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LE FORME DI VIGILANZA
L'evoluzione del controllo pubblico sulle banche: crisi finanziarie e cambiamenti delle regole
1)
I controlli pubblici sulle banche nascono come risposta alla crisi che aveva investito le economie dei paesi
industrializzati negli anni 30 del secolo scorso. Il sistema previgente affidava poteri amministrativi ad
autorità̀ pubbliche e limitava la concorrenza fra gli intermediari, ed era fondato sulla convinzione che
situazioni di difficoltà di una banca avrebbero potuto rendere instabile tutto il sistema finanziario. Le
banche sono una impresa fragile in quanto soggetta ai fallimenti derivanti dal deposit bank run (fuga dei
depositanti). Le banche sono interconnesse tra di loro, infatti, la crisi di un intermediario di grandi
dimensioni può contagiare l'intero sistema finanziario. I fallimenti bancari comportano conseguenze
negative sullo sviluppo economico generale, riducendo l'afflusso di risorse finanziarie al sistema
produttivo. Per comprendere il sistema di vigilanza attuale è necessario procedere ad una analisi evolutiva
della regolamentazione pubbliche delle banche sino ai giorni nostri, e distinguiamo due fasi:
• 1) anni 30 ai primi anni 80 del secolo scorso: passaggio da vincoli strutturali a quelli prudenziali
→
con il primo accordo di Basilea fra le banche centrali; Basilea 1
• 2) fine 900 fino ai giorni nostri: viene definito un assetto di regole che si fonda su tre
• pilastri quali l'adeguatezza patrimoniale, la supervisione prudenziale, i controlli sul mercato →
Basilea 2
•
Dalla vigilanza strutturale alla vigilanza prudenziale
2)
Negli anni seguenti la crisi iniziata del 1929 la vigilanza ha imposto divieti all'operatività̀ e misure di tipo
strutturale.
La vigilanza pubblica si basava su: vincoli di specializzazione all'attività̀ degli intermediari (esempio
distinzione tra banche che operano a breve termine e banche che operano a lungo termine); restrizioni alla
libera composizione del portafoglio; principio di separatezza fra banca e industria.
In questo contesto avevano grande rilievo interventi di tipo strutturale, come il limite alla costruzione di
nuove banche e all'apertura di sportelli e an che come il blocco, stabilito nel 1966, delle autorizzazioni.
Dagli anni 80 gli strumenti di vigilanza sugli intermediari bancari hanno subito cambiamenti rilevanti:
alcuni controlli strutturali sono stati attenuati; l'evoluzione disciplina sull'autorizzazione all'esercizio
dell'attività̀ bancaria e all'apertura degli sportelli comporta la limitazione della discrezionalità̀ dell'autorità̀
di vigilanza in queste materie (ciò̀ favorisce la possibilità di accesso al mercato e di espansione territoriale
delle banche).
Con il recepimento della prima direttiva banche del 1985 le autorità̀ creditizia di ciascun paese, nel
valutare le domande di costruzione di enti creditizi, non potevano tener conto del bisogno economico del
mercato. Le autorità̀ italiane hanno applicato tale principio anche all'insediamento degli sportelli a partire
dal 1990, hanno introdotto anche il principio di silenzio-assenso e hanno conferito il potere alla Banca di
Italia di negate l'autorizzazione ai casi in cui i programmi di espansione territoriale delle banche
risultassero incompatibili con le condizioni tecniche organizzative aziendali (recepito con art 15 tub).
Altri limiti, come la specializzazione temporale abrogata in Italia nel 1992, sono stati cancellati. L'unico
vincolo strutturale rimasto nel TUB era la separatezza tra banca e industria a monte e a valle: a monte si
prevedeva il divieto di acquisire partecipazioni nel capitale delle banche da soggetti con oggetto sociale
diverso da quello di attività̀ bancaria; a valle vi è il divieto che le banche non potevano acquisire
partecipazioni al capitale di altre imprese.
Nella seconda metà degli anni 80 sono state introdotte misure di vigilanza che mirano a controllare il
rischio delle banche allo scopo di assicurare la solvibilità̀ delle stesse: è stato introdotto Basilea 1 che
impone un requisito patrimoniale minimo che le banche devono rispettare, parti all'8% del rapporto fra
patrimonio e complesso delle attività̀ ponderate in relazione al rischio.
I coefficienti patrimoniali hanno due obiettivi principali: introdurre parità̀ di condizioni fra intermediari
(tutti hanno lo stesso grado di patrimonializzazione); limitare il moral hazard di azionisti e amministratori
delle banche (in quanto aumentano il capitale che gli azionisti devono impiegare nelle banche, dunque, si
impongono coefficienti minimi di autofinanziamento).
Nel 1993 è stato introdotto il TUB che comporta un riordino sul piano normativo ed indica espressamente
le finalità̀ della vigilanza: stabilità, efficienza e competitività̀ del sistema finanziario, la sana e prudente
gestione e l'osservanza delle disposizioni in materia creditizia.
Nel nuovo sistema di vigilanza le autorità̀ di vigilanza devono avere di mira la sana e prudente gestione
ossia verificare, nel rispetto dell'autonomia imprenditoriale, la coerenza delle scelte degli intermediari
bancari con i principali assetti patrimoniali, finanziari e organizzativi degli stessi. In quest'ultimo piano
normativo la vigilanza viene distinta in vigilanza regolamentare, informativa ed ispettiva.
La Vigilanza prudenziale o regolamentare è un insieme di regole oggettive imposte agli intermediari
finanziari per garantirne l’efficienza e la sana e prudente gestione, e I controlli di tale natura sono rivolti a
verificare il rispetto di corretti principi di gestione il cui obbiettivo è quello di limitare i rischi assunti
dagli intermediari. Le Autorità̀ di vigilanza non esercitano alcun potere discrezionale né intervento diretto
sulla struttura del mercato, ma si limitano a stabilire delle “regole del gioco” oggettive. Un ruolo di
assoluta centralità̀ è assunto dalle norme sui requisiti di capitale che impongono la detenzione di un livello
all’entità̀
minimo di mezzi patrimoniali commisurato e alla rischiosità̀ degli impieghi in portafoglio.
Esempi di controlli prudenziali sono rappresentati dai limiti alla concentrazione dei rischi, alla
trasformazione delle scadenze e alle partecipazioni detenibili. Un’ulteriore finalità̀ prudenziale è
riconoscibile anche nell’imposizione di requisiti di onorabilità̀ e professionalità̀ per coloro che svolgono
funzioni di direzione, controllo e amministrazione.
La Vigilanza informativa è insieme di controlli diretti ad aumentare la trasparenza nei confronti del
mercato, nonché́ il flusso di informazioni tra soggetti vigilati e Autorità̀ . In una visione ristretta per
“controllo informativo” si intende l’attività̀ conoscitiva posta in essere dalle Autorità̀ di vigilanza nei
confronti dei soggetti sottoposti al loro controllo. Le informazioni richieste possono riguardare diversi
economica, patrimoniale e finanziaria, l’assetto proprietario, la struttura
aspetti quali la condizione
organizzativa, l’operatività̀ nei confronti della clientela e sui mercati. Tali flussi di comunicazione devono
quando l’Autorità̀
essere forniti periodicamente o essere richiesti in via episodica voglia approfondire uno
o più̀ aspetti con riferimento a un particolare intermediario o gruppo. I dati e le notizie così raccolti
vengono utilizzati per verificare l’adeguatezza e il rispetto della normativa primaria e secondaria, nonché́
dei principi di sana e prudente gestione. In un’accezione più ampia, la vigilanza informativa comprende
tutti gli strumenti volti a sanare la strutturale situazione di asimmetria informativa presente in ogni
scambio finanziario. In tal caso si può parlare di controlli di trasparenza e correttezza dei comportamenti.
Per quanto riguarda la trasparenza, si fa innanzitutto riferimento alla chiarezza e completezza delle
informazioni fornite agli investitori nei circuiti di scambi diretto. I controlli di correttezza, invece, sono
finalizzati ad accertare il rispetto delle norme di comportamento a cui gli intermediari sono tenuti a
dell’attività
uniformarsi in ragione svolta.
La Vigilanza ispettiva è insieme di strumenti che, attraverso verifiche sul posto, consentono di raccogliere
informazioni sugli intermediari. Tale vigilanza rappresenta il naturale completamento di quella
informativa, attraverso verifiche condotte direttamente presso l’intermediario per valutarne anche gli
aspetti più soft e qualitativi, difficili da cogliere mediante una comunicazione di tipo documentale. Le
ispezioni possono avvenire periodicamente.
L'assetto della supervisione secondo Basilea 2 i tre pilastri della vigilanza
3)
Basilea 2 è formato da tre pilastri:
1) Il primo concerne le regole di misurazione del requisito patrimoniale minimo;
2) il secondo determina l'adeguatezza patrimoniale dell'intermediario;
3) il terzo stabilisce le informazioni sui rischi che l'intermediario deve rendere note al mercato
1- Oltre al rischio di credito e ai rischi di mercato già considerati in Basilea 1, Basilea 2 estende la
dotazione patrimoniale minima richiesta agli intermediari finanziari anche al rischio operativo. Per rischio
operativo si intende la manifestazione di perdite derivanti da disfunzioni a livello di procedure, personale
e sistemi interni, oppure da eventi esogeni, includendo il rischio giuridico ed escludendo il rischio
strategico e reputazionale.
2- Vi sono ulteriori rischi detti di secondo pilastro di cui la banca deve tenere conto : rischio di tassi
di interesse, rischio derivante da operazioni di cartolarizzazione. Il secondo pilastro è scandito da
quattro principi chiave che definiscono il processso del controllo prudenziale: l’adeguatezza
1. gli intermediari finanziari dovrebbero disporre di un procedimento per valutare
patrimoniale complessiva in rapporto al loro profilo di rischio e di una strategia per il
mantenimento dei livelli patrimoniali;
2. le Autorità̀ di vigilanza dovrebbero riesaminare e valutare il procedimento interno di
determinazione dell’adeguatezza patrimoniale delle banche e le connesse strategie, nonché́ la loro
capacità di monitorare e assicurarne la conformità̀ con i requisiti patrimoniali obbligatori. Le
Autorità̀ di vigilanza dovrebbero adottare appropriate misure prudenziali qualora non siano
soddisfatte dei risultati di tale processo;
3. le Autorità̀ di vigilanza auspicano che gli intermediari finanziari operino con una dotazione
patrimoniale superiore ai coefficienti minimi obbligatori, e dovrebbero avere la facoltà̀ di
richiedere agli intermediari finanziari di detenere un patrimonio superiore a quello minimo
garantito;
4. le Auto