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CAPITOLO III – LE TRASFORMAZIONI DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA

1. Le origini delle teorie della rappresentanza politica: il mandato libero

tra mediazione e separatezza della sfera politica

La riflessione sulla rappresentanza politica si è storicamente sviluppata secondo

due indizzi Fondamentali:

- Il primo vede la funzione principale della rappresentanza nella

formazione di un interesse generale della società che supera quello dei singoli

gruppi sociali e quindi nell’espressione di una unità politica più alta rispetto

alle divisioni della società.

- Il secondo ritiene invece che la volontà popolare, di cui la rappresentanza

deve essere interprete, non può considerarsi staccata dall’articolazione del popolo

in

gruppi, categorie e comunità territoriali.

Non c’è dubbio che dei due indirizzi lo stato liberale avesse privilegiato nettamente il primo.

- Ciò avvenne in modo più sfumato nel parlamentarismo inglese dove il parlamento veniva

considerato sì come portatore di un solo interesse, quello dell’intero popolo, ma si trattava di un

parlamento composito nei quali confluivano i diversi strati della società. In questo senso le

prime formulazioni della teoria del mandato libero si inserivano in un sistema parlamentare di

tipo pluralistico.

- La stessa cosa non si può dire per il liberalismo continentale, in primo luogo quello

francese Post-rivoluzionario, dove lo sviluppo della teoria del mandato libero,

era invece funzionale al mantenimento dell’egemonia politica della borghesia. In

tal modo infatti identificando la volontà dei rappresentanti e la volontà della nazione, la

stessa vol ontà della nazione era il risultato di

una discussione parlamentare che tagliava fuori i conflitti esistenti nella società che

quindi rimanevano estranei al processo politico.

La teoria della rappresentanza senza vincoli di mandato era quindi nel liberalismo

continentale strumentale al rafforzamento di un assetto oligarchico ma anche al

raggiungimento di una unità politica che però era separata dalla società civile

sottostante. Ne derivavano conseguenze quali quella che la rappresentanza non può

dare luogo ad alcuna relazione

giuridica tra rappresentanti e rappresentati o che le elezioni esprimono solo una scelta

basata sul v alore personale del rappresentante o anche che non vi è alcun legame

necessario tra rappresentanza e rappresentatività.

- Diversa è l’esperienzastatunitense dove si sarebbe sviluppata una teoria della

rappresentanza basata sulla comunicazione tra rappresentanti e rappresentati e

quindi sul controllo dei rappresentanti da parte dei rappresentati.

2. Principio di rappresentanza e principio di identità nella democrazia pluralista

Nel costituzionalismo democratico contemporaneo l’alternativa tra i due indirizzi

fondamentali della rappresentanza visti sopra si ripropone con forza. Infatti le moderne

democrazie hanno permesso di superare la divisione liberale tra stato e società,

riconoscendo al tempo

stesso l’esistenza di una società divisa e conflittuale (principio pluralistico) e l’esigenza

di una diffu sapoliticizzazione della popolazione (principio democratico). Tuttavia

mentre il principio pluralistic o presuppone l’idea che il conflitto nella società sia

insuperabile ma anche positivo, il principio democratico richiede l’esistenza di un

comune catalogo di valori fondamentali che permettano l’unificazione della società.

Già i giuristi weimariani avevano avvertito questo problema tanto è vero che già Heller

sosteneva che il popolo non poteva diventare soggetto della sovranità se non

attraverso un processo di unificazione della volontà popolare, unificazione che doveva

essere raggiunta tramite la rappresentanza. Tuttavia se in tal modo veniva posta una

linea di netta separazione tra la democrazia pluralistica e lo stato oligarchico liberale si

poneva il problema relativo al ruolo dei partiti nello schema tradizionale della

rappresentanza. Infatti ci si chiedeva se una democrazia pluralista che riconosce il

ruolo dei partiti come soggetti principali del processo politico potesse continuare ad

usare gli schemi della rappresentanza. Ciò in quanto non poteva sfuggire la

contraddizione tra un parlamentarismo fondato sulla discussione libera dove la

rappresentanza realizzava l’unità politica del popolo e un assetto dove la dipendenza

del deputato dal partito poteva degradare la discussione parlamentare al calcolo dei

rapporti di forza e egli interessi in gioco.

A tale problema i giuristi tendevano a dare risposte diverse.

- Secondo Schmitt ipartiti non dovevan essere considerati come soggetti del

sistema rappresentativo ma solo espressione del principio di identità e quindi

l’unità politica poteva

essere raggiunta solo tramite la rappresentanza senza ricorrere al principio di identità.

- Secondo Leibholz invece la contraddizione tra parlamentarismo

rappresentativo e sistema dei partiti dimostra l’inadeguatezza degli schemi

della rappresentanza richiedendo invece il recupero

del principio di identità che può essere raggiunto tramite lo stato dei partiti che, come

abbiamo visto viene da lui ricostruito come un surrogato della democrazia diretta o

plebiscitaria e realizza l’identità della relazione popolo-partitistato.

Leibholz quindi realizzava una saldatura tra l’espressione della volontà del popolo

attraverso i part iti e la formazione dell’indirizzo politico statale.

Non si può negare tuttavia che lo stato dei partiti con la sua base plebiscitaria richieda e

presupponga una certa omogeneità della società civile e un forte nesso tra essa e il

sistema dei partiti.

Non a caso infatti tale teoria fu elaborata riflettendo l’esperienza tedesco federale degli anni

50 caratterizzata da un forte livello di istituzionalizzazione dei partiti.

Lo studio delle esperienze del parlamentarismo tra le due guerre avrebbe invece dimostrato

che

l’inserimento di congegni di tipo plebiscitario può contribuire invece ad aumentare il

distacco tra il processo politico e il pluralismo della società. Si è anche osservato che

proprio in qu elle società dove la formazione della volontà politica si presenta più

frammentata e diversificata è utilericorrere a congegni di mediazione legati alla

struttura della rappresentanza piuttosto che

al modello plebiscitario.

3. Rappresentanza politica, stato dei partiti e organizzazione del pluralismo sociale

C’è un altro filone di pensiero il quale hacollocato il ruolo dei partiti nell’ambito del

parlamentarismo.

Si tratta di un filone culturale molto diversificato che unisce autori di tendenza

diversa. Possiamo citare ad esempio:

- Kelsen, il quale vedeva nella formazione del popolo in partiti una organizzazione

necessaria

per

il funzionamento parlamentare;

- o Mortati secondo il quale il ruolo dei partiti avrebbe condotto non al

superamento ma allo sdoppiamento del rapporto di rappresentanza politica nel duplice

rapporto tra elettori e partit i e partiti e rappresentanti .

Si tratta di filoni culturali assai diversi che hanno in comune l’idea che la presenza di una

pluralità d i partiti in tutte le fasi delle decisioni politiche assolve alla importante

funzione di organizzare

il pluralismo, vedendo il ruolo dei partiti comepreminente rispetto a tutte le altre

formazioni soci ali esistenti nella società.

Occorre tuttavia tenerepresente nelle moderne democrazie pluraliste l’accresciuta capacità di

penetrazione nella sfera politica, oltre ai partiti, di altre associazioni e di gruppi di interesse.

Ciò ha reso sicuramente più complessi i processi di rappresentanza politica in quanto il

pluralismo sociale non è più rappresentato in modo esclusivo dai partiti e ciò ha costretto

i partiti stessi a misurarsi e a competere con le altre espressioni della società civile.

Da ciò il concetto di rappresentanza politica esce profondamente mutato in quanto mentre

le teorie del parlamentarismo basate sullo stato dei partiti avevano fatto leva sul ruolo

“totale” dei partiti come elementi di integrazione politica, adesso il ruolo del partito deve

trasferirsi e misurarsi nel confronto con le altre espressioni del pluralismo sociale.

Ne deriva che la rappresentanza politica non si esaurisce solo in una situazione

rappresentativa qualificata dall’indipendenza del deputato ma potrebbe dar luogo ad

un processo dinamico di adattamento e di legittimazione dei rappresentanti, non solo

nelperiodo delle scadenze elettorali, ma in continuo confronto con l’opinione pubblica

ed i gruppi di interesse i quali tendono a stabilire canali autonomi nella relazione con i

pubblici poteri.

4. Assetto della rappresentanza politica e configurazione delle libertà associative

(paragrafo 4 e 5)

5. L’analisi di alcune esperienze di democrazia pluralistica dimostrano che un assetto

fondato sulla prevalenza della rappresentanza risulta più flessibile e più

idoneo a rispecchiare il pluralismo sociale. Possiamo fare l’esempio della stessa

costituzione italiana dove i costituenti hanno privilegiato un assetto che tendesse a

fare dei partiti il perno della democrazia politica.

I costituenti avevano compreso che il tentativo di coniugare il principio

rappresentativo con l’allargamento della partecipazione politica poteva riuscire

solo collocando il momento dell’unificazione politica nel pluralismo sociale nel

quadro di una forma di governo che avesse il suo centro in una rappresentanza

parlamentare a caratterizzazione partitica.

Nel modello disegnato dai costituenti tuttavia vi era una ambivalenza di fondo che

stava nell’aver sottolineato la caratterizzazione partitica delle camere ma nel

contempo nell’aver collocato i partiti in una dimensione pre-statuale dove essi

dovevano misurarsi con le altre espressioni della società civile.

E’ vero anche tuttavia che tale soluzione rispecchiava un sistema politico come quello

italiano, diviso e disomogeneo e quindi rispondeva al problema di fondo di coniugare

l’esigenza unificante e aggregante con il principio pluralistico.

Ciò ha comportato ovviamente a livello costituzionale l’attrazione del regime

dell’associazionismo politico nell’area del diritto privato delle associazioni, la

prevalenza della dimensione associativa dei partiti rispetto a quella istituzionale, e la

mancata introduzione di limiti legali e di controlli statali nel sistema dei partiti stesso.

6. Il divieto del mandato imperativo e la trasformazione della rappresentanza politica

Il recente e significativo aumento del fenomeno del trasformismo parlamentare (ci

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A.A. 2023-2024
25 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/02 Diritto privato comparato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lullismn di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Comparato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Di Martino Alessandra.