione delle mansioni svolte dal lavoratore
dall’organizzazione produttiva (ES: innovazione tecnologiche -- > il datore decide di
sostituire il centralinista con il centralino automatico. Abbiamo quindi una posizione che va
in esubero. Il lavoratore è in esubero quando le mansioni non sono più necessarie e
vengono eliminate dal processo produttivo)
2. Fattispecie in cui l’eliminazione delle mansioni non corrisponde
all’eliminazione di fatto di quelle mansioni. È una fattispecie che avviene in
tutte le ipotesi di esternalizzazione e internalizzazione.
Negli appalti interni, ai sensi dell’art. 29, il datore decide di appaltare il
servizio di magazzino. Significa che lui sopprime tutte le posizioni di
magazziniere, perché le ha appaltate ad una società esterna. Ma se
entriamo in quello stabilimento vediamo che comunque ci sono dei
magazzinieri all’opera, questo perché le mansioni di magazziniere non
sono soppresse, ma sono soppresse le posizioni di magazziniere alle
dipendenze del datore di lavoro, perché quella stessa attività viene svolta
da una società appaltatrice. Quindi il datore si appropria del risultato di
quei magazzinieri, ma l’organizzazione del loro lavoro lo esercita il
soggetto appaltatore.
Quindi si ha la soppressione del posto per esternalizzazione, e non per
soppressione di quell’attività.
3. Fattispecie della redistribuzione delle mansioni. 93
Si parla sempre di soppressione del posto, e non delle mansioni; il datore di
lavoro redistribuisce le mansioni assegnate al lavoratore licenziato, ad altri
lavoratori in servizio. Le mansioni continuano ad essere svolte, ma dove
prima venivano concentrate tutte in una sola posizione, vengono
redistribuite tra addetti già in servizio.
Il datore ha un vantaggio economico, perché riduce per sempre l’organico
di 1.
In questa fattispecie esistono due momenti:
- il momento della decisione organizzativa: cioè il mutamento
dell’organizzazione ;
(decido si sostituire il centralino con uno automatico)
- nesso di causalità tra il mutamento dell’organizzazione e il licenziamento del
lavoratore.
Quindi la norma assomiglia al comma 2 del 2103, quando parlavamo di
mutamenti organizzativi che incidono sulla posizione. Qui incidono talmente
tanto che quella posizione viene eliminata.
Il giudice non può sindacare le scelte economico-organizzative del datore di
lavoro, ma deve solo verificare l’effettività della modifica organizzativa ed il
nesso di causalità con il licenziamento (ai sensi dell’art. 30 l. 183/2010. In
precedenza invece la giurisprudenza indagava sul perché di quella soppressione del
posto, valutando anche il motivo economico alla base di tale scelta: non era infatti
possibile la soppressione del posto all’intento di aumentare gli utili).
Mentre il datore di lavoro non è tenuto a provare l’andamento economico
negativo dell’azienda, ma è sufficiente che le ragioni inerenti all’attività
produttiva ed all’organizzazione del lavoro determinino un effettivo mutamento
dell’assetto organizzativo che incide sulla posizione del lavoratore.
Ai fini della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo,
occorre che il riassetto organizzativo sia effettivo e fondato su circostanze
realmente esistenti al momento della comunicazione del recesso e non
riguardante circostanze futuri.
Ad organizzazione immutata non ci può essere un licenziamento per motivi
oggettivi.
Tuttavia, la soppressione del posto è necessaria ma non sufficiente affinché il
licenziamento sia giustificato, infatti la giurisprudenza ritiene che il licenziamento per
l’extrema ratio,
motivi oggettivi sia imponendo al
datore di lavoro di fornire la prova dell’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre
mansioni libere, con esclusione di quelle inquadrate in un livello superiore c.d.
repêchage (ripescaggio).
(ES: se il datore di lavoro dimostra di aver soppresso il posto, ma dopo qualche giorno assume
un altro lavoratore per mansioni a cui poteva adibire il lavoratore licenziato, il licenziamento
non sarà giustificato).
Il repêchage è una regola introdotta dalla giurisprudenza senza trovare fondamento in
nessuna norma, per questo ha dato inizio ad una grande incertezza:
Non è individuato un frangente di tempo prima o dopo il quale il datore di lavoro
- è legittimato ad assumere un lavoratore per mansioni a cui poteva essere
adibito il lavoratore licenziato.
Occorrerà però tener conto del fatto che dopo un lungo tempo potrebbero
esserci delle esigenze sopravvenute che possono aver indotto il datore di lavoro
a dover assumere un nuovo lavoratore.
Il giudice si può quindi basare sulla presenza, prima o dopo, di eventi
sopraggiunti che hanno determinato una modifica della decisione. 94
Quali sono poi le mansioni che il datore deve dimostrare di non avere a
- disposizione? datore deve dare una prova negativa e non positiva, cioè deve
dare la prova di non aver posizioni a cui adibire il lavoratore.
Quando si parla di repêchage si parla di mansioni libere
Con la vecchia versione dell’art. 2103, il lavoratore doveva essere adibito solo a
mansioni equivalenti quindi, il datore doveva dimostrare di non aver assunto
nessun altro dipendente per mansioni equivalenti alle quali avrebbe potuto
adibire.
Con l’eliminazione del requisito dell’equivalenza, ad oggi la giurisprudenza ha
ampliato ancora di più il raggio delle posizioni a cui il lavoratore può essere in
alternativa adibito; in contrasto però con lo stesso art. 2103 che vieta
l’adibizione a mansioni inferiori, per questo motivo la giurisprudenza ha
integrato la regola sostenendo che il datore di lavoro non è onerato dello
spostamento del lavoratore anche a mansioni inferiori, ma è onere del datore di
lavoro, offrire al lavoratore un patto di demansionamento (non si tratta in
ius variandi:
questo caso di esercizio dello infatti il datore offre mansioni
inferiori, spetterà poi al lavoratore decidere se accettare).
(ES: il datore di lavoro decide di sopprimere il centralinista, ma due giorni prima ha assunto un
addetto alle pulizie, prima di licenziare il centralino deve offrire quella posizione al lavoratore che
intende licenziare).
Perciò il datore deve dare la prova non aver assunto altri lavoratori in tutte le
mansioni di tutti i livelli della scala classificatoria, per le quali il lavoratore
poteva essere adibito.
Il solo limite di questo repêchage è il fatto che quel lavoratore deve essere in
condizione di svolgere la mansione, anche se inferiore, senza bisogno della
formazione. Per il datore rappresenta un costo ulteriore la formazione del
lavoratore per salvarlo dal licenziamento.
La formazione del lavoratore è un duplice costo: sia il costo della formazione e
sia pagare il lavoratore per tutto il tempo della formazione in cui non è
produttivo.
Quindi la barriera ultima è la capacità di quel lavoratore di essere
immediatamente efficiente su quella nuova posizione.
Quindi l’area del repêchage odierna è che l’ambito si estende a tutte le
mansioni di pari livello e inferiori a cui può essere proficuamente adibito il
lavoratore senza ulteriori necessità di formazione del lavoratore (anche se una
giurisprudenza minoritaria comincia ad aprire la strada all’idea che così come il datore è
tenuto a formare il lavoratore quando vuole spostarlo a mansioni che non sa fare, allo
stesso modo nel licenziamento dovrà formarlo per adibirlo ad un’altra posizione. Quindi
lo spettro si allargherebbe anche a tutte le mansioni a cui il lavoratore è formabile. In
realtà è un ragionamento non del tutto corretto, in quanto, se costruiamo il comma 3
dell’art. 2103 come un obbligo che grava sul lavoratore di formarsi e come un onere del
datore di formazione, ecco che non può essere applicato al repêchage, in quando l’onere
si applica quando un soggetto vuole conseguire un vantaggio.