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DELLA SOCIETÀ
I. Lo scioglimento del singolo rapporto sociale
Fonte dello scioglimento del singolo rapporto può essere la volontà del socio interessato (recesso) o degli altri
soci (esclusione facoltativa). In alcuni casi manca una manifestazione di volontà, e lo scioglimento consegue ad
una previsione legale (esclusione di diritto) o ad un evento naturale (morte), ma in quest'ultimo caso la volontà
degli altri soci assume comunque rilevanza in quanto può determinare la prosecuzione del rapporto con gli eredi
del socio defunto (sempre che questi acconsentano).
1. Morte del socio 79
“Salvo
Art. 2284: contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono
liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società, ovvero continuarla con
gli eredi stessi e questi vi acconsentano”
L'articolo appena citato esprime il principio secondo cui la morte di un socio determina l'obbligo della società di
liquidare la quota agli eredi dello stesso. Nel modello legale si è quindi preservata la continuazione della società,
evitando che il venir meno di una partecipazione ne determini lo scioglimento. Al contempo, non si è prevista
l'automatica trasmissione della quota di partecipazione del defunto ai suoi eredi, come invece accade,
limitatamente alla quota del socio accomandante, nella s.a.s., e per tutte le quote nelle S.r.l. Il principio descritto,
tuttavia, vale a condizione che nel termine di sei mesi previsto per la liquidazione della quota agli eredi non
vengano adottate decisioni che incidano sulla situazione determinatasi.
Le alternative che i soci superstiti possono privilegiare sono due, ed entrambe presuppongono una decisione
modificativa dell'atto costitutivo da assumersi all’unanimità:
i soci superstiti possono preferire lo scioglimento anticipato per motivi di ordine soggettivo, qualora
motivi d’ordine
ritengano la figura del socio deceduto essenziale per la prosecuzione dell'attività; per
oggettivo, qualora reputino impossibile liquidare la sua quota senza privare la società del patrimonio
necessario alla prosecuzione dell'attività;
la seconda alternativa, ossia la continuazione della società con gli eredi, richiede il consenso degli eredi
del socio. Si discute al riguardo se possa ritenersi sufficiente il consenso anche soltanto di alcuni degli
eredi (che dunque subentreranno pro quota), o si renda comunque necessario, come pare preferibile, il
consenso di tutti. Poiché il subentro non comporta di per sé il frazionamento della quota del socio
defunto, in caso gli eredi siano più d'uno si formerà una comunione degli stessi sulla quota ed occorrerà il
consenso di tutti anche in merito alla nomina di un rappresentante comune per l'esercizio dei diritti
sociali.
2. Recesso
“Ogni
Art. 2285: socio può recedere dalla società quando questa è contratta a tempo indeterminato o per tutta
la vita di uno dei soci.
Può inoltre recedere nei casi previsti nel contratto sociale ovvero quando sussiste una giusta causa.
Nei casi previsti nel primo comma il recesso deve essere comunicato agli altri soci con un preavviso
di almeno tre mesi.”
L'articolo appena citato prevede il recesso del socio distinguendo tra società a tempo determinato e a tempo
indeterminato.
a) Per le società a tempo indeterminato non vi sono limiti in merito ai presupposti per l'esercizio del
diritto. Dunque i soci sono liberi di recedere (c.d. recesso ad nutum) con l'onere di rispettare un termine
di preavviso di tre mesi. Ai fini del recesso, il codice equipara alle società a tempo indeterminato quelle
contratte per tutta la vita di uno dei soci. In queste ultime sussiste pur sempre un termine finale (la morte
di un socio), ma lo stesso non è determinabile a priori. Tale regola va applicata anche qualora la società,
pur essendo formalmente a tempo determinato, contempli un termine non previamente determinabile o
comunque tale da superare le aspettative di vita medie dell'essere umano.
b) Per le società a tempo determinato, invece, l'ordinamento subordina la validità del recesso alla
sussistenza di una giusta causa o ad una apposita previsione dell'atto costitutivo.
1. Quanto alla previsione di cause facoltative di recesso, il legislatore non sembra porre limiti sul punto
all'autonomia privata, nonostante l'inevitabile depauperamento del patrimonio sociale che si genera in
occasione del rimborso di quote della società, anche in ragione della minore attenzione dedicata alla
tutela del capitale sociale nella s.n.c. Si potrà cosi prevedere che i soci abbiano diritto di recedere
qualora si verifichino eventi relativi alla loro persona (ad es., quando trasferiscano la loro residenza
in regione diversa da quella ove ha sede la società) o alla società (ad es., qualora entro un dato
periodo non siano raggiunti determinati obiettivi di fatturato).
2. Per quanto riguarda la giusta causa, di solito, la pretesa del socio di recedere non viene assecondata
dagli altri, che negano la sussistenza della giusta causa. Ne consegue un fronte di tensione tra soci,
con l'apertura di un contenzioso giudiziario volto ad accertare la genuinità dei presupposti del recesso
e, non di rado, con la reazione degli altri soci consistente nella decisione di escludere il socio che ha
dichiarato di voler recedere. 80
Decisamente più convincente appare a tesi che àncora il recesso ad ogni situazione oggettiva che aggravi, seppur
indirettamente, la responsabilità del socio o le condizioni di rischio economico in presenza del quale egli aveva
aderito al contratto sociale.
Si tende correttamente a negare, invece, che la giusta causa possa essere integrata da situazioni soggettive del
socio, quali gravi malattie, impedimenti fisici o età avanzata. Naturalmente, resta ferma la possibilità che dette
vicende, se conducono all'interdizione o inabilitazione del socio (o all'attivazione dell'amministrazione di
sostegno), legittimino gli altri soci ad escludere il socio stesso dalla s.n.c.
3. Esclusione facoltativa
L'esclusione facoltativa è la causa di scioglimento del singolo rapporto sociale legata ad un'iniziativa promossa
dalla stessa società, attraverso una decisione adottata dagli altri soci. Si tratta di una decisione facoltativa,
quindi gli altri soci sono liberi anche di soprassedere, mantenendo inalterato il rapporto con il socio (al contrario
di quanto accade nelle ipotesi di esclusione di diritto).
I presupposti dell'esclusione facoltativa possono essere raggruppati in tre grandi categorie:
a) Gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dall'atto costitutivo:
Questo gruppo di ipotesi ricomprende l’obbligo
1. di effettuare il conferimento promesso nel contratto.
2. Integra, inoltre, la violazione del divieto di concorrenza posto a carico del socio.
3. Tra le gravi inadempienze va ricompreso anche il comportamento del socio contrario al principio di
buona fede, quando si riscontri un uso sistematico dei diritti di controllo o di veto del socio con
l'unico fine di condurre la società alla dissoluzione.
b) Interdizione, inabilitazione del socio o sua condanna a pena che comporti l'interdizione, anche
temporanea, dai pubblici uffici: il secondo gruppo di ipotesi presenta carattere eterogeneo.
1. Le ipotesi di interdizione ed inabilitazione assumono rilevanza in quanto incidono, seppure
indirettamente, sulla composizione della base sociale. Di regola, infatti, gli eventi indicati
determinano il subingresso del tutore (o l'affiancamento al socio del curatore) nell'esercizio dei diritti
sociali. E tale tipologia di evento viene ritenuta sufficiente a porre gli altri soci (o l'altro socio) nella
condizione di decidere l'estromissione del socio interessato.
2. Per converso, la condanna penale di un socio rischia di proiettare un'ombra di discredito sulla
società, pregiudicando la sua immagine commerciale. Il chiaro riferimento alla condanna induce a
non considerare sufficienti a giustificare l'esclusione del socio misure cautelari penali che colpiscono
il suo patrimonio, quand'anche prevedano la nomina di un custode o di un amministratore giudiziario
della quota (sequestro penale o sequestri antimafia).
c) Impossibilità sopravvenuta della prestazione dedotta nel conferimento per inidoneità del socio a
svolgere l'opera conferita (conferimento d'opera); perimento della cosa dovuto a causa non imputabile
agli amministratori (conferimento in godimento); perimento della cosa che il socio si è obbligato a
trasferire prima che la proprietà sia acquistata dalla società.
Terzo ed ultimo gruppo di casi attiene a particolari tipologie di conferimento, che presentano un rischio
peculiare di regola assente nelle ipotesi di conferimento in danaro, conferimento di crediti o conferimento
(immediatamente traslativo) di beni in proprietà. In effetti, tanto il conferimento di beni in godimento
quanto il conferimento d'opera richiedono che per un determinato arco temporale permangano
determinate condizioni tali da assicurare alla società l'acquisizione dell'utilità dal socio: l'idoneità del
socio ad effettuare l'opera promessa; l'attitudine del bene ad essere oggetto di godimento. ESEMPIO: se il
socio si è impegnato a prestare una determinata opera per la durata di dieci anni dal suo ingresso in
società, e dopo otto anni diviene fisicamente inabile a svolgere l'opera promessa, lo stesso socio viene a
trovarsi in una condizione di (parziale) inadempimento rispetto alla società.
4. Profili procedimentali. Opposizione all’esclusione
Sul piano procedimentale, l'esclusione va decisa dai soci a maggioranza, non computandosi nel numero di questi il
socio da escludere. Il riferimento al numero dei soci postula che si tratti di maggioranza per teste, nel senso che
ciascun socio esprime un singolo voto, indipendentemente dall'entità della partecipazione al capitale o agli utili
della s.n.c. Ammessi al voto devono ritenersi anche i soci "non di capitale" ovvero quei soci che partecipano agli
utili ed alle perdite, ma non hanno conferito denaro o altri beni suscettibili di rimborso al valore nominale.
l’efficacia dell’esclusione decorre dopo
Proprio per la delicatezza della vicenda, la legge prevede che trenta
giorni dalla comunicazione della stessa al socio escluso. 81
La legge prescrive dunque la comunicazione al socio della decisione di esclusione, concedendo allo stesso un
termine di trenta giorni decorrenti dal ricevimento della comunicazione stessa per promuovere opposizione
innanzi al tribunale competente.
Se invece il socio escluso si oppone tempestivamente, può chiedere che venga sospesa l