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Parte III. L’ORGANIZZAZIONE DELLO STATO.
Forme di stato e forme di governo.
In ogni organizzazione sociale il diritto disciplina 3 grandi aree:
1- Le relazioni di natura verticale tra autorità ed individui. Cioè, quali comportamenti sono
considerati come socialmente non desiderabili e che quindi l’autorità reprime, e quali
comportamenti sono invece considerati da incoraggiare o incentivare.
2- Le relazioni di natura orizzontale tra gli individui. Si intende per queste relazioni le regole che
disciplinano gli scambi tra privati, ma anche i rapporti sociali a contenuto non esclusivamente
patrimoniale.
3- Le relazioni orizzontali tra autorità dotate di poteri pubblici. In generale, il modello organizzativo
del potere pubblico.
Queste tre branche del diritto sono convenzionalmente suddivise in diritto penale, diritto privato e
diritto pubblico. Attraverso la prima area (rapporti di natura verticale) si determinano i rapporti tra
autorità e libertà. Lo stato può conformare il comportamento di soggetti privati a regole da esso stesso
poste e quali sono, al contrario, le sfere di libertà intangibili del soggetto privato. Attraverso la seconda
area (rapporti di natura orizzontale) si determinano quali sono le relazioni tra soggetti privati lasciate
alla libera autonomia delle parti, e quali sono al contrario quelle disciplinate da regole di diritto poste
dall’autorità. Le forme di Stato possono definirsi come la risultante dei diversi modi attraverso i quali
queste 2 aree del diritto sono tra loro collegate. Si distinguerà tra Stato feudale, Stato assoluto, Stato
liberale ecc. utilizzando come parametri di riferimento le regole che pongono in relazione il potere con
l’individuo e gli individui tra di loro. La classificazione delle forme di Stato si basa dunque sia sui
rapporti verticali che sui rapporti orizzontali, e dunque afferisce al quanto e come la libertà viene
attribuita, in un determinato modello organizzativo, al soggetto privato.
Un ulteriore criterio di classificazione ha riguardato la distribuzione del potere. Lo Stato può essere
distinto in Stato accentrato o articolato, a seconda che il potere di produrre norme giuridiche e di
applicarle sia incentrato su organi dello Stato o invece sia distribuito anche su enti autonomi. Questo
secondo modello può poi essere ancora qualificato come Stato federale o regionale, a seconda
dell’entità del decentramento.
La forma di Governo è normalmente qualificata in relazione alla terza area (rapporti di natura
orizzontale tra le autorità) che afferisce alle relazioni organizzative tra le autorità di vertice dotate
di poteri pubblici. Per forme di Governo si distinguerà tra forma parlamentare, presidenziale,
assembleare, ecc. con espressioni che anche da un punto di vista linguistico sono incentrate sugli
organi di vertice dello Stato dotati di poteri pubblici. La forma di Stato è una classificazione più ampia
della forma di Governo. All’interno di una forma di Stato, infatti, possono esservi astrattamente forme
di Governo diverse. La forma di Governo appare un riflesso del rapporto governanti-governati
(cioè un riflesso della forma di Stato) cosicché le sue caratteristiche sono necessariamente
influenzate dalla forma di Stato. In definitiva, mentre la forma di Stato fa riferimento all’intero sistema
del diritto, la forma di Governo indica i diversi modi con i quali il potere è distribuito tra gli organi di
vertice ed i loro rapporti.
L’ordinamento feudale: la sovranità basata sul diritto privato.
L’ordinamento feudale costituisce il punto di partenza storico dell’analisi delle forme di Stato perché
quest’ordinamento non è ancora qualificabile come una forma di Stato, ma costituisce il presupposto
per il formarsi della prima forma di Stato. Se lo Stato può essere definito come quella organizzazione
caratterizzata dal poter esercitare un potere, su di un determinato territorio e rispetto alla popolazione
ivi stanziata, che non dipende da altri, il sistema feudale, che si instaura in Europa dopo la caduta
dell’Impero romano è, al contrario, caratterizzato da un sistema di autorità la cui legittimazione non è
data da una investitura, ma da un mero rapporto privatistico di scambio. Nell’Europa tra il VI e IX secolo
il potere del Re era troppo lontano per potere essere forte e garantire sicurezza. In assenza di regole
superiori le popolazioni si organizzarono stabilendosi vicino al castello, dove si trovava un’autorità più
forte di quella della legge. Il feudatario era dotato di un proprio esercito, dettava ed applicava
le regole e amministrava la giustizia nei confronti delle sue popolazioni. Le popolazioni fornivano al
feudatario i prodotti della terra e lavoravano in cambio della protezione dell’esercito e della garanzia di
un’autorità che facesse rispettare le regole. Al Re occorreva il consenso del signore feudale per disporre
delle persone e dei beni esistenti nel territorio, cosicché per ottenere tale consenso, il Re riuniva in
assemblea i signori feudali, in funzione consultiva. In questo modello potere pubblico e relazioni private
sono confusi ed intersecati, mentre l’esercizio delle funzioni pubbliche (sicurezza, determinazione delle
regole ed applicazione delle regole) costituiva la risultante di un rapporto privatistico di scambio e non
invece di un rapporto pubblicistico di investitura. Questo modello organizzativo iniziò ad evolversi tra il
IX e il X secolo con l’incremento demografico e alla maggiore stabilità dei carolingi. Moltiplicandosi i
centri abitati si svilupparono i mercati, modificandosi anche la struttura della società, dove iniziò ad
emergere una nuova classe sociale di mercanti e banchieri. Si evolsero le classi sociali e le relazioni con
il feudatario, ma, man mano che il denaro venne ad essere utilizzato come lo strumento di pagamento
più importante, la struttura del feudo divenne necessariamente più complessa. Furono istituite nuove
autorità, con il compito di riscuotere i dazi: nacquero i funzionari, embrione della nascente burocrazia,
deputati allo svolgimento di queste attività. Con la stagione delle crociate in Terra Santa questo modello
organizzativo fece un ulteriore balzo in avanti. Iniziò a formarsi un apparato burocratico che costituirà il
pilastro del centralismo statale. In sintesi, l’ordinamento feudale si basa:
a. Inesistenza di un potere pubblico derivante dalla sovranità.
b. Esercizio delle funzioni pubbliche come conseguenza di rapporti privatistici.
c. Percorso di trasformazione che iniziò nel momento del formarsi di un apparato burocratico.
Lo stato assoluto: la sovranità unica e indivisibile.
La nascita dello Stato in senso moderno, come entità dotata di sovranità originaria, si sviluppò
progressivamente intorno al 1400 attraverso un progressivo processo di accentramento di funzioni e di
compiti. Questo processo fu principalmente conseguenza della necessità di ricercare e gestire nuove
entrate, per mantenere l’apparato burocratico e per stabilizzare gli eserciti. Burocrazia, esercito e
sistema tributario, costituiscono le fondamenta sulle quali nacque lo Stato moderno, come ente non più
basato sugli strumenti del diritto privato ma dotato di strumenti pubblicistici per perseguire finalità
pubbliche. I Sovrani, per realizzare tale fine, dovettero concentrare il potere nelle proprie mani,
eliminando contemporaneamente i poteri intermedi che si erano formati nel periodo feudale e
medioevale. Il Re divenne titolare della funzione legislativa d anche di quella esecutiva. La
concentrazione del potere avvenne attraverso la concentrazione delle funzioni dello Stato nelle mani
del Sovrano, che aveva il potere di fare le leggi, di attuarle, e attraverso i giudici nominati da lui, di
risolvere le controversie connesse all’applicazione delle leggi. Il primo effetto istituzionale di questa
concentrazione di potere fu però la progressiva eliminazione degli antichi parlamenti medievali. Anche
le funzioni esecutive si concentrarono nelle mani del Sovrano, perchè per dirigere le principali funzioni
dello Stato il Re si serviva di ministri da lui direttamente nominati e di sua fiducia, che non erano
indipendenti al sovrano, essendo revocabili ad nutum (= in maniera libera) . La successiva
soppressione dei Tribunali feudali fece sì che anche il potere giudiziario si concentrasse nelle mani
del Re. Il Sovrano poteva “creare” diritto in maniera ampiamente discrezionale, direttamente
“giudicando” il caso concreto. La realizzazione in Europa dello Stato assoluto si sviluppò con
caratteristiche diverse: si trattò di un assolutismo pieno in Francia, di un assolutismo più frazionato in
Germania e di un assolutismo molto particolare in Inghilterra (dove continuavano ad esistere strutture
intermedie feudali). Lo Stato assoluto si trasformò poi nello Stato di polizia, che si differenzia da quello
assoluto sia da un punto di vista teorico sia per le maggiori garanzie offerte ai cittadini. Esso non si
fonda più sull’autosufficienza del potere sovrano svincolato dalle regole da lui stesso poste. Il potere
sovrano ha la funzione di garantire il benessere collettivo, cosicché il monarca non è più titolare di un
potere illimitato sui beni e sulle persone. Lo Stato offre tutela ai cittadini attraverso i cosiddetti “atti di
gestione” dello Stato. Nascono le prime forme di tutela giurisdizionale nei confronti degli atti del
Sovrano. In sintesi, lo Stato assoluto si basa su:
a. La nascita del concetto di “sovranità” come potere unitario, supremo e incondizionato, incardinato
nel Re.
b. La concentrazione delle funzioni dello Stato (legislative, esecutive e giudiziarie) nelle mani del
Sovrano.
c. La subordinazione dei cittadini al potere del Sovrano e la assenza di diritti garantiti.
Lo stato liberale: il principio della separazione dei poteri.
Dopo la Rivoluzione francese e dopo l’esperienza napoleonica, in Europa tornarono le monarchie e
nacquero, a cavallo dell’800, quelle forme di Stato, definite liberali, sulle quali si fonderà lo Stato
contemporaneo. Lo Stato liberale si fonda su: esistenza di una base sociale omogenea (borghesia), le
carte costituzionali concesse dal Sovrano, il principio rappresentativo, il principio di separazione dei
poteri e i diritti di libertà intesi come libertà negative (ovvero di libertà dalla Stato). Dall’applicazione di
questi principi deriva la qualificazione dello Stato liberale come “Stato di diritto”. La Restaurazione
aveva riportato sulla scena i Sovrani, ma la classe borghese non era disponibile ad un semplice ritorno
allo status quo del modello assolutistico. Essa aveva necessità di garanzie su alcuni diritti
fondamentali. Non er