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CAPITOLO III: LA RESPONSABILITÀ DEI COMPONENTI L’ORGANO DI GESTIONE
Sezione I: rischio e conservazione. Critica alla prospettiva del diritto societario in crisi
Del diritto societario della crisi: il fenomeno della crisi di impresa organizzata in forma societaria destato
grande attenzione da parte degli interpreti, tanto da sostenere che i recenti interventi legislativi sulle
procedure concorsuali e pre concorsuali abbiano dato vita ad un diritto sociale della crisi. In realtà secondo
Bertolotti la presenza di innumerevoli e rilevante questioni aperte in merito alla crisi della società rappresenta
l’inesistenza di un autonomo ramo del diritto societario o perlomeno inadeguatezza di questo sistema. Ad ogni
modo la diffusa con convinzione deriva da alcuni dati del diritto positivo l’articolo 182 quater lf rende pre
deducibili i crediti derivanti da finanziamenti funzionali alla presentazione di procedure volta ad evitare la
dichiarazione di fallimento (include fra i crediti pre deducibili quei finanziamenti dei soci che invece vengono
considerati postergati dal diritto societario, dunque deroga); l’articolo 182 sexies lf invece disapplicare gli
obblighi di ricapitalizzazione in caso di perdite.
Natura tendenzialmente transeunte del cd diritto societario della crisi: ciò che merita di essere
enfatizzato non è tanto la deroga al diritto societario quanto piuttosto la circostanza che si tratti di una deroga
che non è definitiva ma temporanea, valendo soltanto per il periodo che va dal deposito delle domande e sino
all’omologazione (lasso di tempo in cui non ha luogo lo scioglimento). La temporaneità trova conferma
nell’ultimo comma dell’articolo 182 sexies, che impone agli amministratori l’obbligo della gestione
conservativa per il periodo anteriore al deposito delle domande in rassegna qualora si sia verificata una causa
di scioglimento. Quindi il diritto societario a pieno vigore anche quando l’impresa si trova in stato di crisi.
secondo Bertolotti se si vogliono razionalizzare i numerosi interventi che il legislatore ha realizzato per
affrontare le crisi delle società, il discorso deve essere impostato in termini di sistema emergenziale e non
speciale o autonomo dal diritto societario. La scelta tra le due prospettive determina rilevanti conseguenze.
La ritenuta autonoma del diritto societario e il problema della gestione conservativa:
Nella prospettiva di un diritto societario della crisi autonomo dal diritto societario generale si allude all’idea
che i membri dell’organo di gestione avrebbero un compendio di doveri e diritti non perfettamente coincidenti
con quelli del codice civile, che varrebbero sino a che l’impresa non entra in crisi. in particolare secondo
questa prospettiva durante la crisi gli amministratori non non devono più porre in essere atti funzionali alla
realizzazione dell’oggetto sociale originario poiché la crisi avrebbe provocato una sorta di mutazione al fine
istituzionale della società. Dunque questo orientamento (giurisprudenziale) ritiene che in questa fase
l’interesse dei creditori alla conservazione del patrimonio prevarrebbe su quello dei soci alla massimizzazione
dei profitti. Secondo Bertolotti non va dimenticato che i soci costituiscono una società per avviare un’iniziativa
economica con la quale intendono fare profitti non salvaguardare il patrimonio investito nell’interesse di
creditori. Il percorso argomentativo giurisprudenziale capovolge il piano degli interessi, facendo perno
sull’idea che la crisi abbia determinato uno scioglimento di fatto della società. un effetto significativo di questo
impostazione è quello che conduce ad anticipare al momento della crisi gli effetti del diritto positivo ricollegati
in realtà allo scioglimento.
Finalità della tesi della gestione conservativa: adottando la prospettiva della funzione gestori al cospetto
della crisi d’impresa si va a disincentivare l’organo di gestione ad assumere iniziative rischiose e viene affidata
loro la custodia del patrimonio esistente (residuo) per soddisfare i debiti assunti. Secondo Bertotti, seppur
palesemente criticabile dal suo punto di vista, questa impostazione suggerisce di approntare un sistema di
regole esplicite volte a disciplinare la dimensione della governance delle società in crisi, che è del tutto
condivisibile ed anzi auspicabile (libro del 2017, prima dell’entrata in vigore del CCII 2019).
Il rischio: elemento fondamentale dell’impresa
Anche al cospetto della crisi occorre tenere presente il rischio connesso all’imprevedibilità, che in definitiva è
fisiologico che l’impresa possa essere sconfitta dai suoi concorrenti. Di conseguenza, l’autorità giudiziaria
dovrebbe conformarsi in ogni caso alla regola dell’insindacabilità nel merito delle scelte gestorio (business
judgment rule), senza censurare azioni coraggiose volte alla conservazione del patrimonio. Sembra potersi
ritenere che la crisi non consenta di disapplicare la business judgment rule. È vero che usualmente
l'operatività, della Business Judgement Rule si riconnette alle ipotesi di società non in crisi, ma Bertolotti
crede si possa ritenere che la propensione al rischio (e non all'azzardo, si badi bene) da parte dei gestori sia
necessaria anche in "fase critica”, nella misura in cui la decisione di porre in essere operazioni connotate
anche da un grado rilevante di aleatorietà potrebbe consentire la realizzazione di profitti rilevanti idonei a
trascinare la società fuori dalla crisi. Sintomatico è il riferimento al sistema Delaware per cui “the Director of
an insolvent Company do not have a duty to stop trading, nor have they a specific obbligation to minimize
losses”.
Secondo Bertolotti permane il potere/dovere degli amministratori di gestire la società per azioni in crisi
tendendo alla massimizzazione del profitto e l'operatività allora della Business Judgement Rule non solo
quando l'impresa sociale sia in bonis ma almeno sino allo scioglimento, non elimina naturalmente l'obbligo di
questi di accorgersi della crisi. Gli è piuttosto che un siffatto obbligo non sorge da un novello diritto societario
della crisi, ma dal diritto societario generale e dalle prescrizioni recate (ad esempio) dagli artt. 2381, 2394,
2423 bis, comma 1, 2428 c.c.
Sezione II: procedure per l’emersione precoce della crisi. Poteri e responsabilità
Con riferimento alle versioni della crisi non vi è dubbio che gli amministratori rischiano di incorrere in
responsabilità se sono stati allertati e non sono in grado di dimostrare che le loro scelte hanno tenuto in serie
considerazione lo stato di crisi. Ovviamente non si intende secondo Bertolotti affermare che gli amministratori
sono in automatico responsabili per non aver cambiato strategia di gestione rispetto alla crisi. D’altra parte,
non sono soggetti passivi all’allerta devono rendere consapevoli i soci che una crisi in atto.
In termini operativi non è affatto chiaro quando effettivamente la condotta degli amministratori possa
ritenersi coerente con l'adempimento degli obblighi in rassegna.
In altri ordinamenti vi sono appositi strumenti e procedure (ad esempio in Francia) in cui si delineano un
sistema di poteri doveri e responsabilità ricollegati all’allerta e alla crisi al fine di fronteggiarla.
La procedure d’alerte francese: in Francia la disciplina riguardante la crisi d’impresa è frutto di numerosi
interventi legislativi. Verso già la fine degli anni 60 si introduce il concetto di impresa in crisi inteso come
pregiudizio economico del paese. Nell’80 si potenzia il sistema di informazione previsionelle, regolando
procedure di composizione negoziale della crisi. In particolare si tratta di documenti non soggetti a pubblicità
che sono comunicati unicamente al comité d’entreprise, ai commissaires aux comptes e al consiglio di
sorveglianza. Tale documentazione, a differenza della contabilità tradizionale, la quale fornisce una visione
retrospettiva dell'andamento dell'impresa, dovrebbe consentire la raccolta di informazioni sull'avvenire del-
l'impresa, contemplando parametri relativi all'attivo realizzabile e disponibile, al passivo esigibile, al conto dei
risultati previsionali, al quadro dei finanziamenti attuali ed al piano di finanziamenti futuri. In estrema sintesi
viene delineata una procedura che consiste nella segnalazione a soggetti apicali dell’impresa affinché si
possano predisporre adeguate contromisure. Nel 90 viene rafforzato il potere di allerta del presidente del
tribunale e rende obbligatorio il controllo svolto dai commissaires aux comptes presso tutti gli enti, anche non
commerciali. Nel 2005 si stabilisce per i commissaires aux comptes obbligo di informare il Tribunale
all'attivazione della procedura di allerta e di esporre all'assemblea degli azionisti. Nel 2011 si riducono le
ipotesi nelle quali è necessaria la convocazione dell'assemblea degli azionisti alla quale i commissaires aux
comptes devono esporre una relazione sui fatti che li hanno indotti ad attivare la procedura di allerta e,
soprattutto, riconosce ai commissari il potere di proseguire la procedura di allerta nei casi di interruzione della
stessa: dunque si rende più agevole la procedura disponendone la prosecuzione, purché non siano trascorsi
più di sei mesi dall’inizio della stessa.
Dunque, les commisaires aux comptes ossia i revisori legali possono indagare sulla gestione dell’impresa e
sono titolari di un vero e proprio diritto/ dovere di allarme.
Nel sistema francese i revisori rispondono anche dei danni prodotti per aver attivato l’allerta se l’allerta è
stata attivata al solo scopo di recare pregiudizio alla società oltre che risponde verso la società e terzi per
conseguenze dannose dovute all’adempimento colposo negligente di quelle che si potrebbero chiamare
funzioni di allerta. D’altra parte, è esclusa la responsabilità dei revisori nei casi in cui gli azionisti conoscevano
la situazione compromessa della società e non si sono attivati. I revisori sono tenuti ad informare l’organo di
gestione ed in caso di inerzia di esso devono inviare una nuova comunicazione per iscritto al presidente del
consiglio di amministrazione e inoltrare copia al presidente del tribunale. Qualora, nonostante tali
provvedimenti, la continuità della gestione risulti ancora in pericolo, i commissaires aux comptes devono
rivolgersi ai soci per presentare all’assemblea le criticità. Infine, se ancora le misure adottate non risultino
sufficienti devono informare il tribunale di commercio.
La deliberazione degli amministratori recante le contromisure per fronteggiare la crisi e provocata
dall'attivazione della procedura di allerta da parte dei commissaires aux comptes va comunicata anc