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RESPONSABILITÁ DELL’IMPRENDITORE.
ESERCIZIO D’IMPRESA E SOPPORTAZIONE DEL RELATIVO RISCHIO.
Esercizio diretto dell’impresa L’individuazione del soggetto cui è applicabile la disciplina
à
dell’attività di impresa, non solleva problemi quando gli atti sono compiuti direttamente
dall’interessato o da un terzo che agisce come rappresentante e quindi in nome dello stesso.
EZ , infatti, principio generale del nostro ordinamento che gli effetti degli atti giuridici ricadono
sull’imprenditore o sul soggetto che agisce per conto dello stesso. Questo principio si ricava
dalla disciplina del mandato: il mandatario è un soggetto che agisce nell’interesse di un altro
soggetto e che può porre in essere i relativi atti giuridici sia spendendo il nome proprio, o il
nome del mandante se questo gli ha conferito il potere di rappresentanza, attraverso il
mandato di rappresentanza. Con il mandato di rappresentanza tutti gli effetti posti in essere
dal mandatario in nome del mandante si producono direttamente nella sfera giuridica di
quest’ultimo.
Esercizio indiretto dell’attività di impresa: l’imprenditore occulto.
Può succedere che vi sia una dissociazione fra il soggetto cui è formalmente imputabile la
qualità di imprenditore ed il reale interessato. Questo è il fenomeno, largamente diffuso,
dell’esercizio dell’impresa tramite persona interposta. Vi possono essere quindi due soggetti:
L’imprenditore palese che è colui che spende il nome pur non gestendo l'impresa (c.d.
prestanome);
L'imprenditore occulto che è colui che gestisce realmente l'impresa senza apparire come
imprenditore di fronte ai terzi. Quest’ultimo espediente è utilizzato per non esporre tutto il
proprio patrimonio personale.
… e sopportazione del relativo rischio.
L’esercizio dell’attività d’impresa dovrebbe essere caratterizzato dalla relativa
sopportazione del rischio d’impresa, ossia della piena responsabilità patrimoniale per tutte
le obbligazioni che ne discendono.
Non è questo, però , il criterio d’imputazione dei debiti generalmente accolto: dottrina e
giurisprudenza, infatti, richiedono un collegamento formale (es. spendita del nome) tra
l’imprenditore e i debiti contratti nell’esercizio dell’impresa. I sostenitori di questa tesi
ritengono che la responsabilità per i debiti di impresa, individuale o collettiva, dipende
dai meccanismi che rendono noto ai terzi il nome di coloro sul cui patrimonio si può
contare (quali il nome dell’imprenditore persona fisica o la ragione sociale delle società di
persone).
In ogni altro caso si dovrebbe qualificare l’incarico di gestire l’impresa per conto altrui come
mandato senza rappresentanza e far capo all’art.1705, cc che esclude qualsiasi rapporto tra
terzi e mandante.
Art. 1705, cc: “il mandatario che agisce in nome proprio acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli
atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. I terzi non hanno alcun
rapporto col mandante. Tuttavia, il mandante, sostituendosi al mandatario, può esercitare i diritti di credito
derivanti dall’esecuzione del mandato, salvo che ciò possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalle
disposizioni degli articoli che seguono”.
La regola desumibile dal mandato senza rappresentanza appare derogata: il sistema del
diritto commerciale ammette che un soggetto che era rimasto ignoto ai creditori
dell'apparente titolare dell'impresa, ma che aveva il potere effettivo di gestirla, sia soggetto a
procedura concorsuale, e il suo patrimonio venga destinato al pagamento dei creditori del suo
prestanome.
L’INIZIO E LA FINE DELL’IMPRESA.
Determinare esattamente l’estensione dell’impresa nel tempo è alquanto importante in tema
di liquidazione giudiziale, di scritture contabili e di iscrizione nel registro delle imprese.
Inizio dell’impresa Alcuni autori ritengono che l’attività di organizzazione dell’impresa,
à
anche anteriore al primo atto di gestione, quando l’organizzazione non è completa e non
ancora funzionale alla produzione di beni o di servizi destinati al mercato, non è
distinguibile dalla successiva attività di gestione. Quindi quella organizzativa è già una
vera attività di impresa e sottopone chi la svolge allo statuto dell’imprenditore. Analogamente
l’attività si considera cessata non quando s’interrompe il ciclo produttivo, ma al termine della
liquidazione, allorché la disgregazione del complesso aziendale rende impossibile la
ripresa dell’attività precedentemente svolta.
Ciò anche alla luce della stessa definizione legislativa di imprenditore: tale è chi esercita
professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio
di beni o di servizi. Non occorre dunque che l'attività produttiva sia già in atto: l'attività
organizzatrice è sufficiente ad attribuire la qualità di imprenditore.
Cessazione dell’impresaà Allo stesso modo, alla luce dell’art. 2082 cc, l'impresa cessa
quando viene a mancare lo scopo della produzione o dello scambio di beni o di servizi.
Di regola essa permane durante la fase della liquidazione, perché l'imprenditore continua a
scambiare beni. Va invece considerata cessata quando, nonostante il mancato esaurimento
della liquidazione e la persistenza di rapporti contrattuali non definiti, l'organizzazione
residua pur non essendo disgregata non è più utilizzata per nessuna attività di
produzione o di scambio.
Ciò che determina la fine dell'impresa non è la disgregazione dell'organizzazione aziendale,
ma il venir meno del fine della produzione e dello scambio di beni o di servizi.
I dubbi sui termini iniziale e finale dell’impresa hanno indotto la giurisprudenza ad adottare
un più sicuro criterio per i casi statisticamente di maggiore importanza, ossia per le imprese
esercitate collettivamente in forma societaria. I tribunali affermano che le società acquistano
la qualità di imprenditore nel momento stesso della loro costituzione + che le società vivono
rimanendo quindi esposte alle procedure concorsuali sinché vi siano debiti da pagare (e ciò
anche quando sia stata chiusa la liquidazione e sia avvenuta la cancellazione dal registro delle
imprese (art. 2312 e 2495 cc).
Per quanto riguarda l’inizio dell’impresa societaria, si può convenire con la
à
giurisprudenza in effetti una volta ammesso in generale che l’attività d’organizzazione svolta
con certezza la fine di produrre beni o servizi è già impresa e che l’organizzazione può essere
ancherudimentale/embrionale, è facile verificare che questi elementi esistono sempre all’atto
della costituzione delle società .
Per quanto riguarda invece la fine delle imprese societarie, l’atteggiamento di favore per
à
i creditori non può spingersi sino a ritenere le società in vita finché non sia estinto ogni
rapporto pendente, contraddicendo cosı̀ la chiara scelta del legislatore in vari dettati
normativi: fa decorrere il termine di un anno dalla cessazione dell’esercizio dell’impresa per
l’apertura della procedura concorsuale dalla cancellazione dal registro delle imprese, e la
regola si applica sia all’imprenditore persona fisica che agli imprenditori collettivi, dunque
alle società .
L’IMPRENDITORE INCAPACE DI AGIRE E GLI ALTRI CASI DI SOSTITUZIONE
NELL’ESERCIZIO DELL’IMPRESA.
La capacità all’esercizio di attività di impresa si acquista con la piena capacità di agire e quindi
al compimento del diciottesimo anno; e si perde in seguito ad interdizione e inabilitazione.
[per quanto riguarda i casi di incapacità per le imprese agricole, la materia è completamente
lasciata alla disciplina dettata dal Codice civile].
Minoreà Nel caso di una preesistente attività (sul presupposto che gli sia stata donata
o l’abbia ereditata), il tribunale può autorizzare alla continuazione dell’attività d’impresa: in
questo caso il rappresentante legale (genitore o tutore) può compiere tutti gli atti che rientrano
nell’esercizio dell’impresa, che siano atti di ordinaria o straordinaria amministrazione, viene
richiesta un’ulteriore autorizzazione solo per atti estranei alla gestione. Questo vale anche per
il tutore del minore orfano, o i cui genitori sono decaduti dalla potestà genitoriale o dichiarati
assenti.
In nessun caso possono iniziarla nell’interesse o a nome del minore.
Interdettoà idem disciplina del minore.
Inabilitatoà è consentito continuare un’attività d’impresa ma mai iniziarla, sempre
dietro autorizzazione del tribunale, che consente all’inabilitato di esercitare personalmente
ogni atto d’impresa.
Minore emancipato Vi invece poi un altro caso previsto dal nostro ordinamento,
à
ossia la figura del minore emancipato, che se autorizzato dal tribunale può iniziare una nuova
impresa commerciale. Art. 397. Con quest’autorizzazione l’emancipato acquista la piena
capacità di agire, e può esercitare l’attività di impresa senza la presenza di alcun
rappresentante legale e può compiere atti che eccedono l’ordinaria amministrazione. Le
autorizzazioni del tribunale e i provvedimenti di revoca dell’autorizzazione sono soggetti ad
iscrizione nel registro delle imprese.
La capacità di intraprendere o continuare un’attività d’impresa delle persone che si trovano
nella impossibilità di provvedere ai propri interessi e sono pertanto assistite da un
amministratore di sostegno, deve essere valutata caso per caso sulla base di indicazioni
fornite dal giudice tutelare nel decreto di nomina: le persone in tutto o in parte di autonomia
conservano la capacità d’agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva
o l’assistenza dell’amministratore di sostegno (art. 409 cc).
Questioneà se il soggetto incapace sia soggetto al fallimento oppure ne siano soggetti i
rappresentanti. La questione trova soluzioni diverse a seconda che i rappresentanti legali
abbiano provocato il dissesto:
• Proseguendo l’esercizio dell’impresa senza autorizzazione del tribunale:
l’attività, poiché
compiuta abusivamente, resta di responsabilità dei genitori o del tutore. Non occorrendo la
spendita del nome per rendere chi esercita un’impresa commerciale responsabile dei debiti
che ne derivano, soltanto il rappresentante legale dell’incapace verrà dichiarato fallito e ne
sopporter&agr