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IL VOTO DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO
Anche cittadini italiani residenti all'estero hanno diritto di voto per l'elezione del Parlamento. La legge cost.
1/2000 introdotto un terzo comma dell’art. 48, il quale riconosce il diritto di voto anche a tale categoria di
cittadini, rinviando alla legge una determinazione dei requisiti e delle modalità per l'esercizio del diritto.
I cittadini residenti all'estero dovranno votare in un'apposita circoscrizione elettorale, la circoscrizione
estero, nella quale vengono detti 12 deputati e sei senatori (legge cost. 1/2001). Il numero complessivo dei
deputati e dei senatori è stato lasciato invariato, mentre sono stati proporzionalmente ridotti i
parlamentari eletti sul territorio nazionale. La legge 459/2001 stabilisce le concrete modalità di voto.
Dall’elettorato attivo, va distinto l'elettorato passivo, che consiste nella capacità di essere eletto.
Il principio generale è quello dell'eleggibilità di tutti gli elettori, salvo restrizioni particolari previste dalla
Costituzione. Quest'ultima pone una restrizione concernente l'età: per essere eletti alla Camera dei deputati
occorre aver compiuto 25 anni (art. 56.3), mentre per essere eletti al Senato occorre avere almeno 40 anni
(art. 58.2). Per il resto si rinvia alla capacità elettorale, per cui se si perde l'elettorato attivo viene meno
quello passivo.
LA RAPPRESENTANZA DI GENERE
Malgrado la proclamata eguaglianza nei diritti politici, in Italia le donne sono da sempre sottorappresentate
nelle istituzioni e in particolare nelle assemblee elettive. Non sono mancati tentativi di rimediare a questa
situazione attraverso congegni paritari inseriti nelle leggi elettorali, ma almeno all'inizio la Corte
costituzionale li ha bocciati: non per il loro obiettivo, ma per le tecniche impiegate: la sent. 422/1995,
censura la legge per le elezioni nei comuni minori per aver previsto un meccanismo che vieta che in una
lista i candidati di un sesso superino di oltre 2/3 i candidati dell'altro. Norme del genere non si propongono
di rimuovere gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati ma mirano ad
assicurare direttamente il risultato.
Le polemiche scatenate da questa sentenza hanno portato a una revisione dell'art. 51 Cost. e poi a un
ammorbidimento della stessa Corte costituzionale. Specie le leggi elettorali regionali hanno introdotto
meccanismi molto efficaci, come la preferenza di genere prevista dalla legge campana e promossa dalla
Corte costituzionale (sent. 4/2010). In seguito la legge 215/2012 teso l'applicazione della preferenza di
genere alle elezioni comunali.
7.3 INELEGGIBILITA’,INCOMPATIBILITA’ E INCANDIDABILITA’
L’ineleggibilità parlamentare consiste in un impedimento giuridico che non consente a chi si trova in una
delle cause ostative previste dalla legge di essere validamente eletto.
L'incompatibilità invece è quella situazione giuridica in cui il soggetto non può cumulare nello stesso tempo
la funziona di parlamentare con altra carica.
Le ineleggibilità mirano a garantire in prima istanza la libertà di voto e la parità di chances tra i candidati;
invece, le incompatibilità sono volte in special modo ad assicurare che l'imparziale esercizio delle funzioni
elettive non venga minacciato da conflitti di interessi o da motivi di ordine funzionale.
Sul piano degli effetti, le differenze sono cospicue: le cause di ineleggibilità hanno natura invalidante e
determinano la nullità della stessa elezione; le cause di incompatibilità sono invece “caducanti” e
producono la decadenza dal titolare della carica elettiva qualora questi non faccia venire meno la causa di
incompatibilità.
Dalla ineleggibilità va tenuta distinta l'incapacità elettorale passiva, che discende dalla sussistenza di quelle
cause che fanno venire meno lo stesso elettorato attivo, il cui godimento è il presupposto dell'elettorato
passivo.
La norma costituzionale sulle ineleggibilità e incompatibilità parlamentari (art. 65.1 Cost.) rimanda alla
legge ordinaria la determinazione delle relative cause; la Corte costituzionale ha sempre affermato che
l'eleggibilità è la regola e l’ineleggibilità l'eccezione a cui si può far luogo solo in presenza di validi e
ragionevoli motivi (sent. 42/1961).
CAUSE DI INELEGGIBILITA’
Le cause di ineleggibilità possono essere ricondotte a tre gruppi:
- il primo comprende titolari di cariche di governo degli enti locali, funzionari pubblici, alti ufficiali che per la
carica ricoperta potrebbero esercitare una captatio benevolentiae sull’elettore o incidere sulla par condicio
dei candidati;
- il secondo riguarda soggetti aventi rapporti di impiego con Governi esteri;
- il terzo gruppo riguarda quelle categorie di soggetti aventi peculiari rapporti economici con lo Stato.
Per questi ultimi due gruppi, la legge non prevede espressamente il termine entro cui la carica deve essere
abbandonata per evitare di incorrere nella situazione di ineleggibilità. Tuttavia si ritiene che le dimensioni
debbano aver luogo comunque prima dell'atto di presentazione della candidatura.
A questi gruppi è da aggiungere la categoria dei magistrati, ritenuti non eleggibili nelle circoscrizioni
sottoposte alla giurisdizione degli uffici in cui hanno svolto le proprie funzioni nei mesi antecedenti la data
di accettazione della candidatura (art.8, così come modificato dalla legge 13/1997).
Le cause di ineleggibilità che sopraggiungono nel corso del mandato elettivo prendono il nome di
ineleggibilità sopravvenute. Se la causa che determina l'ineleggibilità sopravvenuta è costituita dalla
titolarità sopraggiunta di una nuova carica, essa si trasforma in causa di incompatibilità, che impedisce di
mantenere la titolarità di entrambe le cariche, costringendo l'interessato a optare, pena la decadenza
dall'ufficio di parlamentare.
Quanto alle cause di incompatibilità parlamentare, alcune sono direttamente previste dalla costituzione ed
altre dalla legislazione ordinaria. Per ciò che riguarda le prime, si tratta dell'incompatibilità tra deputato e
senatore (art. 65.2 Cost.), tra Presidente della Repubblica e qualsiasi altra carica (art. 84.2 Cost.), tra
parlamentare e membro del consiglio superiore della magistratura (art. 104.7 Cost.), tra parlamentare e
consigliere regionale (art. 122.2 Cost.), tra parlamentare e giudice della Corte costituzionale (art. 135.6
Cost.). Il gruppo più importante di quelle previste dalla legislazione ordinaria è contenuto nella legge
60/1953, che prevede incompatibilità con la titolarità di uffici pubblici o privati derivanti da nomina o
designazione governativa (art.1), con cariche in enti o associazioni che gestiscono servizi per conto dello
Stato (art.2) ed infine incompatibilità per le cariche direttive ricoperte negli istituti bancari ho in società per
azioni con prevalente esercizio di attività finanziarie (art.3).
È importante sottolineare come secondo la Costituzione (art. 66) sia la stessa camera cui il parlamentare
appartiene aggiudicare se esso si trovi o meno in una condizione di ineleggibilità o di incompatibilità.
Contro queste decisioni non è possibile ricorrere davanti ad un giudice. Invece, nel caso di elezioni
regionali, provinciali e comunali, le ineleggibilità e le incompatibilità possono essere fatte valere davanti al
giudice ordinario.
Istituto diverso sia dall'ineleggibilità che dall'incompatibilità è la cosiddetta incandidabilità. Inizialmente è
stata introdotta con riguardo alle sole cariche elettive di livello locale regionale (con la legge 16/1992) e poi
è stata estesa a tutte le figure politiche.
L'istituto dell’incandidabilità ha avuto la più ampia applicazione a seguito dell’approvazione della cosiddetta
legge anticorruzione (legge 190/2012: cosiddetta legge Severino), e del d.lgs 235/2012 che l’ha attuata.
Essa reca il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo per chi è colpito da sentenze definitive di
condanna alla pena della reclusione superiore a due anni riferite a gravi reati non colposi. Si tratta di tre
categorie di delitti, consumati o tentati, di particolare allarme sociale.
Se l'incandidabilità sopraggiunge dopo l'assoluzione della carica si verifica la decadenza dalla stessa.
Quando un soggetto riveste la carica ed è condannato con una sentenza non definitiva, scatta la
sospensione della carica, in attesa della sentenza definitiva. Qualora si tratti di un parlamentare, non si
verifica la cessazione ex lege dalla carica, ma sarà la camera di appartenenza del parlamentare a
pronunciare la mancata convalida o la decadenza, in base ai principi dell'art. 66 Cost.
L’INCANDIDABILITA’ E’ UNA SANZIONE PENALE?
L'incandidabilità è una sanzione penale, una sanzione amministrativa oppure consiste in una modifica di
status che scaturisce da particolari tipologie di condanne penali? Secondo quest'ultimo indirizzo,
l'incandidabilità non avrebbe carattere sanzionatorio, ma consisterebbe in una forma di esclusione dal
diritto di elettorato passivo che la legge fa discendere dalla condanna penale, in ragione del vincolo
costituzionale ad esercitare le cariche pubbliche con “disciplina e onere” (art.54 Cost.).
Dalla qualificazione giuridica discendono conseguenze diverse in ordine all'eventuale portata retroattiva
dell’incandidabilità. Il problema è se l'incandidabilità possa discendere anche da fatti avvenuti prima
dell'entrata in vigore della legge Severino o addirittura da sentenza di condanna antecedenti a tale legge.
Se si opta per la natura di sanzione penale, opera il principio che vieta la retroattività della legge che
introduce una nuova sanzione (art.25 Cost.). Se si qualifica l'incandidabilità come sanzione amministrativa
egualmente la conclusione dovrebbe essere a favore dell’irretroattività (legge 689/1981). La stessa Corte
costituzionale ha esplicitamente parificato le sanzioni amministrative a quelle penali sul piano della non
retroattività (sent.196/2010).
Nella prima prassi applicativa dell'incandidabilità, è prevalsa la terza tesi. Già la Corte costituzionale, con
riguardo alla normativa preesistente alla legge Severino ha dichiarato che non è incompatibile con gli artt.3
e 25.2 Cost., l'operatività immediata della previgente disciplina dell'incandidabilità alle cariche elettive
regionali e locali, anche nei confronti di coloro che fossero già stati legittimamente eletti benchè colpiti da
una sentenza penale irrevocabile. Secondo la Corte, il