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L'INTERAZIONE FRA CORTE COSTITUZIONALE, CORTE EUROPEA DEI DIRTTI DELL'UOMO E CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UNUONE EUROPEA: IL CASO DEI DIRITTI DEL CONDANNATO INCONTUMACIA

La vicenda è più complicata rispetto alla lezione precedente perché prende la forma di un triangolo: la stessa Corte di Lussemburgo entra in gioco con le altre 2.

Quello di un qualsiasi imputato a un equo processo è un diritto previsto usualmente da carte dei diritti e convenzioni internazionali, con la specifica inclusione del diritto a essere presente e a potersi difendere personalmente, al di là dell'assistenza tecnica di un legale laddove si renda necessaria.

La previsione di un diritto di siffatto la si legge dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, dalla Carta europea dei diritti, dal Secondo Protocollo di addizione alla Convenzione europea di estradizione.

Si potrà obiettare che, almeno per coloro che siano stato colti in flagranza di reato, non

si renda poi tanto necessaria la presenza nel corso di un procedimento a loro carico. Eppure, se si consultasse qualche testo sulle procedure, sulla formazione della verità processuale, ci si renderebbe subito conto di come l'assenza dell'interessato, sia pure accertato come autore del fatto incriminato, possa gravemente pregiudicare la qualità del risultato al quale condurrà il dibattimento. Proprio perché ci insegnano che la verità processuale non potrà mai corrispondere perfettamente alla verità in senso assoluto, è fondamentale che la giustizia umana si avvalga almeno del confronto fra tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, allo scopo di arrivare alla fine a una ricostruzione il più possibile veritiera.

Il processo in contumacia in Italia, diversamente che in Germania e in Spagna, lo abbiamo sempre praticato, applicando norme che, tuttavia, sono venute cambiando nel tempo come riflesso di una crescente diffidenza.

nei confronti di questa forma processuale: - nel Codice di procedura penale del 1930 si provvedeva alla mera notifica all'imputato del suo rinvio a giudizio senza bisogno di alcun altro accertamento - più avanti lo scenario divenne più articolato, anche grazie all'intervento di altre Corti; difatti il Codice di procedura penale del 1955 e poi quello degli anni Ottanta, disponeva che, per impugnare la condanna a suo carico, l'imputato avrebbe dovuto dimostrare di non aver avuto conoscenza del procedimento in corso contro di lui e ricorrere entro e non oltre 10 giorni dalla presa di coscienza del fatto. In questo contesto, dirompente fu la giurisprudenza di Strasburgo sul tema; tra le tante sentenze, Sejdovic c. Italia, ricordiamo quella caso deciso nel 2004 con sentenza confermata due anni più tardi dalla Grande Camera di Strasburgo. Qui, un Rom di origine Serbia residente in un campo nomadi di Roma e accusato di omicidio scappa e, in contumacia e alla

Presenza di un difensore d'ufficio cinese condannato a 20 anni di reclusione. Viene presentato ricorso alla Corte di Strasburgo, la quale rileva la diabolicità dellaprova i inconsapevolezza- come fa una persona a provare che non sapeva di essere stato rinviato agiudizio?- e l'inaccettabilità dei soli 10giorni previsti dal codice come tempo troppo breve per fare ricorso. Non che il diritti a essere presenti al dibattimento sia irrinunciabile ma, per rispettare i diritti dell'imputato, deve essere evidente e dimostrato che sia l'imputato stesso ad aver motivatamente rinunciato alla presenzain aula. Se, invece, un imputato non è nelle condizioni di venire a conoscenza del procedimento a suocarico, quello che deve prevalere è il diritto alla difesa, anche personale. All'indomani di questa pronuncia di Strasburgo, il governo italiano interviene nella materia con il decreto-legge n.17 del 2005 per modificare i termini della contumacia,

stabilendo che l'onere di provare la presa d'atto del rinvio a giudizio da parte dell'imputato spetti alla parte pubblica e estendendo il tempo utile per fare ricorso da 10 a 30 giorni. Inoltre, opera anche un altro cambiamento, vale a dire abroga la previsione contenuta nell'articolo 175, comma 2 del Codice di procedura penale che esplicitamente vietava all'imputato, una volta venuto a conoscenza del processo celebrato a suo carico, di presentare ricorso dopo che lo avesse già fatto a sua insaputa il difensore assegnatogli d'ufficio. Nel 2008, la Corte di cassazione, con la sentenza n.6026, rileva che la nuova lettura dell'articolo 175, comma 2, implicante la possibilità di una doppia impugnazione invece di una singola, è in contrasto con un principio fondamentale del nostro sistema processuale: della durata ragionevole del processo, dilatandone insostenibilmente i tempi. La Corte di cassazione decide così che l'articolo 175,

comma 2, pur non contenendo più un esplicito divieto, debba essere letto nel senso che l'impugnazione personale del condannato contumace non è consentita quando vi sia già stata l'impugnativa del difensore.

L'anno successivo, però la Prima sezione penale della stessa Corte di cassazione solleva un dubbio di legittimità costituzionale sull'articolo 175, comma 2 del Codice di procedura penale in quanto l'interpretazione stabilita dalle Sezioni unite della Suprema Corte, assegnerebbe alla norma impugnata un contenuto percettivo incompatibile con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, nonché con l'articolo 111 e l'articolo 24 della Costituzione. Qui non viene messa in discussione l'interpretazione data dalle sezioni unite. È un'interpretazione vincolante ed è bene che lo sia, perché se di una disposizione giudici diversi danno interpretazioni diverse, è certo un

male che non rende il modo più bello. Ma qui ci sichiede se quell’interpretazione sia conforma alla Costituzione ed è a questo riguardo che i singoli giudiciriacquistano la loro libertà di pensare e valutare con la propria testa. Tutti devono uniformarsiall’interpretazione data dalla Cassazione nell’esercizio della sua funzione di nomofiliachia. Ma anche se èvero che, quando la enuncia e le fa valere, di sicuro non ritiene che possano essere in contrasto con laCostituzione, è bene che non ci sia vincolo su questo profilo ulteriore e che, se un giudice invece lo ritenga,possa sollevare la relativa questione.Così, nel prendere atto dell’interpretazione delle Sezioni unite, la Prima sezione della Corte di Cassazionene rileva il possibile contrasto con l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e, diconseguenza, l’incostituzionalità per violazione dell’articolo 117, primo

comma della Costituzione, l'à dove prevede il rispetto degli obblighi internazionali. Dunque, la questione di costituzionalità nasce non necessariamente perché è stata ignorata la giurisprudenza di Strasburgo, ma perché la lettura delle Sezioni unite violerebbe l'articolo 6 della Convenzione (così come interpretato dalla stessa Corte di Strasburgo) e quindi, per l tramite dell'articolo 117, la stessa Costituzione.

La decisione della Corte Costituzionale n.317 del 2009, provocata dall'ordinanza di rinvio della Prima sezione penale della Corte di cassazione, è molto netta, ricca di riferimenti alle questioni del bilanciamento e del margine di apprezzamento e agli stessi vincoli che nascono dalle sentenze della Corte di Strasburgo.

Nel caso di cui ci stiamo occupando, la Corte costituzionale deve prendere atto dell'interpretazione che le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno fornito, volta a escludere che

l'articolo 175, come 2 del Codice di procedura penale possa essere letto al fine di consentire la doppia impugnazione- del condannato in contumacia oltre a quella del suo difensore. Essa inoltre è ben consapevole che la seconda impugnativa, quella del contumace, può avere ad oggetto sentenze già è passate in giudicato, per cui ammetterla o non ammetterla, oltre e dopo quella del suo difensore, potrebbe addirittura portare all'apertura di un processo totalmente concluso. La Corte costituzionale dice: "è evidente che questa Corte non solo non può consentire che si determini, per il tramite dell'articolo 117, primo comma, Cost. una tutela inferiore a quella già esistente in base al diritto interno". Questo è un principio su cui serve assolutamente soffermarsi: l'ordinamento italiano è vincolato al rispetto della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; tuttavia, la natura negoziale di

Questo riflette sempre una tutela mediana rispetto a quella assicurata dai singoli ordinamenti nazionali dei Paesi che l'hanno sottoscritta. In altri termini, può accadere che, per quegli Stati meno attenti ai diritti fondamentali, la tutela condivisa discende dalla ratifica della Convenzione sia più intensa di quella garantita entro i confini domestici. Per altri, al contrario - e, per fortuna fra questi si trova l'Italia - la tutela espressa dalla Convenzione si rivela in più casi inferiore rispetto ai nostri standard di garanzia dei diritti. Ecco perché mediana: parlavo di tutela può essere un regime di protezione più alto per alcuni e più basso per altri. Ecco perché la Corte precisa che, dove noi abbiamo standard più alti, non ci vincolano quelli più bassi. Proseguendo il suo argomento, però, la nostra Corte rileva che, a guardare il livello di tutela assicurato al contumace dalla Convenzione europea.

Per il tramite della giurisprudenza di Strasburgo e quello che scaturisce dall'interpretazione data dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, il livello convenzionale è più alto di quello interno. Secondo Strasburgo, infatti, il contumace potrebbe presentare la sua impugnazione diretta anche in presenza di un'impedimento del suo difensore, mentre per la nostra Corte di cassazione questo sarebbe da escludere. Pertanto, in ragione dell'articolo 117, primo comma della Costituzione, il nostro ordinamento deve fare i conti con lo standard di tutela assicurato dalla Convenzione così come interpretata da Strasburgo e con la conseguente esigenza di adeguare a esso il nostro standard interno.

Dice la nostra Corte: "il richiamo al nazionale - elaborato dalla stessa Corte di Strasburgo - trova la sua primaria concretizzazione nella funzione legislativa del Parlamento, ma deve essere sempre presente nelle valutazioni di questa Corte".

Mentre, infatti, la Corte di Strasburgo decide un singolo caso e, rispetto a quel singolo caso solamente, rileva il limite incontrato dalla tutela del diritto in ambito esterno gioco e valuta se esso sia discendente da un uso ragionevolmente accettabile del margine.

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Publisher
A.A. 2021-2022
22 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MartiCasu01 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Azzariti Gaetano.