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LE FONTI COSTITUZIONALI
La costituzione provvisoria
All’esposizione delle fonti esterne e intermedie dell’ordinamento giuridico fa seguito
quella delle fonti interne, a partire dalla Costituzione.
A questo proposito, va ricordato che l’adozione della Costituzione repubblicana da
parte dell’Assemblea Costituente deve farsi risaltare all’emanazione, durante la
vigenza dell’ordinamento transitorio di due decreti luogotenenziali (n°151/1944,
n°98/1946) mediate il quale si stabilì come determinare, una volta terminate le
operazioni belliche e liberato il territorio nazionale, il nuovo assetto costituzionale. In
ragione del loro contenuto, ai due decreti deve essere riconosciuta la natura di atti
normativi costituzionali, come evidenzia peraltro il ricorso, da parte della
costituzionalistica, all’espressione prima e seconda costituzione provvisoria ai fini della
loro qualificazione. Che tali atti rivestissero carattere costituzionale risulta altresì dalla
disposizione costituzionale secondo la quale “l’entrata in vigore della Costituzione
converte in legge il decreto legislativo luogotenenziale n°151/1944 sull’ordinamento
provvisorio dello Stato”.
Il decreto del 1944 definito anche con l’espressione “tregua istituzionale” prevedeva
che la forma istituzionale sarebbe stata scelta da un’Assemblea costituente eletta a
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suffragio universale e diretto. Il decreto del 1946 prevedeva invece, che la scelta della
forma istituzionale dello Stato sarebbe stata fatta dal popolo mediante referendum e
contemporaneamente si sarebbe eletta un’Assemblea Costituente.
Carattere costituzionale va riconosciuto anche all’atto risultante da referendum
istituzionale, con il quale il popolo, deliberando l’adozione della forma repubblicana,
ebbe a porre un norma fondamentale dell’ordinamento costituzionale, vincolando la
stessa Assemblea Costituente. La Costituzione presuppone, dunque, la fonte-atto
risultante dal referendum istituzionale, rispetto al quale l’articolo 1 primo comma
l’Italia è una Repubblica”,
Costituzione, laddove enuncia che: “ riveste carattere
ricognitivo della norma sulla forma di Stato risultante da tale referendum.
La Costituzione
La Costituzione è la prima e fondamentale fonte dell’ordinamento interno,
condizionante tutte le altre fonti e a tutte sovraordinata, massima espressione
dell’originalità ed esclusività dell’ordinamento normativo. Ciò trova espressa conferma
la Costituzione dovrà essere fedelmente
nella disposizione costituzionale per la quale “
osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi
dello Stato”. È quindi la Costituzione stessa ad autoqualificarsi formalmente come
fonte prima dell’ordinamento giuridico. Essa si pone così come la fonte suprema dei
poteri interni di produzione normativa e come la fonte e il limite dei poteri esterni.
La Costituzione è una fonte-atto dotata di particolare efficacia. Dal lato attivo,
trattandosi della prima fonte dell’ordinamento, pone le norme destinate ad operare
fino alla loro abrogazione da parte di fonti alle quali essa demandi questo potere. Dal
lato passivo resiste all’abrogazione di tutte le fonti che non siano da essa autorizzate,
e nei limiti di forma e di sostanza in cui questo sia consentito. È nello stabilire le
condizioni di validità attinenti al procedimento e al contenuto della propria revisione
che la Costituzione manifesta la superiorità gerarchica rispetto alle altre fonti
dell’ordinamento, il suo essere, dal punto di vista formale efficacia, la Costituzione. La
Costituzione italiana è dunque rigida, ossia modificabile con un procedimento
aggravato rispetto a quello previsto per la legislazione ordinaria e, comunque, non
rivedibile in alcune delle sue norme.
Esistono infatti dei limiti alla revisione della Costituzione:
- A) Vietata la revisione della forma repubblicana, intesa nell’ampio senso di forma di
governo concretante la democrazia pluralista, involgente la sovranità popolare,
l’autonomia degli enti territoriali, l’elezione della rappresentanza politica, la libertà di
pensiero, associazione, di voto. L’irrivedibilità della forma repubblicana è un limite
sostanziale alla revisione costituzionale, risalente al referendum istituzionale, ossia ad
un atto di esercizio diretto della sovranità popolare. Le fonti costituzionali non sono
assoggettabili a referendum abrogativo, in quanto il referendum istituzionale è
ritenuto come una consultazione straordinaria e irripetibile. Una parte della dottrina, in
passato, riteneva che la forma repubblicana potesse essere modificata attraverso una
doppia revisione della Costituzione. In particolare, una legge di revisione diretta ad
abrogare l’articolo 139 Costituzione, la seconda volta a reintrodurre la forma
monarchica. All’interno di questo pensiero dottrinale, altri, sostenevano che tale
risultato si potesse raggiungere con una sola legge di revisione.
- B) Il compito di garantire la rigidità della Costituzione nei confronti del legislatore sia
costituzionale, sia ordinario, è affidato al controllo di costituzionalità delle leggi da
parte della Corte Costituzionale. La rigidità garantita costituisce un limite “implicito”
alla revisione costituzionale: se potesse venir infranto, verrebbe meno la sottrazione
alla revisione della forma repubblicana. 18
- C) Oltre ai limiti citati, sono da annoverare i diritti inviolabili della persona umana. Si
deve ammettere, cioè, la revisione diretta ad ampliare la garanzia dei diritti inviolabili
disposta dalle norme costituzionali che li prevedono e le disciplinano.
- D) Alla revisione costituzionale sono sottratti anche i principi fondamentali
dell’ordinamento costituzionale, i principi supremi, i quali, essendo inderogabili da
norme di ordinamenti esterni normalmente derogatrici di norme costituzionali,
resistono anche alla revisione costituzionale:
“La Corte Costituzionale ha affermato che la Costituzione italiana contiene alcuni
principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto
essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali.
Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti
assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana, quanto i
principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili
al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori
supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana. Trattasi di quei principi ai quali la
Corte ha riconosciuto una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango
costituzionale” (sentenza n°1146/1988).
Alla fine, la Costituzione, come fonte gerarchicamente superiore ad ogni altra pare
potersi identificare nel nucleo costituzionale rappresentato dalla norma sul
procedimento di revisione e dalle norme che statuiscono i limiti espliciti o impliciti
(come la rigidità) all’operare del procedimento stesso (la c.d. costituzione nucleare).
Le leggi costituzionali
Le leggi di revisione costituzionale sono gli atti normativi che pongono le norme atte
ad abrogare o a modificare le norme della Costituzione, contenendosi nei limiti,
espressi o impliciti, fissati da quest’ultima. Accanto alle leggi di revisione la
Costituzione contempla, accomunate nell’articolo 138 dallo stesso procedimento
legislativo, le altre leggi costituzionali, delle quali non è tuttavia agevole individuare i
caratteri distintivi e soprattutto l’ambito materiale della competenza. Spesso la
Costituzione usa l’espressione “leggi costituzionali” con riferimento a leggi anche di
revisione, non sembrando voler seguire una distinzione pur da essa introdotta. Altre
volte mostra con chiarezza che deve trattarsi di leggi che aumentano la materia
costituzionale senza incidere direttamente sul testo della Costituzione, dovendosi
ammettere oltretutto che ogni norma costituzionale è idonea a modificare il significato
delle norme appartenenti al sistema costituzionale e quindi di revisionarle, ossia di
modificarne il testo e/o l’interpretazione. D’altronde non si rinvengono limiti, che non
siano quelli di revisione a che la materia costituzionale sia estesa oltre le espresse
riserve di legge costituzionale. Con la conseguenza che i rapporti fra leggi
costituzionali e quelle ordinarie sembrano essere regolati piuttosto dal principio della
concorrenza / gerarchia che non quella della riserva / competenza. Infine, si ricorda
che esiste una categoria unitaria di “leggi costituzionali” con una numerazione
progressiva e distinta rispetto alle leggi ordinarie.
Le leggi costituzionali sono collocabili per la loro efficacia al massimo livello del
sistema delle fonti. Al di fuori degli ambiti sottratti alla revisione, possono innovare
qualunque fonte di grado costituzionale e resistere all’abrogazione di qualunque fonte
inferiore. Sono sottratte all’abrogazione mediante referendum, perché la loro modifica
e abrogazione, come del resto quella delle norme della Costituzione, è prevista nel
solo modo indicato dall’articolo 138 Costituzione. Questo regime è in parte eccettuato
dalle leggi costituzionali di variazione territoriale delle regioni e dalle leggi
costituzionali di adozione degli statuti delle Regioni speciali. 19
Le leggi costituzionali di variazione territoriale delle Regioni
Le leggi costituzionali di variazione territoriale delle Regioni dispongono l’aumento o la
diminuzione del numero delle Regioni esistenti, mediante la fusione delle stesse o la
creazione di Regioni nuove con un minimo di un milione di abitanti, purché la
variazione territoriale sia chiesta da una frazione delle popolazioni interessate e sia
decisa con referendum dalla totalità delle medesime.
A) Si definisce fusione il fenomeno per il quale due o più Regioni, estinguendosi, danno
luogo alla formazione di una nuova Regione, determinandone la diminuzione del
numero. B) All’ipotesi della fusione è riconducibile la fusione per incorporazione (o
annessione totale), nella quale all’estinzione della Regione incorporata non consegue
la nascita di una nuova Regione, ma la modificazione della Regione incorporante. C) La
creazione, invece, è denotativa dei fenomeni di variazione territoriale che aumentano
il numero delle Regioni.
Le leggi costituzionali di variazione territoriale seguono un procedimento parzialmente
diverso da quello previsto per l’approvazione delle leggi di revisione costituzionale e
per le altre leggi costituzionali, sia perché l’iniziativa legislativa è riservata agli org