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LA CIRCOLAZIONE DELL’AZIENDA. OGGETTO E FORMA DEI NEGOZI TRASLATIVI
Abbiamo visto come l’azienda sia, ai sensi dell’art. 2555, il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore
per l’esercizio dell’impresa e che questo “complesso di beni” venga spesso considerato dal nostro
ordinamento come un bene unitario (senza peraltro che ci sia una precisa scelta fra concezione atomistica o
concezione unitaria).
L’azienda, proprio in virtù di questa considerazione, può essere oggetto di ATTI DI DISPOSIZIONE come BENE
UNITARIO: possono essere atti disposizione dai più diversi, come il conferimento in società, può essere
venduta, può essere donata, può essere oggetto di diritti reali di godimento come l’usufrutto o diritti
personali di godimento come l’affitto a favore di terzi (visto che abbiamo visto come quello che rilevi non sia
tanto il titolo con cui si sia nella disponibilità di quei beni ma il fatto che siano teleologicamente indirizzati al
fine della produzione di beni o servizi al fine di poter parlare di azienda).
Ovviamente, si possono compiere atti di disposizione anche che riguardino SINGOLI BENI AZIENDALI.
Solo che, ovviamente si pone un problema: come facciamo a capire se, in una vicenda circolatoria, per
quell’atto di disposizioni le parti volevano trasferire l’azienda o volevano trasferire un singolo bene
aziendale? Dobbiamo avere riguardo ad un:
❑ ELEMENTO SOGGETTIVO: cioè dobbiamo accertare quale fosse il REALE INTENTO DELLE PARTI
❑ ELEMENTO OGGETTIVO: cioè, affinché ci possa essere trasferimento di azienda, dobbiamo accertare
che effettivamente si possa parlare di azienda e quindi di insieme di beni eterogenei teleologicamente
destinati all’esercizio dell’impresa e quindi idonei all’esercizio dell’impresa (anche se poi il nuovo
titolare dovrà integrarla, basta che idealmente sia idonea)
Peraltro, per potersi avere trasferimento di azienda non occorre che venga trasferito TUTTO il complesso
aziendale, ma un insieme di beni qualificabili come tali e che prenderà il nome di RAMO AZIENDALE.
Il ramo d’azienda è, ai sensi dell’art. 2112, una ARTICOLAZIONE FUNZIONALMENTE AUTONOMA dell’azienda
nel suo complesso (in realtà viene in rilievo la sua definizione nell’ambito della tutela dei diritti dei lavoratori
in caso di trasferimento di azienda o, appunto, di un ramo di azienda individuabile dalle parti al momento
della conclusione del contratto, il rapporto di lavoro continua con gli stessi diritti anche con il nuovo titolare).
L’atto di disposizione del trasferimento dell’azienda comprenderà TUTTI I BENI PRESENTI IN QUEL
MOMENTO NELL’AZIENDA, anche se espressamente non menzionati nel contratto, NELLA MEDESIMA
SITUAZIONE GIURIDICA in cui si trovavano presso il dante causa se nulla è espressamente pattuito (infatti, si
possono vantare diritti anche e soprattutto diversi dal diritto di proprietà, come diritti di godimento in virtù
di usufrutto o affitto e il nuovo titolare quindi avrà gli stessi diritti del suo dante causa sui beni dell’azienda).
Che FORMA deve avere un atto di disposizione che ha per oggetto il TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA?
Ricordiamoci che nel diritto comune, esistono due forme per i contratti:
1. FORMA AD SUBSTANTIAM: è la forma richiesta dalla legge per la validità di un contratto e infatti tra i
requisiti del contratto ai sensi dell’art. 1325 troviamo la forma se richiesta dalla legge
2. FORMA AD PROBATIONEM: è la forma che non influisce sulla validità del contratto ma costituisce
l’unico mezzo per provare l’esistenza di quel negozio
Per il trasferimento di azienda, le forme richieste sono disciplinate all’art. 2556, e in particolare:
❑ FORMA AD SUBSTANTIAM: riguarda tutte le imprese, siano essere agricole o commerciale. Occorre
solo se prevista per il trasferimento dei singoli beni o dal tipo di contratto posto in essere, ad esempio
l’atto pubblico (manca una disciplina generale per il trasferimento dell’azienda come bene unitario).
Quindi, ad esempio, nel caso in cui la forma ad substantiam sia la forma SCRITTA, dobbiamo avere
riguardo all’art. 1350 che ci dice, appunto, quali siano gli atti che devono essere redatti per iscritto e
se trasferiamo un’azienda dove ci sono beni immobili (com’è probabile che sia) dovremo usare
nell’atto di disposizione la forma scritta.
❑ FORMA AD PROBATIONEM E OPPONIBILITÀ AI TERZI: è prevista solo per le imprese soggette a
registrazione sul registro delle imprese secondo il sistema originario del codice (e non quindi la
riforma del 93) quindi le imprese individuali commerciali non piccole e le società commerciali a
prescindere che abbiano oggetto agricolo o commerciale).
In particolare, OGNI ATTO DI DISPOSIZIONE deve essere redatto in FORMA SCRITTA ai fini della prova
e deve essere ISCRITTO SUL REGISTRO DELLE IMPRESE ai fini dell’opponibilità ai terzi (funzione di
pubblicità legale dichiarativa, in mancanza abbiamo l’opponibilità negativa).
Peraltro, i contratti di trasferimento a partire dal 93 devono essere sempre redatti per ATTO
PUBBLICO o SCRITTURA PRIVATA AUTENTICATA e devono essere depositati A CURA DEL NOTAIO (e
non più dalle parti) per l’iscrizione presso l’ufficio del registro della provincia in cui ha sede l’impresa
entro 30 giorni.
Peraltro, la disposizione ha finalità di ORDINE PUBBLICO, in particolare disposizioni antiriciclaggio
(soprattutto a partire dal 2007 infatti nella sezione speciale del registro delle imprese troviamo una sezione
relativa alle informazioni derivanti dall’adempimento della disciplina antiriciclaggio), infatti si tende a
riconoscere questo obbligo di registrazione anche per i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli
individuali e le società semplici, soggetti che originariamente non erano tenuti all’obbligo di registrazione sul
registro delle imprese ma è stato introdotto nel 93 con la sezione speciale.
LA VENDITA DELL’AZIENDA. IL DIVIETO DI CONCORRENZA DELL’ALIENANTE
Abbiamo visto come l’azienda, in quanto bene unitario, possa essere oggetto di atti di disposizione, come la
VENDITA, l’USUFRUTTO o l’AFFITTO.
Da questi atti di disposizione la legge riconosce una serie di EFFETTI, alcuni dei quali derogabili
dall’autonomia privata (proprio perché sono derogabili dall’autonomia privata non possiamo pensare, come
invece parte della dottrina fa, che facciano parte dell’azienda anche i crediti e i rapporti patrimoniali
dell’impresa):
1. DIVIETO DI CONCORRENZA DELL’ALIENANTE ai sensi dell’art. 2557
2. SUCCESSIONE NEI CONTRATTI ai sensi dell’art. 2558
3. CESSIONE DEI CREDITI ai sensi dell’art. 2559
4. SUCCESSIONE NEI DEBITI ai sensi dell’art. 2560
Analizziamo il primo: il DIVIETO DI CONCORRENZA di cui all’art. 2557.
Sentire “divieto di concorrenza” fa un po’ strano visto che il modello ideale di economia ad oggi è il modello
della libera concorrenza (protetto e tutelato dall’ampia disciplina antitrust europea).
Tuttavia, vedremo che, proprio per evitare che questa libera concorrenza fra imprenditori diventi una
GIUNGLA, esistono una serie di limitazioni derivanti dal diritto pubblico, dal diritto privato o addirittura
dall’autonomia contrattuale alla concorrenza.
Le limitazioni poste dal diritto privato e commerciale, in particolare, prendono in considerazione la situazione
per cui abbiamo due parti legate da un contratto (in questo caso il trasferimento dell’azienda) per garantire
la corretta esecuzione di questo contratto e la tutela della controparte, infatti proprio perché sono poste a
tutela della controparte entrano nel contratto automaticamente, senza necessità di una espressa
pattuizione, ma sono derogabili convenzionalmente.
Fra questi, abbiamo il divieto di concorrenza di cui all’art. 2557, che ha anche la funzione di tutelare
l’avviamento dell’azienda, soprattutto soggettivo, cioè il mantenimento della clientela creata grazie alle
abilità imprenditoriali del dante causa e di cui si è tenuto conto nel corrispettivo del trasferimento, visto che
l’avviamento dal punto di vista economico costituisce il maggior valore che l’azienda assume rispetto alla
mera somma dei singoli beni che la compongono.
Andiamo al contenuto vero e proprio del divieto: ai sensi dell’art. 2557, nel caso di trasferimento di azienda
a titolo di vendita o a titolo di usufrutto o affitto, il dante causa non può INIZIARE una nuova attività
economica che per OGGETTO, per UBICAZIONE o per ALTRE CIRCOSTANZE sia IDONEO a sviare la CLIENTELA
dell’azienda ceduta.
Nel caso di trasferimento dell’azienda a titolo di vendita vale 5 anni e vale anche nel caso di vendita coattiva,
mentre nel caso di usufrutto o affitto vale per tutta la loro durata.
Peraltro, è riferibile sia alle imprese commerciali con riguardo all’attività commerciale, sia alle imprese
agricole con riguardo, però solo alle ATTIVITÀ AGRICOLE CONNESSE.
Il divieto di concorrenza, peraltro, è DEROGABILE: può essere limitato o aumentato anche ad ALTRE ATTIVITÀ
NON CONCORRENTI, purché però:
1. Non si limiti del tutto la libertà di iniziativa economica del dante causa
2. Non superi i 5 anni
E, inoltre, è RELATIVO, perché riguarda solo le attività CONCORRENTI con quella esercitata con l’azienda
trasferita e quindi idonee a sviare la clientela.
Abbiamo visto come l’applicazione del divieto di concorrenza di cui all’art 2557 è pacifico per vendita,
usufrutto e affitto in quanto atti di disposizione espressamente menzionati, mentre è controverso per:
1) DIVISIONE EREDITARIA CON ASSEGNAZIONE DELL’AZIENDA CEDUTA IN SUCCESSIONE A UNO DEGLI
EREDI: non possiamo dire che ci sia stato trasferimento di azienda da un erede all’altro, quindi gli altri
eredi non sono tenuti a rispettare il divieto di concorrenza, anche se a volte la giurisprudenza lo
applica anche se in assenza di un vero e proprio atto traslativo di disposizione
2) SCIOGLIMENTO DI UNA SOCIETÀ CON ASSEGNAZIONE DELL’AZIENDA SOCIALE AD UNO DEI SOCI
COME QUOTA DI LIQUIDAZIONE: non possiamo dire che ci sia stato trasferimento di azienda da un
socio ad un altro, quindi gli altri soci non sono tenuti a rispettare il divieto di concorrenza, anche se a
volte la giurisprudenza lo applica anche se in assenza di un vero e proprio atto traslativo di
disposizione.
3) VENDITA DELL’INTERA PARTECIPAZIONE SOCIALE O DI UNA PARTECIPAZIONE SOCIALE DI
CONTROLLO IN UNA SOCIETÀ DI PERSONE O DI CAPITALI: abbiamo un vero e proprio atto traslativo
di disposizione, ma l’oggetto dell’atto di disposizione è la QUOTA D