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Leggi e atti di autonomia negoziale interpretati unitariamente- In questa prospettiva la

separazione della disciplina della legge da quella degli atti di autonomia negoziale non

è proponibile: interpretazione del fatto statuente la norma e qualificazione del fatto

implicante un regolamento d’interessi sono un tutt’uno. Le disposizioni

sull’interpretazione del contratto vanno considerate congiuntamente a quelle

sostanziali nei confronti delle quali sono in un preciso rapporto di ancillarità.

Disposizione e norma

Disposizione è dunque ogni enunciato prescrittivo contenuto in una fonte del diritto, la

norma è il significato che assume mediante l’interpretazione: la disposizione, in

funzione applicativa, è oggetto di interpretazione, la norma è il suo risultato. Una

disposizione può contenere non una norma soltanto ma una molteplicità di norme

congiunte. Vi sono altresì disposizioni che non esprimano alcuna norma o perché

incomprensibili e senza senso alcuno o perché divenute senza giustificazione alcuna.

Ciò è verificabile in sede ermeneutica, mediante una interpretazione abrogante che ne

accerti la mancanza assoluta di ratio. Vi sono infine norme prive di disposizioni in

quanto non traggono il loro significato dall’eventuale disposizione che le descrive o le

attesta. Sono le fonti-fatto che si identificano in comportamenti ripetuti come gli usi di

rilevanza normativa o le interpretazioni a fini applicativi, specie se costantemente

ripetute. Assai di frequente la norma o più norme sono il risultato dell’interpretazione

di più disposizioni coordinate o dallo stesso legislatore, mediante uno o più rinvii, o

dall’interprete, in sede di identificazione della normativa da applicare, in quanto l’una

disposizione presuppone l’altra o l’una è correlata all’altra logicamente o

assiologicamente. Il combinato disposto è dovuto alle peculiarità soggettive e

oggettive della fattispecie concreta e quindi non individuabili a priori. La normativa in

sede ermeneutica è individuata in relazione al fatto concreto ed esclude la praticabilità

della sussunzione. Tale impraticabilità è dimostrata altresì dalla individuazione,

mediante interpretazione, di norme che sono non riferibili ad una precisa disposizione,

ma deducibili quali premesse di altre norme. Norme, dunque, derivate da altre norme

senza che abbiano una comune formulazione, ricavabili implicitamente anche dalla

interpretazione delle costruzioni giuridiche operate sulle disposizioni normative o

meglio sui risultati delle loro interpretazioni. La complessità delle possibili relazioni tra

disposizioni e tra norme rende velleitario ogni ragionamento di tipo sillogistico. La

distinzione tra disposizione e norma trova riscontro nell’esame della giurisprudenza

costituzionale e particolarmente nelle sentenze con le quali la corte propone

l’interpretazione di una disposizione. Nelle sentenze interpretative di rigetto la

disposizione non è dichiarata costituzionalmente illegittima qualora di essa si dia una

certa interpretazione. Così l’interpretazione resta valida purché sia interpretata nel

modo indicato. Nelle sentenze interpretative di accoglimento la corte costituzionale

dichiara l’illegittimità di una norma e quindi della disposizione che la esprime. Tuttavia

quando la norma dichiarata illegittima è ricavata da una o più disposizioni in modo

implicito, come norma inespressa, la dichiarazione di illegittimità della norma non

coinvolge le disposizioni. Sì che invalidata, per così dire, è la norma non la disposizione

di riferimento. Le sentenze interpretative hanno per oggetto la norma quale risultato

dell’interpretazione non già la disposizione che resta suscettibile di ulteriori

interpretazioni. Preclusa sarà l’interpretazione delle disposizioni reputate valide in

modo da ricavare risultati interpretativi identici alla norma dichiarata

costituzionalmente illegittima. Qualora la disposizione esprima una o più norme tutte

invalide, l’invalidità colpisce anche la disposizione; viceversa qualora la disposizione

esprima più interpretazioni non tutte invalide, la disposizione resta e l’invalidità

colpisce soltanto le interpretazioni dichiarate costituzionalmente illegittime.

Antinomie. Il superamento delle antinomie tra disposizioni dello stesso rango o di

rango diverso è il principale nodo interpretativo, inteso come individuazione della

normativa da applicare e quindi quale aspetto di un procedimento argomentativo, di

certo non successivo all’interpretazione ormai avvenuta. Parimenti le lacune sono

superabili mediante opportune scelte interpretative. Antinomie e lacune che nascono e

si risolvono nell’attività ermeneutica, l’antinomia è risolta applicando una delle

disposizioni in contrasto (apparente) in quanto deroga, abroga l’altra, perché a volte

gerarchicamente superiore all’altra – si pensi alle disposizioni dell’ue rispetto a quelle

nazionali. La lacuna, quale assenza di un enunciato normativo che preveda il fatto da

regolare, è figlia di una concezione che esaurisce la tecnica legislativa nella fattispecie

astratta e l’ermeneutica nella sussunzione. In realtà l’insieme delle disposizioni di un

sistema ordinamentale consente di individuare rationes e principi inespressi. Questi

unitamente alle numerose disposizioni normative di principio espressamente formulate

escludono che vi siano lacune specialmente in presenza di una costituzione

fortemente valutativa e rigida. In materia penale, per la tassatività dei reati, un illecito

non previsto configura non una lacuna ma la conferma che il fatto non costituisce

reato. Il riconoscimento di una pluralità di autonomie e di poteri con rilevanza

normativa a soggetti e ad enti diversi, quali fonti diverse che concorrono

all’individuazione dell’ordinamento del caso concreto esige un’ermeneutica che

controlli il corretto esercizio di tali autonomie e di tali poteri: un controllo che è

soprattutto di conformità ai principi e ai valori all’apice del sistema ordinamentale

vincolante per chiunque. L’ermeneutica rispettosa della legalità costituzionale aperta

nei contenuti alle fonti sovranazionali e internazionali, garantisce che l’ordinamento

del caso concreto sia rispondente ai principi e ai valori che ne costituiscono l’identità e

che si concretizzano nell’esperienza, senza indulgere in prospettive formalistiche. In

questa prospettiva era inevitabile che al controllo accentrato di legittimità

costituzionale da parte della consulta e di legittimità europea da parte della corte di

giustizia si giungesse al controllo diffuso da parte dei giudici comuni. Le norme

costituzionali vincano qualsiasi potere legittimato a dettare regole che concorrono a

comporre l’ordinamento del caso concreto; quindi, l’autoregolamentazione

riconosciuta e garantita all’autonomia dei soggetti, la quale non è libertà senza limiti,

sostanzialmente arbitraria, dogma separato dal contesto dei valori e dei principi. Il

controllo su di essa è qualitativo e assiologico.

L’interpretazione autentica di un enunciato normativo mediante legge non è

interpretazione. Il legislatore, quando crede di autointerpretarsi, ha la forza del

legislatore, non la forza dell’interprete. La sua attività consiste non in un processo

argomentativo, ma in una decisione che è espressione del potere di legiferare. Attività

dunque che potrà configurarsi anche al di fuori della cornice delle possibili

interpretazioni del testo originario. Una legge che abbia per oggetto null’altro che il

significato di precedenti disposizioni legislative è sempre è soltanto frutto di un’attività

legislativa, non interpretativa. Essa, nell’ampliare o delimitare la sfera di applicazione

di una legge vigente, è in realtà innovativa a prescindere che sia o no incompatibile

con quella precedente. Le leggi interpretative constano di disposizioni anch’esse da

interpretare, sono esercizio di un potere deliberativo con efficacia vincolante erga

omnes ed ex nunc. Interpretazione e legislazione sono inconciliabili. In contrario non

varrebbe addurre che l’interpretazione di un enunciato normativo consiste nel

formulare un enunciato che si assume sinonimo dell’enunciato interpretato.

L’interpretazione autentica del legislatore è una finzione e fuoriesce dalla problematica

ermeneutica delle disposizioni giuridiche che è per definizione interpretazione in

concreto in funzione applicativa. Essa piuttosto ha come sua giustificazione la

prevalenza che i sistemi moderni riconoscono alla sovranità popolare e quindi al

potere legislativo su quello interpretativo dei giudici. (art 101 cost comma 2) Al

legislatore è negata la funzione ermeneutica in quanto questa è parte integrante della

sola applicazione della legge. Né si riconosce l’interpretazione autentica al legislatore

come attività non ricognitiva ma creativa del diritto e asserire che interpretare la legge

è farla. Paradossalmente in tal modo il legislatore diverrebbe l’unico interprete.

Argomento analogico.

L’argomento analogico realizza una interpretazione di una disposizione o di più

disposizioni esistenti, estendendone l’operatività in misura diversa secondo le direttive

insite nel sistema ordinamentale. Esso sia nell’analogia legis che quella iuris

presuppone l’individuazione di una ratio e quindi di un principio che ha una sua

possibile sfera di applicazione oltre la specifica ipotesi normativa. La somiglianza che

si prospetta tra la fattispecie prevista e quella non prevista rileva sotto il profilo

normativo, per la corrispondenza di ratio con quella del caso concreto da decidere. La

somiglianza soprattutto fattuale concerne la ricerca della normativa più adeguata alle

peculiarità del fatto, specie in considerazione delle conseguenze giuridiche che, con il

procedimento analogico, vengono a prodursi e ad esternarsi. L’art 14 disp prelim cc

contiene due differenti divieti: quello di applicazione analogica delle leggi penali e

quello di applicazione delle leggi eccezionali. Il primo - che trova riscontro nell’art 1 cp,

secondo il quale nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente

previsto come reato dalla legge, né con pene che non siano da esse stabilite e, con

formula analoga, nell’art 199 c.p in materia di misure di sicurezza – trova ormai

fondamento nell’art 25 cost. che enuncia il principio di tassatività dei reati e delle

pene. L’esigenza sta nella garanzia dell

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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher umbertoscassi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Lazzarelli Federica.