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Il ruolo della Corte Costituzionale nel sistema
La natura "bifronte" del Giudice costituzionale Il ruolo del Giudice costituzionale nel sistema politico-istituzionale viene a dipendere da tutta una serie di fattori e di elementi. Questo ruolo viene determinato in primo luogo dal quadro normativo dettato attraverso le scelte della Costituente e la loro attuazione da parte del legislatore. In secondo luogo, il ruolo della CC attraverso i comportamenti della stessa e i rapporti che questa instaura con gli altri soggetti istituzionali (in particolare Parlamento, autorità giudiziaria e Presidente della Repubblica). Per quanto attiene alla natura delle funzioni esercitate dalla CC, queste non sono inquadrabili né tra le funzioni di tipo legislativo, né tra quelle di tipo giurisdizionale, ma vengono a collocarsi in una posizione intermedia che caratterizza "l'ambiguità" della CC o il carattere ibrido delle sue funzioni che hanno.portato a definire la stessa "organogiurisdizionale dotato di forza politica" e "giudice e legislatore al tempo stesso". La caratterizzazione in parte politica, ed in parte giurisdizionale della CC, può dirsi propria di qualsiasi sistema accentrato di giustizia costituzionale, ponendosi la necessità di individuare un giusto punto di equilibrio tra i due momenti. Tale punto di equilibrio, non pare possibile né opportuno indicarlo in anticipo e astratto, risultando il carattere bifronte della CC un elemento positivo per un efficace e proficuo svolgimento delle funzioni assegnate, la cui flessibilità le permette di adattarsi di volta in volta alle condizioni del sistema politico ed alle differenti realtà che deve affrontare. La Corte e il suo processo Per quanto riguarda le disposizioni regolanti il processo costituzionale, ci si è interrogati in proposito circa il grado di vincolatività che tali disposizioni assumono perGiudice delle leggi, in considerazione della sua natura ambigua. Una disciplina in tal senso è fondamentale al fine di delineare i rapporti tra la CC el'autorità giudiziaria o la CC e gli organi politici e quindi a regolare i limiti della sua attività ed il ruolo che alla stessa si è voluto attribuire nel nostro sistema costituzionale. Il "processo costituzionale", in un primo momento, fu studiato da un punto di vista processualistico cioè in relazione all'applicabilità allo stesso di istituti e categorie elaborate in ordine a tipi di processo già noti. Successivamente la dottrina costituzionale pose maggiore attenzione sulle caratteristiche che distinguevano tale processo da quello civile, penale o amministrativo. Nell'ambito delle caratteristiche e delle particolarità proprie del processo costituzionale si colloca sicuramente la capacità di autoregolamentazione della CC che avviene attraverso la propriagiurisprudenza o l'elaborazione di regole procedurali attraverso le quali la CC sopperisce ad una disciplina per molti versi lacunosa del processo costituzionale e ad un'interpretazione delle disposizioni in materia. Questo ruolo creativo della giurisprudenza costituzionale si è manifestato fin dai primi anni del suo funzionamento, basti pensare alla fondamentale presa di posizione, contenuta nella prima sentenza (1/56) circa la sindacabilità delle leggi anteriori all'entrata in vigore della Cost. Il riconoscimento della legittimità di un importante e concreto apporto della giurisprudenza costituzionale alla determinazione della disciplina processuale non può d'altra parte significare libertà completa di scegliere ora l'una ora l'altra interpretazione della disposizione processuale. Si può concordare sul fatto che il processo costituzionale, in conseguenza del suo particolare oggetto e quindi interesse.generale adesso è sotteso, è un tipo di processo assai particolare, tale da non poter utilizzare sic et simpliciter e senza adeguati adattamenti le categorie processuali elaborate con riferimento ad altri tipi di processo come ad esempio il concetto di "parte", di "interesse a ricorrere", di "intervento". Si può altresì essere d'accordo sulla necessità di un'interpretazione ampia delle disposizioni processuali da parte della CC e sul considerare quindi le stesse caratterizzate da una certa flessibilità, in modo da riconoscere alla stessa un qualche margine di discrezionalità nella sua applicazione. Ma detto questo deve richiedersi una coerenza nell'uso di tale discrezionalità, in modo da creare una uniformità di comportamento in presenza delle stesse condizioni e di obbligare la CC, allorché intenda decidere diversamente, quantomeno a motivare il proprio comportamento. Lanecessità di previsioni elastiche, tali da consentire una certa libertà di movimento alla CC non devono però sbilanciarsi fino a farla assumere una connotazione completamente politica. Ecco perché Onida ha individuato un nucleo di principi necessari che dovrebbero sempre essere rispettati dalla CC, quali:- Non spetta alla CC se decidere o meno, come può fare un organo politico;
- Non spetta alla CC stabilire su cosa decidere, perché il materiale delle sue decisioni proviene dall’esterno.
- Non spetta alla CC, se non entro limiti determinati, stabilire quando occuparsi di un determinato tema.
- La CC è subordinata all’obbligo di motivazione espresso dall’Art 111 C1 secondo cui “tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati”.
primo caso> diviene sinonimo di razionalità, logica, coerenza, congruità. In tali ipotesi spesso la CC ancora il sindacato alla ratio legis, il che le consente di esplicare il suo giudizio mantenendosi nei limiti fissati dall’ordinamento.
Nel secondo caso> diviene sinonimo di bilanciamento, equilibrio, contemperamento. In tali ipotesi la CC opera un bilanciamento tra due o più principi, tutti riconosciuti a livello costituzionale ma che non possono essere congiuntamente realizzati.
La nozione di ragionevolezza finisce per essere molto sfuggente e per abbracciare il campo davvero sterminato della rispondenza di una norma a canoni di coerenza, razionalità e proporzionalità con il rischio di conferire alla stessa connotati politici (“senato della buona legislazione”) che esorbitano dal proprio ruolo istituzionale.
Le sentenze manipolative e le “rime obbligate”
Le funzioni della CC sono state “avvicinate” a quelle
Proprie del Parlamento con riferimento all'uso, da parte della prima, delle decisioni c.d manipolative attraverso le quali la CC procede direttamente a modificare la norma sottoposta al suo esame. Tali decisioni sono anche definite "autoapplicative" ad indicare il carattere immediato del loro effetto che prescinde da qualsiasi successivo intervento parlamentare.
Si è parlato di un ruolo di "supplenza" della CC nei confronti del Parlamento, ponendo il problema della legittimazione della CC a compiere scelte che spettano esclusivamente al legislatore.
All'accusa di "sconfinamento", si è replicato attraverso la tesi secondo cui la CC non svolgerebbe in questi casi alcune attività creativa ma, attraverso l'interpretazione, si limiterebbe a far emergere norme che sono già presenti nell'ordinamento e che le decisioni manipolative verrebbero a rendere palesi, in quanto unica soluzione costituzionalmente possibile:
Una soluzione che sarebbe pertanto a "rime obbligate", secondo la celebre definizione di Crisafulli. Queste hanno sempre assunto il significato di porsi come limite alle decisioni manipolative della CC, ma in taluni casi è stato superato tale concetto adottando la CC pronunce manipolative di chiara natura creativa e non obbligata (della soluzione adottata):
Nel 2016 la CC ha ritenuto che di fronte ad una situazione di manifesta irragionevolezza, per sproporzione di un determinato trattamento sanzionatorio, il proprio intervento è possibile seppur a determinate condizioni.
La nuova linea giurisprudenziale viene meglio puntualizzata nel 2018 e successivamente ribadita nel 2020, dove si sostiene che essenzialmente sufficiente a consentire il sindacato della CC sulla congruità di un determinato trattamento sanzionatorio è il sistema nel suo complesso che offre alla CC "precisi punti di riferimento" e "soluzioni già esistenti".
Ancorché non costituzionalmente obbligate, che possano sostituirsi alla previsione sanzionatoria.