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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO DERIVATO.
Le differenze tra un regolamento adottato con un procedimento legislativo ed uno
adottato con la procedura di delega o quella di esecuzione, si sostanziano nella
funzione che tale regolamento svolge all’interno dell’ordinamento dell’Unione. Quindi,
restano invariati la portata e il valore giuridico degli atti di diritto derivato, senza che
su di essi incida la procedura con cui vengono adottati. Importanti sono la natura
intrinseca dell’atto e il suo contenuto precettivo, da cui si ricavano i meccanismi
necessari di trasposizione.
L’ordine di esecuzione contenuto nella legge di adattamento ai trattati istitutivi
dell’Unione, ‘copre’ anche l’adattamento alle fonti di diritto derivato previste dal
trattati. Ciò vale innanzitutto per i regolamenti, in quanto direttamente applicabili
senza necessità di essere trasposti negli ordinamenti nazionali, tranne nel caso di
regolamenti non self-executing, cioè non autosufficienti ed incompleti, che richiedono,
per la loro concreta applicazione, l’emanazione di norme statali di attuazione o di
integrazione.
Al di fuori di questa ipotesi, l’emanazione di provvedimenti recettivi dà luogo ad una
violazione del diritto dell’Unione: per esempio, è dichiarata illegittima la prassi italiana
(consistente nel riprodurre i regolamenti in atti interni, pur avendo stesso contenuto)
di recepimento e riproduzione dei regolamenti all’interno dell’ordinamento.
Ragionamento diverso vale per tutti gli atti che non hanno diretta applicabilità,
ossia decisioni quadro, decisioni e convenzioni: infatti, tutti questi atti, in virtù delle
caratteristiche loro proprie, non possono produrre effetti pieni ed immediati negli
ordinamenti nazionali, senza il ricorso di atti interni di trasposizione.
Alla fine degli anni ’80, venne adottata la Legge Pergola che sistematizzava le
modalità di recepimento della normativa comunitarista. Questa legge è stata
interamente abrogata e sostituita dalla legge Buttiglione, (n.11/2005) recante
‘norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione
europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari’. Le finalità e la
struttura della nuova legge non si distinguevano molto da quelle della normativa
abrogata, ma introduceva innovazioni soprattutto per quanto riguardava il ruolo delle
regioni. Lo strumento individuato per assicurare il periodico e sistematico
aggiornamento della normativa nazionale a quella dell’unione era rappresentato
dall’adozione della legge comunitaria, che:
poteva recare direttamente le norme di attuazione del diritto dell’unione,
abrogando norme interne incompatibili e predisponendo le misure necessarie
per la piena applicazione in Italia delle norme dell’Unione;
poteva autorizzare il governo a procedere all’adattamento mediante decreti
legislativi o mediante regolamenti governativi. Decreti ministeriali potevano
essere impiegati anche per attuare norme comunitarie non immediatamente
applicabili che modificano modalità esecutive di direttive già recepite; e il
governo poteva adottare anche provvedimenti urgenti a fronte di sentenze o
atti normativi, purché la scadenza per il loro recepimento risultasse anteriore
rispetto alla data di entrata in vigore della legge comunitaria dell’anno in corso.
LA LEGGE N 234/2012: IL RUOLO DELLO STATO
Anche la legge n 11/2005 è stata abrogata e sostituita dalla legge 234 del 2012, che
detta ‘norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione
della normativa e delle politiche dell’Unione europea’. La sostituzione si è resa
necessaria per assicurare una maggior conformità del nostro ordinamento, sia in fase
‘ascendente’, sia in fase ‘discendente’. Riguardo la fase ascendente, si evidenzia il
rafforzamento del ruolo: del parlamento italiano, che si occupa di un dialogo costante
col governo; del dipartimento per le politiche europee, con funzione di coordinamento
delle varie amministrazioni, ed è interlocutore delle istituzioni dell’Unione, specie della
commissione; del comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE), composto dai
ministri degli affari esteri, dell’economia, degli affari regionali, della coesione
territoriale e dagli altri ministri con competenza nelle materie oggetto dei
provvedimenti con funzione di elaborare gli indirizzi politici che sono trasmessi dal
dipartimento.
Con riferimento alla fase discendente, si ha l’introduzione di una nuova disciplina
degli strumenti volti all’attuazione in Italia degli obblighi normativi e giurisprudenziali
discendenti dall’appartenenza all’Unione, incentrata sulla scissione della legge
comunitaria in due strumenti diversi, la legge di delegazione europea e la legge
europea, in cui sono ripartite le due tecniche classiche di attuazione, ossia delega e
trasposizione diretta.
La legge di delegazione europea contiene la delega legislativa al governo per:
dare attuazione a direttive, decisioni quadro, e regolamenti che contengano
disposizioni non direttamente applicabili;
modificare o abrogare disposizioni statali vigenti, per garantire la conformità
dell’ordinamento ai pareri motivati indirizzati dall’Italia alla Commissione;
dettare la disciplina sanzionatoria di violazione di atti normativi dell’Unione;
emanare, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province
autonome, di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle
disposizioni dell’Unione recepite dagli enti territoriali in parola;
può recare disposizioni che autorizzano il governo a recepire in via
regolamentare le direttive e disposizioni che individuano i principi fondamentali
nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria
competenza normativa per recepire o per assicurare l’applicazione di atti
dell’unione nelle materie di cui all’articolo 117.
La legge di delegazione europea deve essere approvata con cadenza annuale: il
Presidente del consiglio dei ministri o il ministro per gli affari europei, insieme al
ministro degli affari esteri e con gli altri ministri interessati, entro il 28 febbraio di ogni
anno presenta alle camere un disegno di legge recante il titolo ‘delega al governo per
il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea’.
Ogni legge di delegazione europea detta, quindi, principi e criteri direttivi ‘generali’,
cui si aggiungono quelli specifici eventualmente definiti per le singole direttive o altri
atti da trasporre. Importante è l’obbligo di assicurare sempre la parità di trattamento
dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri stati membri dell’Unione europea.
Infine, la legge 234/2012 fissa anche regole generali in relazione ai termini per il
recepimento delle direttive di cui alla legge di delegazione europea, sostanzialmente
con lo scopo di ridurre al minimo le eventuali procedure di infrazione a carico del
nostro paese.
Riguardo alla legge europea volta ad adempiere direttamente agli obblighi imposti
dall’ordinamento dell’Unione, essa contiene:
disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto
con tali obblighi;
disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di
procedure di infrazione avviate dalla commissione nei confronti dell’italia o di
sentenze della corte di giustizia dell’unione;
disposizioni necessarie per dare attuazione o per assicurare l’applicazione di atti
dell’unione;
disposizioni per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro
delle relazioni esterne dell’unione europea;
disposizioni emanate nell’esercizio del potere sostitutivo.
Il ricorso alla legge europea non è indispensabile ogni anno e la legge 234/2012 non
fissa scadenze in proposito.
Oltre a questi due strumenti analizzati, la legge del 2012 prevede comunque anche la
possibilità di adottare leggi di delega o leggi ad hoc per soddisfare determinati
obblighi europei, specie dove sussistano situazioni di urgenza o di particolare
rilevanza. L’articolo 38 prevede che in casi di particolare importanza politica,
economica e sociale, il presidente del consiglio dei ministri o il ministro per gli affari
europei, con il ministro degli affari esteri e con gli altri ministri interessati, presenta
alle camere un apposito disegno di legge con le disposizioni occorrenti per dare
attuazione l’applicazione di un atto normativo emanato dagli organi dell’ue
riguardante le materie di competenza legislativa statale.
Inoltre, la legge 234/2012 prevede che la presentazione da parte del governo al
parlamento della relazione programmatica sugli orientamenti e le priorità da
perseguire nel successivo anno e della relazione consuntiva sulla
partecipazione dell’Italia all’Unione europea nell’anno appena trascorso
avvengano separatamente rispetto all’approvazione della legge di delegazione
europea.
IL RUOLO DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
La legge 234/2012 contiene disposizioni molto dettagliate sul ruolo delle regioni nella
fase di attuazione del diritto dell’Unione europea. Allo stato spetta:
la fissazione dei principi in base ai quali le regioni e le province autonome
esercitano la propria competenza normativa per recepire o per assicurare
l’applicazione di atti dell’Unione nelle materie di competenza concorrente,
rispetto alle quali prevale l’intervento statale;
l’emanazione, anche nelle materie di competenza legislativa delle regioni e
delle province autonome, di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la
violazione delle disposizioni dell’Unione recepite da tali enti territoriali;
la formulazione dei criteri e delle direttive nelle materie di cui tali enti devono
attenersi per il soddisfacimento di esigenze di carattere unitario, del
perseguimento degli obiettivi della programmazione economica e del rispetto
degli impegni derivanti dagli obblighi internazionali.
In base a ciò, le province autonome, nelle materie di loro competenza legislativa,
provvedono al recepimento delle direttive europee.
I provvedimenti che lo stato può adottare nelle materie di competenza legislativa delle
regioni e delle province autonome, si applicano solo alle regioni e alle province
autonome nelle quali non sia ancora in vigore la normativa di attuazione della
rilevante disciplina dell’Unione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per
tale attuazione; e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della
normativa di attuaz