• RELAZIONE DEL COLLEGIO SINDACALE
• RELAZIONE LEGALE.
Il bilancio è redatto dagli amministratori entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio, in
Assemblea vige il diritto di informazione dei soci che possono consultare il progetto di bilancio e
la relazione sulla gestione e richiedere chiarimenti in sede di assemblea.
Questo diritto mira a garantire trasparenza e consapevolezza nella decisione di approvazione.
L’assemblea può modificare il bilancio prima dell’approvazione, su proposta motivata o in
seguito a rilievi del collegio sindacale o dei soci.
Tuttavia, non può stravolgerne il contenuto: serve coerenza con i principi contabili.
Destinazione dell’utile d’esercizio.
Distribuzione solo se risultante dal bilancio di esercizio approvato e che sia stato realmente
conseguito.
Gli utili distribuiti e non realmente conseguiti (fittizi) non possono essere richiesti ai soci se questi
sono stati riscossi in buona fede e risultino da un bilancio regolarmente approvato.
Annullabilità.
Secondo l’art. 2377 c.c., la delibera è annullabile in caso di:
- Vizi procedimentali (es. irregolarità nella convocazione, informazione incompleta ai soci);
- Vizi di contenuto non gravi, che non violano norme imperative.
Il termine per l’impugnazione è di 90 giorni dalla trascrizione o deposito della delibera (art.
2377, comma 4).
Eccezione (→ art. 2379, comma 1):
La delibera non è annullabile per vizi procedurali se il bilancio fornisce una rappresentazione
veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società.
Nullità (art. 2379 c.c.)
La delibera è nulla quando:
- L’oggetto della delibera è illecito o impossibile;
- Quando viola norme imperative;
- Oppure se il bilancio non è veritiero e/o non è chiaro, ovvero:
Bilancio non veritiero = falsità nei dati, occultamento di perdite, ricavi fittizi.
Bilancio non chiaro = non comprensibile o redatto senza rispettare i principi di chiarezza,
correttezza e verità (art. 2423 c.c.).
In questi casi, la delibera approva un documento contrario alla legge, quindi si configura un
oggetto illecito → nullità.
Il termine per l’impugnazione è 3 anni dalla data della delibera (art. 2379, comma 3).
Possono impugnare la delibera:
- Amministratori e sindaci, sempre.
- Soci:
Se detengono almeno il 5% del capitale sociale (o quota minore prevista dallo statuto).
Eccezione importante – Revisore:
Se il revisore ha espresso giudizio positivo, i soci non possono impugnare il bilancio per motivi
di veridicità (art. 2409-ter c.c.), salvo prova di dolo o colpa grave.
La struttura finanziaria delle società per azioni.
Gli elementi della struttura finanziaria.
Svolgere un’attività d’impresa implica, tra le altre cose, la raccolta di finanziamenti, infatti non si
ha un’attività produttiva, economica, organizzata, professionale, senza capitali.
Dal punto di vista di chi decide di contribuire (in senso ampio) alla costituzione e al funzionamento
di un’attività produttiva organizzata in società (e specie in s.p.a.) si tratta di effettuare un
“investimento” delle proprie sostanze, immobilizzandole a tale fine in due modi:
1) come capitale “di rischio” => si compartecipa al rischio d’impresa della società e si acquisisce,
al suo interno, una posizione particolare, complessa, che tiene conto del maggior rischio (ma anche
della potenziale maggior remunerazione) che l’investitore corre, destinando stabilmente parte dei
propri averi all’esercizio in comune con altri (o da soli) dell’attività d’impresa formalmente
imputata alla s.p.a.;
2) come capitale “di debito” => si diventa creditori dell’imprenditore (della società).
L’investimento può provenire:
a) dall’imprenditore medesimo, se trattasi di impresa individuale oppure da coloro che hanno
fondato o comunque che partecipano alla società in qualità di soci (azionisti, portatori di capitali
di rischio e “a rischio”). Si parla in tal caso di “mezzi propri” (o “personali”);
b) da terzi (creditori): si tratta di “mezzi (o finanziamenti) di terzi”.
La provvista finanziaria della società (l’apporto di capitale di rischio e/o di debito) non avviene
“una volta per tutte”, perché l’attività imprenditoriale è un fenomeno intrinsecamente
intertemporale e dunque ciclicamente vi saranno necessità di rifinanziare ovvero di potenziare il
finanziamento a seconda dei progetti imprenditoriali, delle necessità contingenti e/o impreviste (ad
es. COVID), ecc.
Dunque le forme di finanziamento (reperimento) delle risorse finanziarie necessarie all’esercizio
dell’attività di impresa da parte della s.p.a. sono varie e distinte sono le rispettive discipline.
La raccolta sul mercato di risorse finanziarie di carattere essenziale obbligatori nel “tipo s.p.a.”
riguarda il capitale sociale: art. 2327; 2328, co. 2, n. 4), 2329 c.c.
La legge, per assicurare la “serietà” dell’iniziativa economica intrapresa fondando una società per
azioni ritiene essenziale alla sua costituzione l’effettiva raccolta e integrale destinazione di una certa
provvista finanziaria obbligatoria minima, ossia una somma di capitale – 50.000 euro – che deve
essere necessariamente sottoscritta per intero in sede di creazione (costituzione) della s.p.a.
Si ricordi che la società, dopo la sua regolare costituzione, viene intesa dalla legge come una
“persona giuridica” (art. 2331 c.c.): in quanto tale, essa diviene la titolare di questi apporti
finanziari obbligatori di capitale di rischio che fanno parte del suo patrimonio.
Si creano pertanto dei particolari “strumenti finanziari”, denominati “azioni” (di società) che
vengono assegnate, secondo certe regole, ad una particolare categoria di investitori – detti “soci” o
“azionisti” – in corrispondenza della loro rispettiva “sottoscrizione” di una quota-parte del
capitale iniziale (si tratterà di investimenti in capitale di rischio => rischio di perdita integrale del
conferimento).
I conferimenti dei soci sono pertanto provviste primarie di “capitale di rischio” esposte
all’eventualità di una consumazione integrale, in funzione dell’andamento dell’attività
imprenditoriale esercitata, per definizione imprevedibile (eventi futuri).
Il capitale sociale.
Il capitale sociale è l’insieme dei mezzi originariamente prestati dai soci.
Il capitale sociale «nominale» della s.p.a., formato dai conferimenti, è, al contempo:
a) un numero arabo di segno positivo, che:
- risulta da clausola apposita dell’atto costitutivo (art. 2328, co. 2, n. 4);
- rappresenta la somma dei conferimenti stabilmente destinati dai soci (o dal singolo socio, se la
società è «unipersonale»: artt. 2325 e 2328, comma 1, c.c.) all’esercizio (in comune) dell’attività
economica, quale risulta dalla clausola dell’oggetto sociale contenuta necessariamente nell’atto
costitutivo della s.p.a. (art. 2328, comma 2, n. 3), c.c.);
- deve effettivamente rappresentare almeno quel valore economico => è condizione di valida
costituzione della s.p.a. (artt. 2329, n. 1, c.c.); e non può mai, durante la «vita» della società,
risultare inferiore ad un certo valore, oggi 50.000 Euro (art. 2327 e artt. 2446-2447, 2484, co. 1, n.
4), c.c.);
b) la prima posta passiva di quella parte dello «stato patrimoniale» della s.p.a. che va sotto il
nome di «Patrimonio netto» (art. 2424 c.c., Passivo, A.I – Capitale).
Le funzioni del capitale sociale sono da considerare tra loro complementari:
- funzione produttiva (fondamentale): vincolo stabile di risorse economico-finanziarie all’esercizio
dell’impresa;
- funzione organizzativa (tendenziale) => in base alla sua composizione e alla ripartizione delle
partecipazioni al capitale medesimo, si determinano molte regole relative all’organizzazione interna
della s.p.a. e al suo governo (controllo);
- funzione di garanzia (in declino): garanzia generica per i creditori sociali.
1 Stabilità-fissità del capitale sociale. Il capitale sociale «nominale» della s.p.a. rappresenta
l’insieme (somma algebrica del valore economico) dei mezzi finanziari (investimenti di capitale di
rischio) conferiti dai soci (cioè stabilmente destinati dai soci all’attività della società) e
assoggettati ad un vincolo (giuridico) di stabile destinazione di risorse economiche, per un pari
importo, alla società (all’attività economica da questa esercitata).
Durante la «vita» della società (cioè durante l’esercizio dell’attività d’impresa imputabile alla
società) il capitale sociale nominale rimane fisso e invariato, mentre il patrimonio della società muta
in continuazione.
Non basta un semplice atto di gestione per modificare il capitale sociale nominale e anche quando la
modifica viene materialmente effettuata dell’organo gestorio della s.p.a., ciò avviene sulla base di
una previa delega (ad esempio all’aumento: art. 2443 c.c.) del capitale sociale nominale,
contemplata (nel quantum, nei modi e nei tempi) da una decisione adottata dall’assemblea
straordinaria dei soci oppure, se la società è stata costituita da meno di 5 anni, in un’apposita
clausola statutaria.
Alla regola della (tendenziale) fissità del capitale sociale conseguono altre regole giuridiche
stringenti (tendenzialmente imperative) che – in modo continuativo, lungo tutta l’esistenza dell’ente
– presidiano e preservano tre principi:
2. di «adeguatezza» (solo tendenziale e parziale) del c.s. all’oggetto sociale => capitale minimo
(50.000 euro); non può mai ridursi al di sotto in sede di rilevazione di bilancio;
3. di «effettività» del capitale sociale;
4. di «integrità» del capitale sociale (deve mantenersi tale lungo la «vita sociale»).
Sono regole intese a dare attuazione ad una precisa volontà legislativa di fare in modo che la
s.p.a. operi stabilmente in una situazione di equilibrio economico-finanziario, cosicché essa
possa ricavarne un vantaggio in termini di maggiore produttività o, quanto meno, di
salvaguardia delle risorse finanziarie applicate/destinate all’esercizio dell’impresa, così
determinando di riflesso un sostegno positivo nei confronti dell’intero sistema economico e
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