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Il può esserci per altri diritti costituzionali tra cui:libertà e segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni (art. 15 Cost)o → rispetto a tale ambito bisogna ritenere che i contatti del detenuto con il mondoesterno, con la famiglia e gli affetti rivestono un ruolo nel percorso di risocializzazione. Ci sioccupa di 2 ambiti:colloqui che si svolgono in appositi locali dell'istituto e sono previsti dei limiti:
- deve essere richiesta l'autorizzazione;
- deve esserci discrezionalità circa i motivi che giustificano la richiesta di incontrarepersone diverse dai familiari;
- è previsto un massimo di 6 colloqui al mese per i detenuti base (ridotto a 4 per idetenuti per i delitti dell’art. 4 bis ord. pen.), tale limite può essere superato se sitratta di infermi, prole con età inferiore a 10 anni o particolari circostanze;
- devono svolgersi sotto il controllo a vista del personale di polizia penitenziaria.
comunicazione,
può essere autorizzata con congiunti e conviventi e con persone diverse per ragionevoli motivi. È prevista con la durata max di 10 min e 1 volta alla settimana per i detenuti base (per i detenuti dell'art. 4 bis ord. pen. è prevista 2 volte al mese). C'è riservatezza telefonica fatto salvo l'ascolto la registrazione da parte dell'autorità giudiziaria. L'utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione (es: chiamata Skype) è consentito in alcuni istituti con particolari cautele; in occasione dell'emergenza sanitaria COVID-19, per ovviare alla sospensione dei colloqui in presenza, disposta al fine di evitare il rischio di contagio si è sperimentato un ampio ricorso a tali strumenti. Corrispondenza, non vi sono particolari limitazioni quantitative anzi, è previsto dal regolamento penitenziario che devono essere resi disponibili per l'acquisto gli oggetti di cancelleria necessari per la.La corrispondenza dei detenuti è garantita dalla legge. Essi hanno il diritto di inviare e ricevere lettere e comunicazioni, e l'amministrazione penitenziaria deve fornire gratuitamente i detenuti che non possono permetterselo.
Per garantire la riservatezza della corrispondenza, le lettere possono essere consegnate in busta chiusa, sulla quale il detenuto deve scrivere il proprio nome e cognome. Le buste possono essere ispezionate solo per verificare la presenza di oggetti non consentiti al loro interno.
Tuttavia, esistono anche ulteriori limitazioni, come la possibilità per l'amministrazione di leggere il contenuto delle lettere inviate e ricevute dai detenuti.
Per quanto riguarda la libertà di espressione (art. 21 della Costituzione), i detenuti non subiscono restrizioni specifiche, tranne per l'accesso ai mezzi di diffusione. Tuttavia, se i contenuti delle lettere vengono trasmessi a destinatari liberi, possono essere diffusi attraverso il destinatario. In questo caso, il trattenimento della corrispondenza può essere giustificato per prevenire o mantenere la sicurezza e l'ordine all'interno del carcere.
l'ordine e la sicurezza nel carcere. Un aspetto diverso concernel'accesso libero alle fonti di informazione, i detenuti sono autorizzati a tenere quotidiani,periodici, libri e avvalersi di altri mezzi di informazione.libertà di riunione (art. 17 Cost) anche qui si parla di un godimento residuo di→o tale libertà dato che il fenomeno della riunione agisce sul piano della compresenza fisica dipiù soggetti e la detenzione impedisce di partecipare a qualsiasi riunione esterna e ancheinterna vincolando il detenuto alla convivenza con altre persone non liberamente scelte.libertà di associazione (art. 18 Cost) per il godimento di questa libertà non→o sussistono limiti più stringenti di quelli che gravano su tutti i cittadini.libertà di professare liberamente la propria fede religiosa (art. 19 Cost) vi è→o la libertà di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale oassociata,
di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume. Trattandosi di un diritto di libertà, la tutela è prevista anche in senso negativo cioè quello di non professare alcuna religione. Occorre dare una lettura conforme all'ordinamento penitenziario, che considera la religione come fattore positivo di risocializzazione. Nel 1975 è stata introdotta l'art. 26 ord. pen. con il quale è stato disposto l'obbligo di frequenza alle funzioni di rito cattolico a meno che non si dichiarasse di appartenere ad altra religione. Il regolamento dispone che i riti non devono essere contrari alla legge, questa disposizione desta delle perplessità perché la costituzione prevede solo che non siano contrari al buon costume. Ci sono aspetti critici rispetto al principio di uguaglianza poiché la religione cattolica gode di maggior favore rispetto alle altre. Per essa, infatti,è assicurata la celebrazione dei riti; mentre per le altre religioni occorre farne richiesta. Inoltre, per la celebrazione del rito cattolico ogni istituto è dotato di una o più cappelle; mentre per le altre religioni la direzione dell'istituto mette a disposizione dei locali. Per quanto riguarda il diritto alla salute e libertà di cura (art. 32 Cost), questi sono aspetti assai problematici: in primo luogo, si deve osservare che lo stato di detenzione è di per sé in grado di incidere negativamente sul benessere psicofisico del soggetto, per cui è doveroso che siano evitate condizioni di detentive di sovraffollamento e promiscuità (fonte di aggiuntivo documento psicofisico e di diffusione delle malattie). I rischi per la salute cui le inadeguate condizioni delle carceri espongono i detenuti hanno assunto un'evidenza nel corso del coronavirus durante il quale la limitazione dei contagi veniva perseguita mediante il distanziamento sociale, unamisura di difficile applicazione nelle carceri per via dellacapienza massima; per questo sono state adottate delle strategie: il rinvio obbligatoriodell'esecuzione di una pena, i rinvii facoltativi per gli infermi o la detenzione domiciliare.Quanto alla fase delle cure, la sanità in carcere è stata riorganizzata con la sua collocazionenel sistema sanitario nazionale, superando la scelta di lasciarla affidata all'amministrazionepenitenziaria. Anche qui ci sono stati molteplici problemi, soprattutto rispetto al diritto allalibertà di scelta in materia di salute. Questo problema è accentuato dalla asimmetria direlazione tra medico e paziente, che mina la reale capacità di autodeterminazione del malatoin ordine alle scelte legate alla sua salute. Il diritto di rifiutare le cure acquisisce complessità:ad es., il problema degli interventi di alimentazione forzata nei confronti di chi ricorre allosciopero della fame.diritto di agire ingiudizio (art. 24 Cost) il diritto di agire in giudizio contro i provvedimenti dell'amministrazione penitenziaria che si assumono lesivi di posizioni giuridiche soggettive è stato frutto di un percorso tortuoso; infatti, anche dopo l'intervento della Corte costituzionale, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 35 e 69 ord. pen. nella parte in cui non prevedevano al detenuto la possibilità di impugnare davanti ad un giudice i provvedimenti lesivi dei propri diritti. Il necessario intervento di tutela ci fu solo nel 2013 con l'introduzione dell'art. 35 bis ord. pen. che prevede il reclamo giurisdizionale come rimedio generale per tutti i casi in cui si contestino provvedimenti disciplinari assunti dall'amministrazione penitenziaria o si lamenti un grave pregiudizio al godimento dei diritti dei detenuti. Il reclamo è rivolto al magistrato di sorveglianza o al tribunale di sorveglianza entro 15 gg dalla conoscenza.
della decisione contestata. Se la limitazione della libertà personale che è alla base della detenzione non a nulla tutte le libertà del soggetto ma, lascia in vita un "residuo", ciò non avviene nei confronti dei diritti sociali. Per quest'ultimi il detenuto ha piena libertà di godimento: si tratta di diritti che attribuiscono al titolare il diritto ad ottenere una specifica prestazione positiva, impegnando lo stato e le amministrazioni pubbliche ad intervenire in un'ottica di promozione sociale (il trattamento detentivo finalizzato alla rieducazione è un diritto sociale). Per i detenuti si moltiplicano le difficoltà che si manifestano per la generalità dei consociati, legate alla circostanza che l'effettiva fruizione di tali diritti richiede un impegno attuativo da parte dei poteri pubblici. Infatti, anche rispetto a questa categoria di diritti ci sono delle problematiche: i detenuti finiscono per trovarsi in una
situazione deteriore rispetto a quella dei liberi perché sono maggiormente esposti al rischio di inattuazioni o di difficoltà relative a carenze legislative, organizzative ed economiche. L'ordinamento penitenziario contempla alcuni regimi speciali per i detenuti, per i quali valgono regole diversificate: - coloro che compromettono la sicurezza degli istituti possono essere sottoposti ad un regime di sorveglianza particolare ai sensi dell'art. 14 bis ord. pen.; - i collaboratori di giustizia invece godono di una serie di benefici; - per i detenuti per determinati titoli di reato di tipo associativo è previsto un regime di ostatività, ai sensi dell'art. 4 bis ord. pen., e non possono accedere ai benefici penitenziari se non hanno collaborato con la giustizia. Tale scelta normativa è giustificata da una presunzione di perdurante pericolosità sociale del condannato che non abbia dimostrato di aver preso le distanze dalle associazioni.criminose. Tale spiegazione è stata oggetto di ampie contestazioni da parte della dottrina perché è parsa irragionevole ed in contrasto con l'art. 3 Cost l'identificazione tra mancata collaborazione perdurante pericolosità sociale, escludendo la possibilità al detenuto di dimostrare con altri mezzi il percorso di risocializzazione intrapreso e l'avvenuta rottura dei legami con il sodalizio criminale. Inoltre, per gli ergastolani che non collaborano con la giustizia, non vi è alcuna via per accedere alla liberazione condizionale. Tali dubbi hanno trovato conferma anche a livello internazionale: la Corte EDU, con la sent. Viola c. Italia del 2019 ha dichiarato che l'applicazione di tale disciplina viola l'art. 3 CEDU perché esclude per il condannato ogni altra prospettiva di liberazione, inoltre ritiene priva di fondamento la presunzione assoluta che identifica la mancata collaborazione con la perdurante criminose.to, al fine di valutare la sua pericolosità sociale. Inoltre, è fondamentale che vengano adottate misure di prevenzione e di reinserimento sociale per evitare la recidiva.