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EGUAGLIANZA, PROPORZIONALITA’ E RAGIONEVOLEZZA
Con l’evoluzione giurisprudenziale della Corte, l’eguaglianza costituzionale smette di
essere concepita come un mero divieto di discriminazione, cioè come mero parametro
rivolto ad evitare discriminazioni, ma ha un’evoluzione, cioè dal comma 2 la
giurisprudenza ricava un canone ermeneutico/interpretativo, che non si esaurisce
nel divieto di discriminazione, ma che investe l’intero sistema → una valutazione più
complessiva più ampia, a tal punto che il canone della ragionevolezza, che nasce
dal principio di eguaglianza, ad un certo punto supera il principio di
eguaglianza, cioè implicando una valutazione più ampia, va a tenere in
considerazione non soltanto il principio di uguaglianza, ma anche gli altri principi
identificativi del sistema.
La ragionevolezza non è intesa solo come rispetto del principio di eguaglianza, ma
come conformità di quell’atto, che si considera ragionevole, ai principi
identificativi del sistema.
Ormai la ragionevolezza è un criterio ermeneutico (lo dice la Corte Costituzionale).
- Dal principio di uguaglianza si arriva alla ragionevolezza, che trae origine dall’art 3,
ma che diventa un canone ermeneutico più ampio, che consente di individuare la
disciplina più adeguata, la ragione giustificatrice, alla luce di tutti i principi
costituzionali identificativi del sistema.
Giovanni Perlingieri (il figlio di Pietro Perlingieri) ha scritto un libro sulla
“Il criterio di ragionevolezza rappresenta il collante tra
ragionevolezza nel quale dice:
la norma e la realtà fattuale, consente cioè di guardare il sistema, gli interessi
coinvolti, i valori, di bilanciare i principi interessati e di individuare la soluzione più
congruo.”
Il canone della ragionevolezza viene affiancato da un altro criterio ermeneutico,
perché il procedimento ermeneutico-sistematico-assiologico si basa su 2 criteri:
criterio di ragionevolezza
- (che implica una valutazione anche di tipo qualitativo);
principio o canone della proporzionalità
- . → anche questo principio di
proporzionalità va letto in chiave assiologica come criterio di valutazione di tipo
segnatamente quantitativo.
- La proporzionalità induce l’interprete ad effettuare un controllo quantitativo
- e la ragionevolezza, invece, impone una valutazione più ampia anche dal punto di
vista qualitativo.
Tant’è che, dice sempre Giovanni Perlingieri, nell’attività ermeneutica la
ragionevolezza finisce con ricomprendere in sé anche la proporzionalità; in
quella ampia valutazione complessiva è evidente che si farà un controllo di tipo
quantitativo e un controllo di tipo qualitativo.
Sono 2 criteri, quello della ragionevolezza e della proporzionalità, ermeneutici che
consentono di individuare la disciplina più adeguata.
il problema della NORMA COSTITUZIONALE.
- Il dibattito intorno alla natura e alla funzione della norma costituzionale. -
Qual è la natura della norma costituzionale e qual è la sua funzione? 36 36
● c’è una prima TEORIA che vede tra i maggiori esponenti Quadri → la norma cost,
ha una mera funzione di limite alla norma ordinaria
si dice, .
Cioè tale teoria prevede che : la norma costituzionale è considerata un mero limite a
quella ordinaria; secondo questa teoria, il principio costituzionale non ha una portata
normativa, ma costituisce un limite per il legislatore, nel senso che il legislatore,
nell’esercizio del potere legislativo che la costituzione gli riconosce, dovrà produrre
norme che non siano in contrasto con i principi costituzionali.
CRITICA questa TEORIA, secondo Perlingieri, incontra dei limiti; “se è
dice Perlingieri
fuori discussione che la norma costituzionale funga da limite, è anche vero che non è
l’unica funzione che va riconosciuta alla norma costituzionale , perché quest’ultima è
dotata anche di una “capacità PROMOZIONALE”, cioè la norma costituzionale
non serve solo a limitare la norma ordinaria, ma anche a PROMUOVERE
l’attuazione del personalismo e solidarismo nell’ambito della carta
costituzionale.
Dunque, questa prima teoria viene criticata.
● La seconda teoria afferma che la NORMA COSTITUZIONALE non sia semplicemente
un limite, ma abbia una rilevanza meramente interpretativa.
CHE COSA SIGNIFICA “UNA RILEVANZA MERAMENTE INTERPRETATIVA”?
Significa che, secondo questa teoria, la norma costituzionale non è solo un limite, però
non è una vera norma, cioè non assolve ad una funzione normativa. In sostanza è un
parametro interpretativo;
CRITICA “sicuramente il principio costituzionale ha anche una
Perlingieri dice
funzione interpretativa, infatti si devono interpretare le norme ordinarie alla luce dei
principi costituzionali”
“non c’è dubbio che il principio costituzionale, oltre ad essere un
Ma, dice Perlingieri
limite, abbia anche una rilevanza interpretativa (l’interpretazione assiologica del
sistema ordinamentale è l’interpretazione della normativa ordinaria alla luce dei
anche questa teoria difetta perché non utilizza a
principi costituzionali), ma
pieno la norma costituzionale, cioè è una interpretazione ancora
eccessivamente riduttiva ossia pecca per difetto, perché il principio
costituzionale è molto di più”.
● Dunque, TEORIA DI PERLINGIERI, la norma costituzionale:
- ha una valenza di limite,
- ha una valenza interpretativa,
- ma ha una valenza ulteriore e cioè la norma costituzionale, lungi dall’avere una
funzione normativa
natura meramente programmatica1, assolve ad una . → Funzione
normativa significa che anche i principi costituzionali sono norme.
“Programmatica”
1 vuol dire indirizzata al legislatore.
I PRINCIPI DEL SISTEMA ORDINAMENTALE, applicazione diretta
Il nostro sistema ordinamentale, caratterizzato dalla pluralità crescente delle fonti, ma
dalla sua unitarietà, è composto di regole e di principi entrambe qualificate come
NORME.
Ovviamente vi è una differenza. Innanzitutto quando noi parliamo di funzione
normativa dei principi dobbiamo tenere a mente una divisione tra principi.
Vi sono: 37
- i PRINCIPI GENERALI (es. principio di tutela dell’affidamento del terzo in buona
fede; il principio della par condicio creditorum), ma non sono principi assoluti,
fondamentali che esprimono un valore.
37
- Il PRINCIPIO è ASSOLUTO quando è la massima espressione di un valore; quindi i
principi identificativi attraverso i quali il giurista deve interpretare l’atto normativo,
piuttosto che l’atto di autonomia, sono fondamentali, assoluti, che vanno bilanciati;
esprimendo i valori posti a base di un determinato ordinamento (nel nostro caso il
art 2 Cost)
solidarismo e il personalismo – ex sono principi identificativi del
sistema, perché se mutano, muta il sistema nella sua totalità e nella sua complessità.
- Poi ci sono i PRINCIPI TECNICI che sono dei principi che non sono né generali, né
assoluti o fondamentali, che vengono utilizzati dall’interprete nella lettura e
nell’applicazione; servono all’interprete per individuare, per interpretare la normativa
ordinaria nella maniera più confacente agli interessi concretamente sottesi ad un
determinato rapporto.
I principi norme sono ovviamente:
- i principi costituzionali
- e i principi europei.
I principi sono:
- principi espressi (come quelli della Costituzione),
- ma possono essere anche dei principi inespressi, cioè che si ricavano a loro volto
da altri principi, ma che pur sempre connotano il nostro ordinamento. Come si
Posta la natura normativa di questi principi si pone un problema →
applicano? Cioè hanno sì una portata normativa, ma trovano un’applicazione
indiretta, oppure hanno un’applicazione diretta?
Rispetto al dibattito rispetto all’applicabilità o non applicabilità diretta dei
principi si sono consolidati due contrapposti orientamenti:
➔ Teoria elaborata in Germania con RAISER (e sostenuta da giuristi anche in Italia
quale Cataudella e Rescigno� parte autorevole della lettera italiana vivente che è
ancora favorevole all’interpretazione indiretta dei principi) la quale sostiene che il
principio costituzionale possa, sicuramente, trovare applicazione anche nei rapporti di
diritto civile, però MAI autonomamente, ma soltanto attraverso “un filtro”, cioè
es clausola
attraverso la mediazione o di una norma regola o di una clausola generale (
generale di buona fede). questo
La dottrina tedesca parlava di applicazione indiretta, ma attraverso un filtro,
filtro qual è?
Ci possono essere 2 filtri che si interpongono tra il rapporto fattuale e l’applicazione
del principio:
clausola generale
- La o
normativa di dettaglio
- La , cioè le norme regole.
Secondo la TEORIA DELL’APPLICAZIONE INDIRETTA O MEDIATA, il principio
costituzionale non può trovare un’applicazione diretta, un’immediata applicazione,
cioè il giudice non lo può richiamare direttamente e applicarlo nella risoluzione della 38
questione, ma può richiamare il principio costituzionale o attraverso l’applicazione di
una regola oppure attraverso il richiamo di una clausola generale.
Quindi applicazione indiretta significa che, il principio costituzionale trova
collocazione anche nei rapporti di diritto civile, però sempre attraverso il
richiamo o ad una regola che lo traduca o attraverso una clausola generale.
Secondo questa teoria, in sostanza il principio costituzionale si può
richiamare attraverso la tecnica del “combinato disposto”.
COS’È IL COMBINATO DISPOSTO? È una tecnica interpretativa per cui la disciplina,
del caso concreto, viene richiamata non già attraverso l’interpretazione di una singola
disposizione, ma attraverso l’interpretazione di due disposizioni insieme, combinate
tra loro � “ai sensi del combinato disposto” vuol dire “ai sensi di quanto dispone l’art 1
e l’art 5” (per esempio). 38
Quindi, dice Perlingieri, in buona sostanza i fautori della tesi dell’applicazione indiretta
dei principi, fanno leva sulla tecnica del combinato disposto, cioè richiamano il
principio costituzionale, ma sempre combinatamente con una norma-regola, cioè con
una norma fonte primaria.