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essere indicate erano le materie di cui aveva potestà legislativa la regione. Oggi la regione
ha potestà legislativa residuale in quelle materie in cui appunto, cioè potestà legislativa
concorrente e spazi in tutte quelle altre materie non elencate nell’articolo 117.
A seguito della riforma costituzionale, l’amministrazione pubblica diventa amministrazione
locale.il nuovo testo costituzionale mantiene le cinque regioni a statuto speciale, ma le
differenze tra le regioni potrebbero crescere in quanto si parla di diffusione della specialità
infatti le stesse regioni disciplinate dalla costituzione ora potranno ottenere ulteriori forme di
autonomia rispetto a quelle previste in materie affidate alla potestà legislativa concorrente,
all’organizzazione del giudice di pace o sull’istruzione. Questo ampliamento potrà essere
effettuato solo se richiesto dalla singola regione con una legge dello Stato e questa legge
deve essere approvata da entrambe le camere con una maggioranza assoluta dei
componenti.
negli Stati federali o comunque a forte decentramento politico, si pone problema dei raccordi
tra i diversi livelli territoriali di governo.
È ingenuo pensare che ciascun ente territoriale possa operare in autonomia solo perché
previsto dalla costituzione che ha individuato le materie per ciascun ente, infatti in società
industriali ad intenso mutamento e forte sviluppo tecnologico, le materie sono interconnesse
ai problemi molto più complessi che richiedono tutti i centri di potere pubblico.
La riforma costituzionale del 2001 non ha previsto quel meccanismo di raccordo che gli Stati
federali ritrovano nella camera di regioni.
Attualmente gli accordi sono la commissione bicamerale integrata e il sistema delle
conferenze.
La commissione bicamerale integrata:
essa è stata introdotta con la costituzione del 48 ed è stata configurata come una
commissione bicamerale composta da deputati e senatori con dei compiti consuntivi limitati
all’ipotesi di scioglimento anticipato dei consigli regionali.
una nuova disciplina poi è stata introdotta con la riforma costituzionale del 99, infatti con un
decreto motivato del presidente della Repubblica egli può sciogliere sia il consiglio regionale
che rimuovere il presidente della giunta qualora commettano e atti contrari alla costituzione,
questo decreto motivato del presidente della Repubblica, però deve essere adottato solo
dopo aver avuto diciamo autorizzazione della commissione.
Ma la valorizzazione della commissione avviene nel 2001 soprattutto grazie appunto questa
riforma del 2001 che ha introdotto due previsioni:
- I regolamenti parlamentari che danno la possibilità ai rappresentanti di regioni e ai
rappresentanti delle province autonome ed enti locali di partecipare alla commissione
bicamerale.
- Inoltre, quei progetti di legge che riguardano autonomia finanziaria di entrate di
spese necessitano dell'approvazione di una maggioranza assoluta da parte
dell’assemblea.
Per quanto riguarda invece il sistema delle conferenze:
Esso è stato creato prima della riforma del 2001 e continua ad operare.
I rapporti tra lo Stato e le regioni devono informarsi al principio di leale collaborazione per
perseguire i rispettivi interessi. Per poter attuare questo principio e quindi anche il raccordo
tra lo Stato e le regioni vi è la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonomi di Trento e Bolzano che poi è stata affiancata dalla conferenza Stato,
città ed enti locali che sono tutte riunite in una conferenza unificata. Queste conferenze sono
presiedute dal presidente del consiglio, ora un ministro da lui delegato, sono formate da
alcuni ministri e dai presidenti delle regioni.
Queste conferenze prevedono un confronto tra governo e le istituzioni regionali e locali che
sono coinvolte nell’andare ad elaborare alcuni atti del governo che incidono su interessi e
competenze delle regioni.
il principio leale di collaborazione deve governare i rapporti tra Stati e regioni ed è un
principio in base al quale i diversi livelli di governo devono cooperare tra di loro, nonostante
le diversità di funzioni e struttura. Essi comunque fanno parte dello stesso ordinamento.
Questo principio entrò nel diritto positivo nel 2001, quando l’articolo 120 della costituzione lo
riconobbe e lo estese ai rapporti dello Stato con regioni, città metropolitane, province e
comuni.
un’altra esigenza di raccordo si ha con il potere estero tra regioni e i rapporti che hanno con
l’Unione Europea. Lo Stato conserva la potestà legislativa in relazione alla politica estera
trattata internazionale dello Stato, i rapporti dello Stato con l’Unione Europea. Però ci sono
quelle materie che sono di competenza della regione che gli permettono di concludere degli
accordi con degli Stati delle intese con enti territoriali interne in un altro Stato. Chiaramente
questo può avvenire solo nei casi e nelle forme disciplinati dalla legge dello Stato che quindi
permettono e assicurano il raccordo tra la politica estera dello Stato e le attività di rilievo
internazionale delle regioni.inoltre è previsto che regioni e province autonomi di Trento e
Bolzano nelle materie di loro competenza possano partecipare alle decisioni dirette alla
formazione degli atti normativi dell’Unione Europea e provvedono pure all’attuazione ed
esecuzione degli accordi internazionali degli atti dell’Unione Europea. Va però evidenziato
che il governo può avere potere sostitutivo nei confronti degli organi delle regioni, delle città
metropolitane, delle province dei comuni.qualora vi sia mancato rispetto di norme e trattati
internazionali o della normativa dell’Unione Europea, pericolo di grave incolumità e di
sicurezza pubblica, il governo si può surrogare e emanando direttamente o attraverso un
commissario ad acta l’atto necessario.
RAPPORTI TRA REGIONI ED ENTI LOCALI:
Quando le regioni si sono istituite, i comuni e le province hanno dovuto fare i conti con un
nuovo centralismo: molte regioni evitavano di attribuire ai comuni le funzioni amministrative
che erano le loro competenza e tenevano una posizione di sovraordinazione di controllo nei
confronti degli enti locali.
Ma fortunatamente, con la legge 142 del 1990 c’è stato un cambiamento che ha riformato
l’ordinamento degli enti locali rendendoli anche più efficienti.
Poi c’è stata la riforma del 1993 che ha introdotto l’elezione diretta sia del sindaco con il
presidente della provincia.
Un altro processo di riforma c’è stato con la legge DELRIO che ha rivisto l’ordinamento
dell’ente intermedio che è quello che si colloca tra Comune e regione ed è quindi la
provincia che rimane un ente di secondo grado tant’è che gli organi della provincia sono
eletti dagli organi dei comuni che ne fanno parte.
COMUNE: è un ente locale che rappresenta la propria comunità, e ne cura sia gli interessi
che lo sviluppo, ha una sua autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa,
ma anche autonomia impositiva finanziaria. I suoi organi sono il sindaco e il consiglio che
sono eletti direttamente dai cittadini.
PROVINCIA: è un ente che si trova tra comune e regione, si dice ente di secondo grado in
quanto i suoi organi che sono sempre il presidente del consiglio sono eletti dai sindaci e dai
consiglieri dei comuni della provincia. Essa ha delle funzioni di area vasta di coordinamento
a livello urbanistico, dell’ambiente, dei trasporti, si occupa anche della gestione di strade,
edilizia scolastica e della rete scolastica.
CITTÀ METROPOLITANE: non si trovano a Perugia in quanto sono collocate solo nelle città
maggiori, come ad esempio Genova Bologna e Firenze e Roma ed altre. In linea di principio
si sostituisce alla provincia, essa è governata da un sindaco metropolitano che sarebbe il
sindaco del capoluogo, ma non solo ha pure un consiglio che viene eletto dai sindaci da
consiglieri dei comuni che sono collocati nella sua area e poi vi è una conferenza
metropolitana che riunisce tutti i sindaci.essa si occupa dei piani territoriali di coordinare i
servizi e le mobilità
UNIONI DI COMUNI— sono enti locali costituiti da due o più comuni che si trovano ad
esercitare funzioni e servizi di competenza associata.
L’articolo 114 pone questi enti locali sullo stesso piano delle regioni dello Stato. Quindi
ciascun ente si può dare il proprio statuto che va a stabilire le norme fondamentali
dell’organizzazione dell’ente.
L’articolo 118 stabilisce che i comuni, province e città metropolitane sono titolari di funzioni
proprie oltre a quelle conferite con legge statale regionale.
I raccordi tra regione e enti locali sono disciplinati dalla costituzione che prevede che in ogni
regione, lo statuto deve disciplinare il consiglio delle autonomie locali in cui si siedono i
rappresentanti degli enti locali e deve funzionare come organo che ha funzione consultiva.
AUTONOMIA FINANZIARIA — essa riconosciuta dall’articolo 119 sia sul versante delle
entrate che su quelle delle spese, a favore di regioni ed enti locali.
Cosa significa questo?
Che gli enti territoriali devono avere delle proprie entrate e anche il potere di determinare la
composizione e la quantità, ma non solo loro devono anche stabilire come spendere le
risorse che hanno.
La costituzione prevede che regioni ed enti locali abbiano una finanza che si alimenta con
tributi ed entrate proprie ma anche con il guadagno di tributi statali che va alle regioni.
Quindi, enti territoriali e regioni hanno autonomia di scelta sia per l’imposizione tributaria sia
su come impiegare le risorse.
Per quanto riguarda il coordinamento della finanza pubblica il sistema tributario, essendo di
potestà legislativa concorrente, lo Stato pone i principi fondamentali, poi il resto è
disciplinato dalle regioni.
Però, per esempio, l’armonizzazione di bilanci pubblici e la perequazione delle risorse
finanziarie è potestà dello Stato.
Le regioni e gli enti locali potranno essere dotati di risorse finanziarie diverse in base alla
loro ricchezza economica che hanno nel territorio.
Questo perché il guadagno dei tributi statali per le regioni sia quelli che istituiscono le regioni
varia in funzione della ricchezza tassata.
Quindi ci saranno regioni più ricche e altre meno ricche. Siccome questa cosa si vuole
evitare, viene istituito un fondo perequativo a favore di quei territori che hanno una capacità
fiscale per abitante minore.
Questo fondo assegna gli enti territoriali più deboli a livello economico delle risorse
aggiuntive che gli permettono di finanziare le funzioni pubbliche attribuite a questi enti.<