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CAPITOLO XXXIV – LE INCAPACITÀ DI AGIRE
Il 1425.1 dispone che il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di
contrattare.
L’incapacità di contrattare indicata dal 1425.1 come causa di annullabilità identifica quella che
abitualmente si designa incapacità di agire: ovvero l’incapacità di compiere atti di autonomia
privata, stabilita dalla legge essenzialmente in presenza di uno stato fisio-psichico del soggetto, che
fa venire meno le condizioni soggettive di un corretto e ragionevole esercizio dell’autonomia.
Essa ricorre nelle figure dell’incapacità legale (minore età, interdizione, inabilitazione); e nei casi
d’incapacità naturale (1425.2).
Presenta due caratteristiche.
La prima riguarda il fine, e si esprime nell’idea di protezione: la legge non vuole impedire al
soggetto l’acquisto di posizioni e rapporti, ma solo il compimento degli atti funzionali al loro
acquisto; la seconda riguarda il mezzo, e s’esprime nell’idea di sostituzione: l’incapace può essere
sostituito da altri (col meccanismo della rappresentanza) nel compimento degli atti a lui preclusi,
onde consentirgli di acquistare le posizioni ed i rapporti che non gli sono preclusi.
Più precisamente, sostituzione sorvegliata: l’azione del rappresentante è sottoposta a controlli
preventivi e successivi, per garantirne la conformità all’interesse dell’incapace.
Accanto a queste incapacità si situa quella derivante dall’interdizione legale che colpisce il
condannato penale: qui la preclusione degli atti non vuole proteggere l’incapace, ma affliggerlo con
la pena accessoria consistente nell’impedirgli di partecipare direttamente al traffico giuridico
patrimoniale.
Abbiamo poi un gruppo di casi, per i quali abitualmente non si evoca la categoria dell’incapacità,
ma che sotto vari profili si accostano alle incapacità di protezione: il contratto concluso dal
rappresentante con se stesso od in conflitto d’interessi; l’atto di straordinaria amministrazione
compiuto dal singolo coniuge su bene in comunione; gli acquisti di beni in violazione dei divieti ex
1471.1 n. 3 e 4 [Non possono essere compratori nemmeno all’asta pubblica, né direttamente né per
interposta persona: […]
3) coloro che per legge o per atto della pubblica autorità amministrano beni altrui, rispetto ai
beni medesimi; 4) i mandatari, rispetto ai beni che sono stati incaricati di vendere, salvo il disposto
dell’articolo 1395.].
L’atto è vietato per proteggere non già una parte di esso, ma il soggetto, estraneo all’atto, che questo
potenzialmente pregiudica.
Appartengono ad un campo diverso una serie di fattispecie in cui si vuole precludere non il
semplice compimento di atti, ma il risultato di questi, e cioè l’acquisto delle situazioni e dei rapporti
cui gli atti sono preordinati: e ciò non per l’interesse particolare di un soggetto, ma per un interesse
più generale.
Siamo nel campo delle incapacità giuridiche dette “speciali” perché precludono ai soggetti non la
generalità delle situazioni e dei rapporti, ma solo alcuni specifici rapporti e situazioni.
Va sottolineata la differenza del rimedio contro gli atti compiuti in violazione dell’incapacità
giuridica: non l’annullabilità, ma la nullità (che colpisce i contratti contrari a norme imperative ex
1418.1).
Un esempio di incapacità giuridiche speciali: quelle che precludono la carica di amministratore di
società a soggetti incorsi in una causa di ineleggibilità ex 2382 (Non può essere nominato
amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l’interdetto, l’inabilitato, il fallito, o chi è
stato condannato ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o
l’incapacità ad esercitare uffici direttivi).
Con riguardo alle incapacità giuridiche speciali, talora si evoca la categoria del difetto di
legittimazione (dell’autore dell’atto); ma è preferibile collegarla al principio per cui l’atto di
disposizione delle altrui situazioni giuridiche non produce effetto verso il titolare di queste; e
sottolineare che il difetto di legittimazione non crea invalidità ma inefficacia.
Le incapacità di agire si distinguono in legale e naturale.
Le incapacità legali (cui allude il 1425.1) derivano da: minore età, interdizione (giudiziale e legale),
inabilitazione. Hanno in comune una duplice caratteristica: per un verso, si legano a stati del
soggetto definiti od accertati in base a criteri sostanziali e/o procedimentali, con la clausola per cui
la definizione o l’accertamento assorbono l’eventuale falsità in concreto del presupposto, e dunque
assorbono e rendono irrilevante qualsiasi indagine sulle concrete condizioni fisio-psichiche
dell’incapace che lo abbia compiuto: l’atto è annullabile anche se l’incapace legale fosse, in
concreto, pienamente capace d’intendere e di volere nel momento in cui lo ha compiuto. Per altro
verso, sono conoscibili dai terzi interessati, per il fatto di risultare da registri pubblici (dello
stato civile): di qui la tendenziale irrilevanza dell’affidamento dei terzi che le ignorino.
Le incapacità legali si distinguono in assolute e relative.
In relazione ad esse, l’annullabilità colpisce non solo gli atti compiuti dall’incapace legale che non
potrebbe compierli, o compierli da solo; ma anche quelli compiuti secondo i meccanismi di
rappresentanza
od assistenza, ma in violazione dei requisiti procedimentali posti ad ulteriore garanzia degli interessi
dell’incapace.
L’incapacità naturale è quella cui la legge allude con la formula dell’incapacità “d’intendere o di
volere”. Postula un’indagine caso per caso sulle effettive e concrete condizioni del soggetto.
Non emerge documentalmente da risultanze ufficiali.
Si definiscono incapacità assolute le incapacità di agire riferite ai soggetti che si suppongono più
radicalmente inidonei a curare i propri interessi, cioè a comprendere il senso e valutare la
convenienza dei propri atti.
Conseguentemente, esse precludono al soggetto il compimento della generalità degli atti.
Sono incapaci assoluti i minori (non emancipati), cioè coloro che non hanno ancora compiuto 18
anni. Età diverse per l’acquisto della capacità sono previste ad es. in tema di lavoro subordinato (vi
allude lo stesso art. 2: La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la
maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età
diversa. Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un’età inferiore in materia di capacità a
prestare il proprio lavoro.
In tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto
di lavoro) e per gli atti di disposizione del diritto d’autore, consentiti a chi abbia almeno 16 anni
(108 l. aut.). La regola dell’annullabilità di qualunque contratto concluso da un incapace assoluto
soffre, riguardo al minore, la deroga del 1426: il contratto del minore non è annullabile se il minore
ha con raggiri occultato la sua minore età.
La semplice dichiarazione di essere maggiorenne non è di ostacolo all’impugnazione del contratto.
Inoltre sono incapaci assoluti gli interdetti per infermità di mente (interdetti giudiziali): coloro che,
trovandosi in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri
interessi (414), siano stati sottoposti ad apposito procedimento (417-419), concluso con una
sentenza d’interdizione debitamente pubblicata (421).
Gli atti compiuti dall’interdetto sono sempre annullabili.
Al compimento degli atti che lo riguardano provvede, come rappresentante legale, il tutore
giudizialmente nominatogli (424).
Un’incapacità legale di agire colpisce infine, gli interdetti legali: sono automaticamente tali, per
effetto di pena accessoria, i condannati all’ergastolo od a reclusione non inferiore a 5 anni (32 c.p.).
Il regime degli atti dell’interdetto legale è definito per rinvio a quello degli atti dell’interdetto
giudiziale
(32.4 c.p.), ma in realtà l’incapacità da interdizione legale è diversa e più limitata: riguarda solo gli
atti patrimoniali, e non gli atti personali e familiari, per cui l’interdetto legale conserva capacità.
È anche diversa la legittimazione ad impugnare gli atti preclusi, che sono colpiti da annullabilità
assoluta, invocabile da chiunque vi abbia interesse.
Si definiscono incapacità relative le incapacità di agire di soggetti che si presuppongono non
pienamente idonei, ma nemmeno radicalmente inidonei, a curare da sé i propri interessi.
È relativamente incapace il minore emancipato: il minore ultrasedicenne che, essendovi stato
giudizialmente autorizzato ex 84.2, abbia contratto matrimonio (390).
Al minore emancipato s’affianca un curatore (392).
Il minore emancipato si basa sulla distinzione fra atti di ordinaria e di straordinaria
amministrazione.
Egli è capace di agire personalmente, e da solo, per gli atti di ordinaria amministrazione.
Quanto a quelli di straordinaria amministrazione, può compierli solo con l’assistenza del curatore e
con l’autorizzazione del giudice (394).
Anche rispetto a questi atti, il curatore non sostituisce il minore emancipato: si limita ad unire la
propria volontà contrattuale a quella del minore emancipato.
Il minore emancipato che sia stato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale acquista la
capacità di compiere da solo anche gli atti di straordinaria amministrazione, e non solo quelli
inerenti l’impresa, ma anche quelli estranei all’impresa (397.3).
L’altra figura d’incapace relativo è l’inabilitato: la persona affetta da handicap psico-fisici o
patologie comportamentali che, pur pregiudicandone l’idoneità a provvedere ai propri interessi, non
la escludono completamente (415); più precisamente la persona che, in ragione di tali patologie, sia
stata sottoposta a procedimento giudiziale concluso con sentenza d’inabilitazione (417-421).
Il regime degli atti dell’inabilitato è ricalcato sul regime degli atti del minore emancipato (424.1):
piena capacità per gli atti di ordinaria amministrazione; assistenza del curatore (ed autorizzazione
giudiziale) per quelli di ammiistrazione straordinaria.
Ci sono tuttavia due differenze che segnalano la minore fiducia